Una lettera fredda, canonica, minacciosa e ipocrita

 

 

di don Giorgio De Capitani

Anzitutto, avrei preferito una lettera dove si nominasse il meno possibile il Padre Eterno o la carità del Signore o nel Signore: credo che Dio l’avrebbe scritta in modo del tutto diversa. Inoltre, avrei preferito che al “caro”, del tutto inappropriato, si preferisse “egregio”, nel senso etimologico del termine: “fuori dal gregge”. Certo, mi piace compromettermi con l’«odore delle pecore», ma senza tenerle chiuse nell’ovile recintato da una gerarchia cieca e ottusa, protette da cani fedelissimi. Sì, mi sento “egregio”: fuori dall’ordinario. Non intruppato. Senza la testa fasciata. Spirito libero. Così si amano le “pecore”, secondo lo stile evangelico del buono o bello pastore. Di buono o di bello nella lettera c’è ben poco.   

Le uniche parole più confacenti allo stile curiale, e che ricorrono più frequentemente nella lettera del cardinale, sono quelle pregne di diritto canonico, con minacce di provvedimenti e sanzioni: pensavo che oggi la Chiesa fosse più materna, con quella tenerezza che predilige i suoi figli più ribelli. Se i figli contestano, non è perché nella casa regna un padre-padrone a cui premono l’ordine, la disciplina, l’obbedienza cieca, la struttura fine a se stessa, un cieco belare di pecore affamate di erba fresca e assetate di acqua di sorgenti cristalline?   

E poi, che accuse sono, quando il cardinale mi invita ad astenermi per il futuro «da qualsiasi intervento che: ferisca la comunione ecclesiale, si opponga al magistero della Chiesa in temi di fede e di morale o risulti comunque incompatibile con gli atteggiamenti richiesti a un presbitero nel favorire la pace e la concordia fondate sulla giustizia e nel promuovere l'unità della comunità credente con i propri pastori». Altrimenti, «si renderà inevitabile il ricorso ai provvedimenti che l'ordinamento canonico stabilisce per questi casi e che il pastore diocesano è tenuto ad applicare»? Altra minaccia!

Io avrei ferito la “comunione ecclesiale”? Certamente, quando la Chiesa, anche quella milanese, nella sua parte ciellina e leghista, si è messa in combutta con il Criminale d’Arcore (a cui l’allora pivellino professore Angelo Scola aveva fatto da professore!). Certo, ho denunciato questa vergognosa, oscena, blasfema connivenza! Che cosa avrei dovuto fare? Tacere, per amore della comunione ecclesiale? Ma forse il cardinale, nella lettera, alludeva ad altro? Lo dica esplicitamente! Per comunione ecclesiale s’intende forse andare tutti d’amore e d’accordo coi confratelli, tenendoci a braccetto, cantando l’alleluia, mentre si va a finire tutti insieme in un burrone? Forse comunione ecclesiale significa dire che tutto va bene, anche di fronte agli scandali del vaticano, madama marchesa? Che s’intende per “comunione ecclesiale”? Forse il cardinale alludeva al fatto che ho sostenuto e tuttora sostengo che i divorziati risposati e i conviventi dovrebbero anche loro non solo partecipare alla Messa e alle funzioni sacre, ma che non dovrebbero essere esclusi dal ricevere la Comunione e dal sacramento della confessione? Ma i sacramenti sono stati forse istituiti da Cristo (quali poi?) per i già santi, per i già perfetti, per i regolari secondo il regolamento canonico? A che servirebbero? A parte il fatto che nessuno su questa terra è santo, e che non basta avere una famiglia “regolare” per dire di essere fedeli all’amore indissolubile, di cui parla con tanta enfasi la Chiesa cattolica. L’amore in sé va al di là delle formalità canoniche, e va al di là delle istituzioni sia civili che ecclesiastiche.

Io mi sarei opposto al “magistero della Chiesa in tema di fede”? Mi si dica in che cosa. Avrei messo in discussione la fede? Certo, ma quale fede? Ho contestato e contesto la fede nel dio falso della religione-struttura, ho contestato e contesto il dio-struttura, il dio fatto su misura di una chiesa che incensa gli idoli. E che cos’è il magistero della Chiesa? Non è ancora quell’insieme di gerarchi apparentemente dotti, ma in realtà “ignoranti”, che pretendono di tenere per loro le chiavi della scienza o della conoscenza di Dio? Ma chi siete? I detentori della verità? Ma non sapete che la verità non può essere chiusa negli schemi, e tanto meno nei dogmi, che sono il vostro escamotage per minacciare di eresia quanti vorrebbero progredire nella conoscenza della Verità, che, in quanto Verità divina, perciò infinita, non vuole paletti o altro? Tutto è progresso, anche la Verità. La Verità è Progresso. Voi avete identificato il magistero della Chiesa con il potere gerarchico, dimenticando che anche il Popolo di Dio partecipa della Profezia, e la Profezia non si identifica con il magistero della Chiesa. Non penso, poi, che l’ortodossia della fede venga messa in discussione dalle mie aperture al sacerdozio femminile, o al matrimonio dei preti.

