Contro Putin e sovranisti, non ci resta che l’Europa federale di Draghi e Macron

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04 Maggio 2022

Contro Putin e sovranisti,

non ci resta che l’Europa federale

di Draghi e Macron

di Elisabetta Gualmini
La minaccia esterna non è mai stata così forte, gli ostacoli non mancano e i precedenti non fanno ben sperare. Ma l’asse Roma-Parigi può spingere senza ambiguità e troppi zig zag verso una Europa più robusta, portandosi sulle spalle il cambiamento necessario
Con una maggioranza extralarge, il Parlamento europeo ha dato il via libera alle Conclusioni sulla Conferenza sul futuro dell’Europa. Con tanto di applauso liberatorio. I deputati europei hanno osato là dove non era pensabile osare a inizio legislatura, lanciando una vera e propria Convenzione, la procedura che consente di cambiare davvero i Trattati dell’Unione e portare a casa tutti quegli obiettivi che sinora sono rimasti imbullonati allo stadio di auspici.
Sarà stata l’eccitazione per essersi rivisti per la prima volta in 705 in un’unica stanza, appiccicati come sardine e a faccia piena e non dimezzata dalla mascherina, sarà che il contesto esterno tra pandemia e guerra ha rivoltato come un calzino aspettative e tempi di decisione, ma era chiarissima la consapevolezza di essere davanti all’ultimo bivio. Tra una Europa forte (ed efficiente) e l’ennesima edizione dell’Europa degli Stati, tirata per la giacca dai nazionalisti di Est e Ovest, e anche di Nord e Sud.
La Convenzione permette di incidere pesantemente, se si vuole, sulle regole di funzionamento dell’Unione, dal superamento dell’unanimità all’estensione del potere di iniziativa del Parlamento europeo, allo spostamento di competenze piene dagli Stati all’Unione, sino all’elezione diretta del Presidente della Commissione. Quel “federalismo pragmatico” di cui ha parlato Draghi a Strasburgo, col dito puntato su energia, politica di difesa e autonomia fiscale. O l’assetto confederale ben disegnato da Enrico Letta alcune settimane fa, in cui al cerchio dei 27 Stati membri si aggiunge un cerchio più dilatato a cui partecipano anche i paesi candidati a entrare nell’Unione.
Certo, i precedenti non fanno ben sperare. La Convenzione lanciata a Laken nel 2001 è fallita clamorosamente nel 2005 con la bocciatura di Francia e Olanda della Costituzione europea. Oggi però ci sono almeno due fattori che possono rendere più spedito il cammino: la minaccia esterna e i leader interni.
La minaccia esterna non è mai stata così forte. La guerra dopo la pandemia ha falcidiato qualsiasi speranza di crescita e rimesso in circolo un fenomeno non vedevamo da decenni, l’inflazione (anche a due cifre come in Olanda). Tra caro bollette, salari bloccati, e un potere di acquisto prosciugato per famiglie e imprese, l’Europa dell’energia diventa dirimente. Si scelga la soluzione che si vuole, tetti ai prezzi, meccanismi redistributivi a favore dei paesi più in difficoltà, centrale unica di approvvigionamento e stipula dei contratti. Bisogna mitigare in fretta gli effetti sui cittadini stremati da due anni di pandemia.
I leader interni. Il binomio Draghi-Macron (quest’ultimo fresco di vittoria in casa) può spingere senza ambiguità e troppi zig zag verso una Europa più robusta. Già abbiamo visto la coppia esercitarsi in un appello sul Financial Times su autonomia fiscale, bilancio comune e revisione del Patto di Stabilità e a Versailles si è accelerato tra uno specchio e l’altro su difesa comune e esercito europeo. A Strasburgo Draghi ha persino proposto una Conferenza sulle spese militari. Se i due potranno prendere il posto di Angela Merkel al timone dell’Europa lo vedremo, ma ad oggi sono gli unici che possono portarsi addosso il cambiamento necessario.
Certo gli ostacoli non mancano; le insopportabili piccinerie e tifoserie nazionali, i capricci politici – e sia chiaro che Draghi non doveva cadere nella trappola di parlare di superbonus nell’aula di Strasburgo e di dare la pagella a Cingolani (?) – e soprattutto la rabbia e l’indignazione di uomini e donne che non ne possono più, che porterà vento in poppa ai partiti nazionalisti pronti all’incasso. Bisogna muoversi. Ora o mai più.

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