E voi credete che…

L’EDITORIALE
di don Giorgio

E voi credete che…

E voi credete che io sia tanto deluso solo da una società fortemente alienata e alienante, così da sentirne quasi l’orrore e, nello stesso tempo, da perdere qualsiasi speranza di rinascita?
No, sono anche deluso da una massa di cretini che si dicono ancora cristiani, solo perché credono in qualcosa di magico, che però non produce che illusioni o qualche momentanea grazia a buon mercato, che non va oltre una certa soddisfazione di tipo misticoide.
E alla vacuità imperante nel campo sociale e politica non si fa che contrapporre una vacuità di autentici valori che, se chiamo spirituali, non è perché vorrei confonderli con i presunti valori stupidamente attinti al campo strettamente religioso.
In altre parole, non vedo alcuna differenza tra la vacuità sociale e politica e la vacuità religiosa. Eppure, la religione finge di contrapporsi, ma solo per dare l’illusione che ci sia quasi una soluzione, come se la salvezza fosse una prerogativa della religione stessa.
 Ma… in realtà non c’è alcuna contrapposizione, se non nei metodi e nei mezzi usati, che però, più che far sperare in una via d’uscita, paradossalmente, ma non troppo, porta verso la catastrofe.
Stato e religione sono in realtà alleati nel condurre l’essere umano alla sua dissoluzione, facendoci credere che l’uno dei due, o entrambi, lavorino o per il bene comune (lo stato) o per la salvezza dell’anima (la religione). Certo, tutto dipende da cosa si intende per bene comune o per salvezza dell’anima, ma sotto questi nomi si nasconde una paurosa illusione che si operi per il vero bene dell’essere umano. Ma l’essere umano è solo una frase vacua, che serve a coprire interessi di parte, per non dire interessi di una tale miseria spirituale da chiederci se siamo ancora esseri viventi.
Oramai non mi incanta più nessuno: né la buona fede di qualche politico, né la santità di qualche cristiano. Buona fede e santità sono solo parole, nient’altro che parole, che al massimo sanno nascondere qualche buon sentimento, che serve solo a onorare qualcuno, in occasione di commemorazioni di rito.
Sì, non mi faccio più incantare da nessun buon sentimento e, se onestamente non posso misconoscere qualche operato degno di considerazione, non lo ritengo però tanto degno da prenderlo, dopo cinquanta o cento e più anni, come civile e sacro esempio di intoccabile virtù. Ricordare sì, ma non per idolatrare. Ricordare certamente, ma non per fingere di esaltarsi per qualcosa o per qualcuno che oramai è morto, tanto più che per tanti anni si è cercato solo di idolatrarne il corpo, non andando comunque oltre le sue attività sociali, politiche o religiose. Capisco poi perché, più passa il tempo, più si scolora o sfuma anche il personaggio. Il motivo è che o non si è voluto coglierne il pensiero, o non si è riusciti, perché il pensiero non c’era.
Ecco, chi vive di commemorazioni spente o solo rituali non sopravvive al presente, e, se sopravvive, è solo perché c’è un’altra storia che ci fa vivere con ben altri valori, ed è la storia del grande Pensiero filosofico e mistico, che, benché a fatica ma non certo timidamente, tiene in vita anche una società di cretini.
Ma non vorrei dire che è solo l’essere umano a poter pensare in grande o a vivere di un grande Pensiero ereditato dal passato: tutto è Pensiero, anche la creazione, ogni cosa, se è vero che tutto è Uno, e nel tutto vi è chi ne fa parte con quella obbedienza all’Ordine divino, che non si può chiamare di cieca necessità solo perché si tratta di realtà obbedienti, come possono essere le cose soggette per loro natura alla necessità di un Disegno intelligente.
Anche noi siamo in balìa della necessità, eppure ci comportiamo come se fossimo liberi,  ma in realtà siamo più schiavi delle leggi del creato più necessitato per natura.
Certo, noi esseri umani possiamo uscire, mediante la grazia, dalle leggi di una necessità che ci trascina pesantemente verso il basso. La grazia per noi esseri umani è quella luce divina che trasforma anche la disgrazia del nostro vivere in opportunità di libertà interiore, mentre nell’universo la grazia fa parte della stessa natura delle cose, solo apparentemente inanimate, in realtà più viventi di chi, tra gli esseri umani, crede di essere l’unico vivente sulla terra.
A noi la Divinità può concedere la grazia, quando gli facciamo spazio dentro di noi,  con opportuni e doverosi tagli; nell’universo tutto è grazia, ovvero necessità di grazia.
Il vero guaio siamo sempre noi, esseri umani, che pretendiamo di trasformare la necessità di grazia della natura in un potere di dominio sulla stessa natura, togliendoci così l’unica via che ci è rimasta per poterci salvare.
Più dis-graziati di così si muore!
In realtà, siamo già morti o in via di estinzione. Ma una speranza c’è sempre, ed è che la natura che ci circonda sia più potente del nostro delirio di onnipotenza: avrà sempre una risorsa di vita, al di là della nostra stupidità mai in fase di regressione.
3 giugno 2017
EDITORIALI DI DON GIORGIO 1
EDITORIALI DI DON GIORGIO 2

3 Commenti

  1. Giuseppe ha detto:

    La verità è che siamo ignoranti. Solo il creatore conosce il significato della vita e di ogni altra entità dell’universo e la ragione per cui tutto ciò esiste. Noi possiamo limitarci ad apprezzarlo, o detestarlo, o a provare indifferenza e, osservando tutto quello che succede nel nostro piccolo mondo, avere una sensazione di impotenza e di insofferenza.
    Di fronte all’Onnipotente siamo ancora, nonostante l’età, i bambini di cui parla San Paolo nella lettera ai Corinzi, i nostri ragionamenti sono poca cosa e sono chiaramente condizionati dalla nostra realtà terrena, ma anziché vedere come in uno specchio, siamo quasi totalmente ciechi.
    La legge, la dottrina, la religione sono frutti della nostra mente umana, fatti per questa vita e le sue vicende, anche se belli e profondamente ispirati.

  2. Geremia ha detto:

    Don Giorgio, mi dispiace moltissimo ma lei si è “incattivito” dentro oltre il lecito e spara contro tutti. Come mai?

  3. GIANNI ha detto:

    Tema, quello della grazia, caratterizzato da diverse concezioni, secondo le diverse visuali filosofiche e religiose.
    E tema che si intreccia con quesiti da far tremare i polsi.
    Se Dio è onniveggente, come si concilia tale assoluta infallisibilità con il libero arbitrio?
    In tal senso, viene spontanea la concezione di chi pensa alla grazia come a qualcosa di prestabilito a priori, e quindi neppure legato ad azioni dei singoli.
    Di qui anche il tema dell’avversione protestante al culto che non sia di Dio.
    In chiave laica, il culto o venerazione anche di personaggi storici, non solo santi, non ha in effetti molto senso, se pensiamo che tutto va contestualizzato e che, probabilmente, anche personaggi storici, in un diverso contesto, avrebbero pensato ed agito diversamente.
    Il che rende il tutto molto relativo e soggetto ad interpretazioni spesso non aderenti alla realtà storica.

Lascia un Commento

CAPTCHA
*