Ma tu sai l’italiano?

paolo
Vorrei sottoporti ad una prova d’esame, per vedere quante parole sbagli in uno scritto.
Ma vergognati, coglione!
E allora perché non togliamo la cittadinanza alla massa dei trogloditi leghisti? Non li avete mai sentiti parlare? Almeno parlassero in dialetto! No, parlano con i borbotti della loro pancia indecente. Non avete mai sentito Salvini, quando dice le bestemmie? Le dice bene, correttamente, come gli ubriaconi che se la prendono con il primo lampione contro cui vanno a sbattere.
Togliamo la cittadinanza agli zoticoni, che non sanno di vivere in mezzo a gente civile.
Rimandiamo a scuola gli analfabeti leghisti, e i bocciati spediamoli nel regno delle scimmie, dove potranno civilizzarsi. Anche se ne dubito.
***
da Il Corriere della Sera
Milano, 1 marzo 2015

Sindaco leghista nega cittadinanza

a donna indiana: «Non sa l’italiano»

Succede a Cairate in provincia di Varese, il primo cittadino: «Nessuna discriminazione ma rispetto della legge»
di Roberto Rotondo
L’ultimo passaggio per ottenere la cittadinanza italiana è andare in comune a recitare la formula del giuramento, ma la signora Rani Puspha ha incontrato, nel municipio di Cairate (Va), un sindaco, Paolo Mazzucchelli (Lega Nord), che l’ha mandata a fare un corso di italiano. La donna, 56 anni, si è rivolta agli avvocati: «Sono già andata tante volte a chiedere di poter fare il giuramento – racconta – ma non mi è stato permesso. Ora vado in una scuola di italiano da due mesi, e il mio linguaggio sta migliorando», racconta la signora indiana.
Il giuramento
Ministero e prefettura le hanno già accordato il nullaosta per avere la cittadinanza, manca solo il giuramento in Comune, a Cairate. Tuttavia il tempo stringe: la legge dice che deve recitare la formula entro sei mesi, e il termine scade il prossimo 8 marzo. «Se non le sarà consentito di effettuare il giuramento – osserva il suo legale – faremo causa in sede civile e penale». L’avvocato della donna paventa una omissione di atti d’ufficio ma il sindaco Mazzucchelli ribatte: «La persona che presta giuramento per ottenere la cittadinanza italiana deve saper parlare italiano – afferma in una lettera sulla vicenda – lo prevede la legge, deve saper leggere la Costituzione. La signora Rani non era ancora pronta. Le ho quindi suggerito, durante un incontro cordiale a cui hanno partecipato anche la figlia e il genero, di iscriversi a un corso di italiano. Se la signora è pronta a recitare la frase in italiano, da parte mia non c’è alcuna opposizione».
Avvocati
Rani Puspha dice di potercela fare ma il suo italiano è effettivamente ancora stentato. Tuttavia i suoi avvocati eccepiscono che non è il sindaco di un comune a dover fare l’esame di lingua e che tale atteggiamento è del tutto arbitrario. Come finirà? «Vogliamo che siano rispettati i nostri diritti» aggiunge Kuman Pushpa, il marito della donna. Lui la cittadinanza italiana l’ha già conseguita. La moglie vive da 15 anni in Italia e la coppia ha 4 figli, anche sposati, ormai integrati nel territorio. Riuscirà Mani Pushpa a leggere la formula del giuramento entro l’8 marzo? «Non c’è nessuna discriminazione, faccio due cittadinanze alla settimana, ma sempre con persone che parlano italiano», dice il sindaco.

17 Commenti

  1. Patrizia ha detto:

    Il sindaco si è chiesto che è molto strano che la donna dopo 10 anni non parli l’italiano, e forse potrebbe trattarsi di un caso di segregazione, però non si capisce che c’entri con il fatto di negarle la cittadinanza.
    Infatti non c’entra proprio niente.