Mi sarei opposto al “magistero della Chiesa in tema di morale”? Ma di quale morale? Della morale sessuale, dove sembra che il vostro dio sia il giudice dello sperma maschile disperso o il difensore dell’atto generativo fatto nei tempi e nei modi stabiliti dalla Chiesa? Della morale intesa come comportamento dell’essere umano, da codificare in base alle leggi della Chiesa, che ordina il nostro agire secondo i comandamenti e i precetti religiosi, rivisti e interpretati su misura della struttura della religione? Forse il cardinale intendeva le mie prese di posizione nei riguardi dei diritti civili da applicare a tutti, indistintamente, al di fuori degli schemi etici stabiliti dalla Chiesa? Parlo dei diritti civili per i gay, dei diritti civili per le coppie di fatto. Siamo ancora qui a stabilire noi chi sono coloro che hanno il diritto ad avere i diritti per una vita dignitosa? Se la dottrina dogmatica ha monopolizzato la ricerca della verità, la morale ecclesiastica ha tenuto in pugno un popolo intero, facendolo sentire in colpa su una materia che, volere o no, è parte dell’amore, in tutti i suoi molteplici aspetti, anche fisici, su cui la Chiesa ha messo il suo potere decisionale. Il tema morale che io avrei messo in pericolo riguarderebbe forse il fine vita, su cui ognuno ha il diritto di dire la sua, anche sugli accanimenti di carattere medico che non fanno che prolungare quella specie di esistenza che in realtà non è che prolungamento di uno stato vegetativo? Non so a che cosa appellarmi per sentirmi moralmente a posto in fatto di legge morale, che, se l’ho contestata, è solo perché, come ha detto lo stesso Cristo, “il sabato è per l’uomo, e non l’uomo per il sabato”.

Non capisco ciò che scrive il cardinale, quando mi invita a evitare per il futuro (segno dunque che nel passato sono mancato) “qualsiasi intervento  che… risulti comunque incompatibile con gli atteggiamenti richiesti a un presbitero nel favorire la pace e la concordia fondate sulla giustizia e nel promuovere l'unità della comunità credente con i propri pastori”. Si parla di giustizia, in che senso? Di quale giustizia si parla? La parola giustizia è così generica che si preferisce usarla senza specificarne in concreto il contenuto. Mi meraviglia che il cardinale Scola usi questa parola contro di me, quando in Italia, anche con l’appoggio del suo Movimento ciellino, la giustizia è stata sommersa dalla legalità di stato più ingiusta, con leggi ad personam fatte da un Criminale, che io ho combattuto con tutte le mie armi, più o meno affilate, proprio per distinguere salvando la Giustizia dalla illegalità legalizzata. Forse c’entra nulla, ma chiarire questa parola è un dovere, soprattutto se a pronunciarla è una Chiesa che ha perso l’equilibrio. Ma, d’altronde, perché scandalizzarsi dal momento che la Chiesa ha sempre preso la giustizia di Dio, che, secondo la Bibbia, è il piano armonico dell’Universo, identificandola con la legalità di una morale, funzionale alla struttura invece che all’Essere umano?

Veniamo alle imprecisioni della lettera di Scola. “Caro don Giorgio, confidando nella tua disponibilità a dare un nuovo inizio al tuo servizio alla Chiesa, ti chiedo dunque di trasferirti a Dolzago, dove troverai una comunità cristiana che ti accoglie, accordandoti con il Decano per tutto quanto concerne la tua sistemazione logistica e il servizio ministeriale, che continuerai ad esercitare celebrando i divini misteri e servendo il popolo di Dio”. L’ho già detto e lo ripeto ancora: a me è stato proposto, via da Monte, di poter celebrare una sola Santa Messa, alle ore 18, nella chiesa di Dolzago. Tutto qui. Ora, salta fuori che, a mia insaputa, hanno trovato anche un appartamento. Ho telefonato al Parroco don Giorgio Salati, il quale mi ha detto che nei giorni scorsi è stato da lui il Vicario episcopale (tra parentesi, da un po’ si è reso irreperibile) per chiedere se aveva un appartamentino da offrirmi. Sì, ci sarebbe, in mansarda, nella sua abitazione. A questo punto, preferisco trovare un piccolo locale in zona, fuori dagli ambienti parrocchiali, per essere più libero.

Il capolavoro di Scola è la frase finale: “Quando avrai portato a termine il tuo trasferimento a Dolzago ti incontrerò volentieri”. Con tutto il rispetto per un uomo di Dio, a questo punto non mi vedrai più. Non accetto di essere umiliato. Tu hai preso le tue dure decisioni, ora tocca a me prendere le mie.

