“Ripartiamo tutti insieme: serve un’uscita ordinata dal lockdown”

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POLITICA
03/04/2020

“Ripartiamo tutti insieme:

serve un’uscita ordinata dal lockdown”

Intervista al presidente dell’Europarlamento David Sassoli: “Tempi lunghi, la Commissione sia regìa”. Eurobond? “Serve garanzia comune. Mes a una condizione”
By Angela Mauro
“Abbiamo bisogno di una uscita ordinata di tutti i paesi europei” dall’emergenza, quando sarà, anche se “i tempi saranno ancora lunghi”. Di certo, spiega David Sassoli in questa intervista all’Huffpost dopo una videoconferenza con il presidente del Consiglio europeo Charles Michel e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, “il rischio di organizzare l’uscita non dovrebbe far procedere i singoli Paesi in ordine sparso. Sarebbe un grave errore. I governi europei dovrebbero invitare la Commissione ad assumere la regìa per un’uscita ordinata dalla crisi, la protezione delle persone e il rilancio dell’economia”.
Quello dell’uscita dal lockdown è uno dei temi trattati nella riunione con Michel e Von der Leyen. Ma poi i tre presidenti delle istituzioni europee hanno fatto il punto sulle misure economiche da adottare a livello di Unione, in vista della delicata riunione dell’Eurogruppo martedì prossimo. Vanno usati “tutti gli strumenti”, ci dice il presidente dell’Europarlamento, insistendo affinché il piano ‘Sure’ della Commissione europea venga usato come “modello anche per il ‘recovery plan’, che facendo leva sul bilancio dell’Unione potrebbe anche consentire un finanziamento di obbligazioni sui mercati finanziari”. Mes? “Sì ma riformato con una unica condizionalità che valga per tutti e non solo per gli Stati in difficoltà: e cioè che i soldi siano usati per combattere l’emergenza e per la ricostruzione”. Eurobond? Il punto per Sassoli è avere “una garanzia comune” che renda “i prestiti sostenibili per tutti”.
Presidente Sassoli, di cosa avete parlato nella videoconferenza di oggi con Michel e von der Leyen?
Abbiamo fatto il punto su tutti gli aspetti dell’emergenza, ma anche sul fatto che abbiamo bisogno di una uscita ordinata di tutti i paesi europei. E’ un punto su cui c’è grande preoccupazione. Il rischio di organizzare l’uscita non può essere affidato ai singoli stati. Sarebbe pericolosissimo decidere l’uscita dal lockdown senza un coordinamento europeo.
Veramente sul lockdown gli Stati dell’Unione non stanno seguendo un unico modello. E anzi la preoccupazione comune di imprenditori e sindacati in Italia è che la concorrenza industriale di altri paesi europei possa approfittare del nostro lockdown.
Per questo è ancor più necessario un coordinamento da parte della Commissione. Sarebbe bene che gli Stati europei invitassero la Commissione ad assumere un ruolo di regìa per l’uscita dalla crisi e il rilancio dell’economia. Non puoi pensare di riaprire mentre gli altri sono ancora chiusi e viceversa, perché questo comporterebbe da una parte squilibri economici nel mercato europeo e dall’altra seri pericoli di ondate di ritorno del virus in mancanza di un vaccino. Ma ripeto: l’Europa non ha poteri, bisognerebbe che gli Stati membri si affidassero ad una regìa per l’uscita dalla crisi, sapendo che i tempi saranno probabilmente ancora molto lunghi.
Di che altro avete parlato?
Abbiamo parlato della lentezza degli approvvigionamenti: c’è bisogno di snellire molte regole per esempio sugli appalti e sulla burocrazia.
Quanto alle misure economiche, in vista dell’Eurogruppo di martedì?
Abbiamo fatto un punto sulle varie proposte in discussione. Io credo che dobbiamo usare tutti gli strumenti a disposizione. Siamo dentro una ‘spirale catastrofica’ che vale non solo per il periodo dell’emergenza, ma anche per la ricostruzione del tessuto economico e sociale. Il piano di sostegno alla cassa integrazione presentato ieri dalla Commissione può essere un modello di riferimento anche per altro.
Cioè?
Il piano sulla Cassa integrazione si basa sulla garanzia degli Stati membri che permette alla Commissione di emettere obbligazioni e approvvigionarsi così sui mercati finanziari. Questo può essere la base anche del Recovery Plan. Il grande piano per la ricostruzione potrebbe far leva sul bilancio dell’Unione e, sempre sotto garanzia degli Stati, consentire alla Commissione di emettere obbligazioni per il suo finanziamento. Servirà un fiume di soldi e ogni strumento può essere utile.
Italia, Spagna e altri paesi insistono sugli Eurobond. Gentiloni usa un linguaggio realista, dicendo che il nord Europa non li accetterà mai. Oggi il vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis si dice invece disponibile, ma tanto non spetta a lui decidere, bensì agli Stati membri. Secondo lei, vale la pena di insistere?