    • giovi ha detto:

      sai perchè cernta??? perch quando si giura di diventare cittadino Italiano..deve leggere e giurare…se non sa leggere cosa giura???…in altri stati devono superare un esame di scritto…storia e conoscere l’inno nazionale…in italia si da a cani e porci…

      • Don Giorgio ha detto:

        Non ci sono ancora oggi cittadini italiani che non sanno né leggere né scrivere? Se poi pensiamo ai leghisti, mi chiedo se non sia il caso di togliere loro la cittadinanza italiana!

        • max ha detto:

          ai “cittadini italiani che non sanno né leggere né scrivere” al posto di togliere la cittadinanza proporrei un percorso che li porti almeno alla licenza elementare

        • Giulio ha detto:

          La mia insegnante di italiano al liceo è stata assessore leghista in un paese vicino a Pavia, non era rozza e troglodita, oltre al merito di essere brava come insegnante era anche ben voluta dagli studenti, compresi i miei compagni africani e rom, a loro faceva tre ore di lezione di italiano a parte gratis, quelli che però sgarravano infischiandosene di venire a questi corsi giustamente venivano da lei cazziati duramente. Non so se ho reso l’idea con questo esempio.

          • Don Giorgio ha detto:

            Le eccezioni ci sono, come ci sono asini più intelligenti e asini meno intelligenti. Forse la tua insegnante era la meno idiota tra i leghisti!

          • Giulio ha detto:

            Se vuole continuo e le dico il finale di questa storia, quando lei si incazzò con questo ragazzino rom e con la madre venne ripresa dal dirigente scolastico (di sinistra) perché bollata di essere discriminatoria a seguito di lamentele dei genitori del rom, il fatto poi di essere nota per il suo impegno politico non la aiutò nell’ambiente scolastico. Nonostante questa povera crista ci metteva l’anima e il suo tempo questo è stato il riconoscimento datoli, stessa cosa succede ai nostri sindaci da chi sta ai piani alti del palazzo.

  2. Edoardo ha detto:

    Mio nonno Eliseo emigrò negli USA nel 1894 appena sposato con mia nonna Giuseppina. Mio padre e i miei quattro zii nacquero tutti negli USA e furono immediatamente cittadini americani. I miei nonni invece lo poterono diventare solo dieci anni dopo quando ne maturarono il diritto e quando superarono l’esame di lingua inglese, un esame semplice che consisteva nel leggere e comprendere un brano scritto e sostenere una semplicissima conversazione. Niente di discriminatorio perché questa regola valeva, e vale tuttora, per tutti gli stranieri. L’unica cosa che oggi è cambiata è la residenza che è stata ridotta a sette anni.
    Non so come si comportavano con gli analfabeti, ma credo che in dieci anni di residenza e con scuole appropriate imparavano a leggere e scrivere a sufficienza per questo esame.
    Anche in Italia questo è possibile. Conosciamo una coppia cinese che ha due bambini di 3 e 5 anni. Questi ultimi parlano un bellissimo italiano mentre i genitori uno molto semplice . Sono qui da sei anni e quando (e se) richiederanno la nazionalità italiana non avranno problemi ad ottenerla.

  3. alessio ha detto:

    Gentile don Giorgio noto,che è particolarmente avverso nei confronti di alcuni schieramenti politici, questo è un buon segno perché è la prova della libertà di tutti di esprimersi o almeno dovrebbe esserlo,dato che da tempo in ITALIA non si va alle urne,ma i governi si auto scelgono.
    democraticamente Alessio.