Per leggere la lettera di Angelo Scola clicca
qui 

 

34 Commenti

  1. Renato ha detto:

    Caro Don Giorgio , io non la conosco di persona ma ho letto con molto interesse ciò che ha scritto. Non mi ritengo un buon cristiano nel senso ‘cattolico’ della parola , ma credo fermamente nel cristo e nel comandamento unico che ci ha lasciato : amativi l’un l’altro come io ho amato voi. Credo che il Suo operato si trovi operato tutto qui,in questa unica frase.Come credo che la sua opera sia ‘lascia il mondo un po meglio di come lo hai trovato’. Lei ha capito cosa intendo , Padre. Buona strada.E , per quello che vale la mia piccola opinione , continui così. Renato , Genova

  2. Lorena ha detto:

    Caro Giorgio,
    Ti sono grata di quanto scrivi, che condivido totalmente e che ho conosciuto tramite Patrizia, mia collega.

    Ti auguro di conservare la forza per portare avanti la tua battaglia per una Chiesa più giusta, per tutti e ti prego di contare anche me fra coloro che ti sono e ti saranno vicini.
    Lorena, una cristiana non battezzata.

  3. Alessandro Vertemati Osnago ha detto:

    Ho già espresso miei pensieri in proposito scrivendole direttamente all’indirizzo di posta elettronica,per cui non aggiungo nessun commento..anche perchè la lettera di Scola è pura immondizia clericalfascista e non merita la minima riflessione,non ci si può scervellare parlando di immondizie umane come il lurido cardinale e suoi accoliti,in primis il delinquente Berlusconi amico di Dell’Utri di altri mafiosi e quanto di peggio al mondo.
    Tenga duro Don Giorgio,la giustizia Divina le renderà per l’appunto…”GIUSTIZIA” ..quella vera.
    Un carissimo saluto
    Vertemati Alessandro-Osnago

  4. dario ha detto:

    ..GRAZIE MILLE …DI TUTTO…..
    DARIO GIANNA DANIELE

  5. diogene ha detto:

    Caro don Giorgio comunque vada a finire La prego di non chiudere mai questo blog.
    Voglio una fede VIVA, VERA, RAGIONATA, UMANA e PROFETICA…
    Grazie!

  6. Paolo P ha detto:

    Caro Davide, come si permette di criticare il SACRO “Don” Giorgio? Come può pensare di chiedere un briciolo di umiltà a uno che asserisce di sapere addirittura come Dio scriverebbe una lettera? Ah già, ma lui è un “profeta”, e pare avere col Padreterno un rapporto speciale, che la Provvidenza negherebbe ai “ciellini”, “pidiellini”, “leghisti” e chi più ne ha più ne metta. Porti rispetto, che sennò si beccherà le sue ridicole reprimende, che ora gli si stanno ritorcendo contro…

  7. Davide ha detto:

    Ma scusi, mi sembra che a un prete tocchi obbedire quando un vescovo decide di spostarlo. Poi, mi scusi di nuovo, ma lei ha 75 anni e penso sia anche giusto lasciare un po’ di spazio ai giovani, magari quel qualcuno che verrà dopo di lei avrà qualcosa di diverso da dire, non trova? Critica tanto i politici, ma poi quando sono gli altri a mettere in discussione la sua posizione, ecco che dobbiamo sorbirci conti alla rovescia e quant’altro.
    E comunque, al di là di tutto, mi sembra che la lettera del vescovo sia stata abbastanza educata, non esattamente minacciosa come dice lei.
    Egregio don Giorgio, perché se lei è così contrario a questa chiesa non ne fonda una tutta sua? Almeno in quel caso potrà dire quello che le pare e piace, potrebbe anche farsi vescovo se ne avesse voglia, e potrà andare a stare dove più le piace.

    • Paolo ha detto:

      dal dizionario Garzanti:
      Obbedire > 1. fare ciò che viene ordinato; accondiscendere, sottostare all’altrui volontà
      – obbedire ai genitori;
      – il cane obbedisce al padrone.
      Ora chiedo a lei Davide, perché un prete dovrebbe obbedure come il cane obbedisce al padrone ?

      • Davide ha detto:

        Semplicemente perché l’ha promesso al momento della sua ordinazione.
        Il vescovo chiede obbedienza a lui e ai suoi successori.
        Poi liberi di fare quello che volete.
        Comunque ribadisco, un po’ di aria nuova non fa male, cambiano i vescovi, addirittura il papa di prima si è fatto da parte, non capisco perché don Giorgio non possa fare altrettanto e lasciare spazio a qualcuno di più giovane. Questo rientra nell’ordine delle cose, poi non finisce il suo ministero di sacerdote, può sempre continuare a confessare, dire la messa, pregare, aiutare il prossimo…

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