La domanda è: noi possiamo sostenere un’opera di ricostruzione solo con le risorse a disposizione? Se bastassero solo i trasferimenti dai bilanci nazionali, probabilmente non avremmo bisogno di altro. Ma in questa situazione, abbiamo bisogno di tanti soldi freschi. Quindi, tornando al ‘recovery plan’, è bene usare tutte le leve possibili perché gli indicatori ci dicono che la situazione dei singoli Stati sarà molto grave. C’è anche chi azzarda un -13 per cento per il pil tedesco, e un -10 per l’Italia. Stiamo parlando di una situazione che non è azzardato definire catastrofica. Non basteranno solo i trasferimenti ma può essere conveniente per tutti sfruttare il valore dell’Unione europea sui mercati finanziari.
Come convincere il nord?
Proprio dai dati dell’economia tedesca noi possiamo avere chiaro come indirizzare l’azione dell’Unione. Perché parliamo di una economia davvero importante per tutti, molto integrata a livello europeo. Si pensi solo al settore automobilistico, pezzo forte dell’economia tedesca che importa componentistica da altri Stati europei, anche dall’Italia: Lombardia, Emilia Romagna, Puglia. La messa a fuoco della situazione della Germania deve interessarci molto. Rispetto a questo dobbiamo trovare le convenienze per un rilancio non dell’Italia, della Spagna o della Grecia, ma dell’Europa e rendere gli strumenti a disposizione utili per tutti i paesi europei.
L’uso dei fondi del Meccanismo europeo di stabilità, a condizionalità light, sembra la proposta più avanzata in vista dell’Eurogruppo della settimana prossima.
Certo, sarà importante usare anche il Mes. E’ evidente che va riformato e deve essere usato solo per la battaglia anti-Covi19 e deve valere per tutti gli Stati membri, non solo come nel passato per quelli in difficoltà.
Ma ci imporranno comunque la firma di un memorandum, un piano di rientro.
Ripeto, non devono esservi condizionalità, ma un utilizzo esclusivo per l’emergenza. Si tratta di reindirizzare un fondo creato per altro. Ha ragione Conte: non le vecchie condizionalità, ma un Mes destinato alla lotta al Covid-19 e che valga per tutti gli Stati membri. Dobbiamo farlo diventare un Meccanismo Salva Europa.
L’altro strumento è la Banca europea per gli investimenti.
Un quarto strumento è il rinfinanziamento della Banca europea per gli investimenti, che deve avere liquidità per le piccole e medie imprese che sono lo scheletro economico dell’Unione e si ritrovano in pesante sofferenza. Naturalmente sappiamo che la necessità di liquidità impone di fare prestiti. Ma troppi prestiti potrebbero essere difficili da sostenere per alcuni Stati membri. Quindi c’è bisogno di una garanzia comune.
Uno dei ‘nei’ del piano ‘Sure’ della Commissione è che sono rimasti pochi soldi dal bilancio pluriennale europeo 2014-2020 e gli Stati membri non hanno raggiunto un accordo sul nuovo bilancio.
È vero, serviranno più risorse, ma oggi è più importante lavorare sulle regole perché saranno quelle che ci consentiranno di affrontare la tempesta. Quel modello è interessante e può essere utilizzato anche per l’opera di ricostruzione. I soldi dobbiamo trovarli noi. Parliamo tanto di piano Marshall ma in quella occasione i soldi li misero gli Stati Uniti. Questa volta dobbiamo fare da soli.
L’Ue cerca di pianificare una reazione comunitaria, ma mostra ancora crepe evidenti che prestano il fianco a superpotenze come Russia e Cina per tentare di infilarsi e frammentare l’Unione. La Russia per esempio si è permessa di attaccare un giornale italiano, La Stampa, per le critiche agli aiuti inviati da Mosca in Italia. Grave.
Da quando sono stato eletto, nel luglio scorso, ho rivolto molti appelli a fare attenzione alle ingerenze esterne. Sono in tanti a volerci deboli e divisi. Il nostro mercato fa gola a molti. Un’Europa che risponde con unità e forza può mettere in difficoltà tanti e consentire di proteggere i nostri Stati nazionali che , altrimenti, si troverebbero alla mercé dei più forti. Non mi meravigliano i tentativi per cercare di dividere l’Europa e fare ingerenza, produrre fake news. Da questa crisi vogliamo uscirne con la democrazia e non con modelli autoritari che non ci appartengono.
A proposito di modelli autoritari, non c’è bisogno di andare fuori Ue: abbiamo Orban.
Il parlamento Europeo si è già espresso con nettezza sull’Ungheria. Ieri la conferenza dei presidenti mi ha dato mandato di chiedere un chiarimento sulla nuova legge ungherese alla Commissione, custode dei trattati. Stamane ho inviato una lettera alla presidente von der Leyen per verificare se la mossa di Orban di assumere pieni poteri in Ungheria sia conforme all’articolo 2 del Trattato dell’Unione e quali iniziative intenda assumere.
Macron cerca di rafforzare l’asse transatlantico con gli Usa. Ci si può fidare di Trump?
Più gli sforzi sono convergenti e più noi fronteggeremo con più strumenti questa emergenza. Ben venga una azione comune tra Europa e Stati Uniti. Credo che non farebbe bene solo a noi.

1 Commento

  1. Palumbo Bartolomeo ha detto:

    Articolo interessantissimo.DAVIDE SASSOLI è,a mio parere,all’altezza della situazione per fronteggiare le difficiltà che la nostra EUROPA dovrà superare.Insieme ce la faremo!!!!!!!!!!

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