  4. zorro ha detto:

    Non sono leghista e tanto meno razzista.Pero’ ritengo che per avere la cittadinanza in un paese il richiedente attraverso aiuti erogati dal comune frequenti e impari a livello elementare la lingua al fine di tutelarlo nella vita sociale.Sappiamo benissimo tutti che in italiano basta spostare un verbo e la frase diventa sibillina,e visto che di approffitatori l’italia e’ piena e’ meglio educare per preservare.In germania per esempio se un italiano va per lavoro e’ obbligato a studiare il tedesco attraverso regolari corsi organizzati.Anche se poi sa la lingua rimane sempre un auslander perché un fatto e’ imparare una lingua e lavorare secondo una mansione altro e’ diventare a pieno titolo tedesco o inglese o italiano,questo e’ lo stato di fatto sia accettato o non accettato.Millenni di cultura diversa creano inevitabilmente divisioni

  5. GIANNI ha detto:

    Non credo, appunto, che sia il sindaco a dover esaminare l’italiano di chi aspira alla cittadinanza.
    Peraltro, si rende forse anche responsabile di un reato, se non consente il giuramento
    Come si dice, quando sembra contare più la forma della sostanza……

  6. Giuseppe ha detto:

    La lingua italiana: questa sconosciuta.
    Mi è capitato diverse volte di affermare che il nostro paese è abitato da un mucchio di persone molto diverse tra loro, che non solo hanno ben poco in comune, ma anzi, spesso sono divise da rivalità incomprensibili ed immotivate e che affondano le loro radici in un oscuro passato. Insomma, si tratta di un dialogo tra sordi anche perché ben pochi di noi, nonostante l’obbligo scolastico, conoscono e parlano correttamente la lingua italiana, preferendo l’uso più congeniale ed immediato del dialetto che però, spesso, risulta pressoché indecifrabile per chi non è del posto. Dirò di più, in alcune località ci si vanta addirittura di parlare la lingua del posto, come se si volesse ostentare l’orgoglio per i propri natali, attraverso una forma di tutela e conservazione delle proprie tradizioni culturali. Il che è comprensibile e accettabile quando si è in famiglia o tra amici, ma diventa una vera e propria barriera quando si ha a che fare con degli estranei. Ricordo che durante le mie vacanze sulle dolomiti, non di rado mi è capitato di imbattermi in gestori di locali e commercianti che esponevano cartelli con scritto “qui non parliamo italiano” oppure che, pur parlando fluentemente l’inglese, il francese, il tedesco e il dialetto locale, avevano delle difficoltà oggettive ad esprimersi in italiano, o forse fingevano di non capirlo. . . salvo poi rispondere per le rime se gli veniva detto qualcosa di scortese!
    Per quanto riguarda gli stranieri, poi, in base alla mia esperienza in un doposcuola che seguiva studenti delle scuole medie per lo più figli di immigrati, posso affermare con certezza di aver riscontrato in quei ragazzi una capacità non comune di imparare in fretta sia il dialetto locale che la nostra lingua. Anzi, ad alcuni di loro bastavano pochi mesi di permanenza qui per riuscire a parlarlo addirittura meglio di noi.

  7. Antonio ha detto:

    Roba da matti! Ma, popolo imbesuito dalle tv e dalla “mala stampa” dei giornali, quando capiremo che il popolo sovrano siamo noi e non le persone che, da noi elette, ci devono rendere conto del loro operato, perché li abbiamo votati per il bene delle nostre società e delle persone che ci vivono e non per nutrire il loro ipertrofico e patologico bisogno di presenzialismo e iperattivismo, siano essi di sinistra o di destra è uguale e che li porta a commettere azioni proterve e agghiaccianti? Troviamo robusta rappresentanza di cotali “sodali”, quanto a metodi e a mentalità, lungo l’intero arco costituzionale e il popolo, da sovrano quale è definito dalla costituzione, si fa bue, ignorando, con insipienza ributtante che, se non si sveglia, l’attendono anni di severa oppressione e, per finire, il macello.

    • alessio ha detto:

      belle parole Antonio,ma permettimi di dissentire sul fatto che in italia abbiamo eletto dei rappresentanti,… ci hanno scelto loro.saluti.

  8. Edoardo ha detto:

    Don Giorgio, capisco la sua rabbia ma la necessità di conoscere la lingua del paese di cui si chiede la cittadinanza è una regola esistente da moltissime parti. Non si può chiedere di diventare italiano se non capisci questa lingua. È appunto la legge e come tale va rispettata. Questa, e solo questa, non è discriminazione.

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