Omelie 2018 di don Giorgio: PASQUA NELLA RISURREZIONE DEL SIGNORE

1 aprile 2018: PASQUA NELLA RISURREZIONE DEL SIGNORE
At 1,1-8a; 1Cor 15,3-10a; Gv 20,11-18
Risorti, per poi di nuovo morire
Nei Vangeli troviamo tre racconti di risurrezione: Gesù restituisce la vita a un ragazzino, unico figlio di una vedova di Nain (Lc 7,11-15), ridà la vita ad una ragazzina di 12 anni, figlia di Giàiro, uno dei capi della Sinagoga (Mc 5,21-43; Mt 9,18-26; Lc 8,40-56) e, infine, Gesù risuscita un adulto, Lazzaro, morto da quattro giorni, fratello di Marta e Maria (Gv 11,1-44).
In realtà, l’unica autentica risurrezione è quella di Cristo.
Tra la risurrezione di Cristo e i racconti di risurrezione riportati dai Vangeli non c’è confronto. In che senso?
Il figlio della vedova di Nain, la figlia di Giàiro e Lazzaro sono sì risorti, ma nel senso che è stato a loro restituita la vita biologica, ma solo per un altro determinato tempo, destinato poi a concludersi verso un’altra morte fisica
Cristo è Risorto per sempre, per ogni essere umano
Cristo, invece, è risorto per non morire più o, meglio, Cristo è il Risorto che dà alla vita di ogni essere umano il suo senso più profondo: nel Cristo risorto io vivo di me stesso, ovvero del mio essere più profondo.
Senza il Cristo risorto o senza il Cristo della fede, Gesù di Nazaret, ovvero il Cristo storico, non avrebbe alcun senso. In altre parole, il Cristo della fede dà al Cristo storico il suo vero significato di Figlio di Dio, incarnatosi per fare della carne umana il regno dello Spirito santo.
In tal modo, parlare ancora solo di Cristo storico, vissuto in una determinata epoca (circa duemila anni fa), presso un determinato popolo (quello ebraico) e in un determinato territorio (la Palestina) ciò sminuisce, per non dire annulla, la realtà del Risorto.
Oggi a interessare i credenti e non credenti è il Cristo risorto o, possiamo anche dire, è il Cristo storico, ma alla luce del Cristo risorto.
San Paolo è chiaro. Scrive, infatti, nella prima lettera ai cristiani di Corinto: «Se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede» (15,17).
E allora tiriamo le conseguenze: la nostra fede è il Cristo della fede o Cristo risorto, e non il Cristo puramente storico, ovvero Gesù di Nazaret.
I Vangeli sono stati scritti sotto i riflettori della risurrezione
I quattro Vangeli non sono stati scritti durante la vita terrena di Gesù di Nazaret: non sono cioè resoconti o narrazioni cronachistiche o giornalistiche di ciò che Gesù ha detto o ha fatto.
Hanno qualcosa di speciale, del tutto speciale: sono stati prima predicati, e poi messi per iscritto ma sotto i riflettori della Risurrezione, per cui i fatti e i detti vengono come trasformati, rivisti e interpretati nella fede del Risorto.
Anche se il paragone non regge molto, succede più o meno la stessa cosa, quando si scrivono le biografie dei santi o di uomini illustri dopo la loro morte. C’è negli scritti un certo alone di santificazione o di sublimazione anche delle cose più banali.
Dunque, attenzione: la risurrezione di Cristo ha illuminato talmente i Vangeli che leggerli semplicemente come dei fatti di cronaca falsificherebbe la figura di Cristo e della buona novella.
In altre parole, possiamo dire che ciò che leggiamo nei Vangeli non è tanto il Cristo storico, o Gesù di Nazaret, ma il Cristo già risorto.
I Vangeli vanno letti dalla fine
La migliore lettura dei Vangeli non inizia dai racconti della nascita (tra l’altro, sono il frutto di credenze popolari e perciò fantasiose o, nel migliore dei casi, vedi l’episodio dei magi, si tratta di racconti simbolici), ma dovrebbe iniziare dalle ultime pagine, ovvero dai racconti della risurrezione.
E qui arriva il bello
I racconti della Risurrezione di Cristo sono complessi e frammentari (gli evangelisti sembrano divergere l’uno dall’altro, per cui è assolutamente impossibile ricostruirli con un filo logico, oltre che dal punto di vista cronologico, nei tempi in cui si sono susseguiti), e da qui si capisce la grande difficoltà, da parte delle primitive comunità e degli evangelisti, di dire qualcosa di chiaro, senza cadere nella banalità o nel ridicolo.
In altre parole, la risurrezione di Cristo non si può raccontare, in quanto è indescrivibile e incomprensibile al di fuori della fede.
Ma attenzione: ciò non significa che la risurrezione non è una realtà. D’altronde, che cos’è la realtà? Non è quel Divino di cui non si può dire nulla, ma che è solo sperimentabile nella nostra interiorità, dove la fede non è una credenza (ovvero, un insieme di riti),  ma la nuda essenza dello Spirito santo?
Ed è proprio dallo Spirito che dovremmo partire, se volgiamo capire qualcosa della risurrezione di Cristo.
In realtà, Cristo non è risorto nel terzo giorno. Già prima, mentre muore sulla croce, Cristo esala, ovvero dona, lo Spirito, da cui prende l’avvio la risurrezione.
La risurrezione è uno scandalo? Certamente…
Scusate se magari ha sconvolto la vostre convinzioni o le vostre idee sulla risurrezione di Cristo, e vi ho perciò scandalizzato.
Vedete: lo scandalo è di chi è talmente chiuso entro uno schema rigido e abitudinario di fede che di fronte ad una porta o ad una finestra che si apre sulla verità, egli rimane scioccato.
Sì, la risurrezione di Cristo è uno scandalo, ma guai se non lo fosse: è uno scandalo perché, appunto, sconvolge ogni nostro schema di fede, e soprattutto perché mette sempre in discussione quel Cristo storico, fatto di parole e di opere, che la Chiesa per millenni ci ha presentato, diciamo imposto, come il Cristo da venerare, dimenticando che Gesù di Nazaret è morto per sempre sulla croce, per lasciare il posto allo Spirito del Cristo risorto.

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