Il 4 novembre spiegato a Giorgia Meloni

da IlFattoQuotidiano.it

Il 4 novembre

spiegato a Giorgia Meloni

2 novembre 2018
di Sergio Lima
Movimento #CentoPassi – Claudio Fava
Ventotto volumi, pomposamente chiamati “albo d’oro”, contengono i nomi degli oltre 600mila morti per cause belliche. A questi vanno aggiunti, e non c’è neppure una statistica ufficiale, centinaia di migliaia di civili morti per “avversità belliche”, che tradotto significa fame e malattia. Intere generazioni spazzate vie sulle trincee e sugli altopiani, migliaia di uomini fucilati per mantenere la disciplina su ordine di tribunali militari speciali. Interi reggimenti sottoposti alla pratica della decimazione.
Questa è stata la guerra italiana ’15-’18. Questa e non l’eroico racconto di chi la guerra l’ha raccontata, dopo, da comode e calde case. O dai “letti di lana” come recita un verso della vera cantata della guerra, che non è la “canzone del Piave”, ma “Gorizia tu sei maledetta”.
Per questo il 4 novembre non è tanto la data della vittoria, quanto la data che segna la fine dell’inutile strage. Non un trionfo ma una data che ricorda la follia della guerra e l’orrore del militarismo frutto esasperato del nazionalismo.
La proposta di Giorgia Meloni di fare del 4 novembre la data della festa nazionale è, quindi, non solo un modo per occupare qualche spazietto sui giornali ma, ed è peggio, un affronto al senso stesso che quella data ha occupato nella memoria del paese.Impostazioni
E non casualmente la proposta è infarcita di richiami alla vittoria, al Sacro Piave, all’eroismo.
Le stesse parole e la stessa narrazione di chi mandava, in folli strategie, i soldati a crepare davanti le mitragliatrici e fucilava chi riusciva a tornare indietro.
Se il 4 novembre ha un significato è esattamente il contrario, a 100 anni dalla fine di quel massacro dovrebbe ricordarci altro. Dovrebbe essere un monito, terribile. Un monumento alla follia umana. Ma questo significherebbe abbandonare il terreno della propaganda, che per ironia della sorte proprio nella prima guerra mondiale diventa arma al pari di cannoni e gas tossici, e incamminarsi su un terreno più accidentato, quello della riflessione e della comprensione. Terreni ostici di questi tempi.
Sulle trincee e sui luoghi delle carneficine e delle fucilazioni di massa bisognerebbe tornare, per vedere per capire. Un esercizio di memoria utile non per celebrazioni di confini ma per evitare che un domani un paese senza memoria, un mondo senza memoria, possa pensare di ripiombare in quell’orrore chiamato guerra. Sarebbe il modo giusto per celebrare il 4 novembre e, magari, chiedere scusa.

 

3 Commenti

  1. Giuseppe ha detto:

    Se non ci fosse da piangere amaramente, ci sarebbe da ridere. In una guerra, qualsiasi guerra, non c’è mai un vincitore, perché la guerra è già di per sé una sconfitta. E non è una frase fatta, perché è sufficiente pensare alle vittime che provoca, anche nello schieramento di chi riesce a prevalere sul campo di battaglia. Dall’era moderna poi, in cui sempre più raramente gli eserciti si affrontano faccia a faccia si sono moltiplicati anche i morti tra la popolazione non combattente, e più si va avanti e più sarà cosi, è dannoso e controproducente illudersi del contrario.
    Quanto alla prima guerra mondiale oltretutto, come si può parlare di vittoria ammantando la cosa addirittura di un aurea di retorica e stupido trionfalismo quando si pensa a quanto sia costata al nostro paese in termini di vittime e, come se non bastasse, quanto abbia pesato lo sforzo bellico sul suo impoverimento? Giusto una fascista può proporre di ripristinare una festa nazionale che ha il sapore di una beffa crudele che ha provocato soprattutto sangue, dolore e lutti.

  2. Elia ha detto:

    Un modo interessante di valutare una guerra. A nessuno di buon senso piace la guerra con le sue carneficine e le sue distruzioni. Tuttavia per valutarla nel suo complesso occorre sempre considerare i motivi per cui è scoppiata. Cosa avrebbero dovuto fare i comandanti? Lasciare che i disertori se ne andassero a casa abbandonando il fronte e lasciando massacrare i compagni? Lasciare che l’esercito austriaco venisse tranquillamente ad occupare le terre del nord Italia? Nel 1948 avremmo dovuto stare buoni e lasciare gli austriaci deve stavano? Forse oggi qualcuno a posteriori potrebbe dire che saremmo in condizioni migliori se non avessimo fatto alcuna azione militare per unire l’Italia, ma è questo che vuol implicitamente suggerire l’articolo? Il nazionalismo è una medaglia a due facce, quella migliore mostra in un cittadino l’orgoglio di appartenere ad una certa nazione e di apprezzarne le tradizioni mentre quella peggiore dice che tutti gli “altri” sono da disprezzare.
    Ebbene, avrei preferito che l’articolo mettesse in evidenza questo concetto nell’esecrare quanto successo nel 15-18.
    Il presidente Mattarella lo ha fatto molto meglio.

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