Quel deleterio “buonismo” tipicamente natalizio

L’EDITORIALE
di don Guiorgio

Quel deleterio “buonismo” tipicamente natalizio

A Natale, si dice, ci si sente più buoni. Che significa “più buoni”?
Forse la parola “buonismo” è di derivazione natalizia, ma del Natale come melassa di sentimentalismi, tra cui il sentirsi “buoni” per una giornata: buoni o buonisti, ovvero ancora capaci di emettere qualche lacrima di emozione, quasi strappata da un cuore di pietra, come se addolcirsi per qualche attimo fosse possibile anche per una dura pietra, solitamente fredda e insensibile a tutto.
A Natale anche il demonio si commuove: tutti vivono felici e contenti attorno a una mensa, su cui il buon vino inebria anche i cuori di sabbia.
Il buonismo è forse la più deleteria forma di bontà, e la bontà è forse la più subdola virtù umana che ipocritamente copre ogni ingiustizia, come se bastasse una elemosina per redimere tutto un marciume, che neppure migliaia e migliaia di confessioni sacramentarie riuscirebbero a cancellare.
E se il buonismo potrebbe anche allarmarci, mettendoci in crisi, la bontà viene giustificata applicandola in modo infinito all’Essere divino.
Dio è buonissimo, e così si dimentica che Dio è allergico a tutto ciò che sa di umano. Ma Dio non è buonissimo, solo perché l’uomo è buono, senza conoscere che cosa è in realtà bontà.
Già dire che Dio è il Bene Assoluto le cose cambiano: che cosa è il Bene?
Identificare la bontà con il Bene è l’errore più madornale che possiamo commettere, se per bontà intendiamo quel modo di essere che mi relaziona con l’altro in un atteggiamento pietoso di misericordia e di generosità.
Dire Bene è dire il massimo di ciò che possiamo pensare di Dio, al di là di ogni sentimento o emozione umana.
Il Bene è tutto ciò che possiamo pensare bene di Dio, di un Dio che è l’Assoluto, ovvero sciolto da ogni sentimento umano.
Se fossimo buoni in riferimento a Dio come Bene Sommo, allora saremmo sulla “buona” strada, ma il problema è che noi credenti insistiamo nell’avere di Dio una concezione così elevata di un becero buonismo da trovarci in un circolo vizioso, per cui non ci sarà possibile uscirne, a meno di fare piazza pulita di ogni nostra idea di Dio, ridimensionando il concetto di bontà, contemplando quel Bene che è Assoluto, proprio perché spoglio di ogni nostra idea di bontà.
5 dicembre 2020
EDITORIALI DI DON GIORGIO 1
EDITORIALI DI DON GIORGIO 2

1 Commento

  1. Luigi Sirtori ha detto:

    “A ves trop bun s’è cuiun” (Ad essere troppo buoni si è coglioni). Sono d’accordo. Il buonismo di Walter Veltroni ha spianato la strada a Berlusconi. Il buonismo di politici italiani non sta spianando la strada al populista Salvini, alla sovranista Meloni o al fanatico pentastellato Di Battista. Vanno affrontati a muso duro come c’è scritto nella Bibbia, ma non ricordo bene dove. Tutti e tre portano la divisa dei vari cristianesimi. Ci sono anche quelli “mio caro e buon Gesù” Sono d’accordo con Jaspers: “Gesù resta la potente forza che si pone di contro al cristianesimo che lo ha fatto suo fondamento. Egli resta la dinamite che tanto spesso ha voluto distruggere gli irrigidimenti mondani del cristianesimo nelle sue Chiese. A lui si richiamano gli eretici che lo prendono nella piena serietà del suo radicalismo”. Giordano Bruno, Meister Eckhart … non sono stati considerati eretici dalla Chiesa? E magari sottotraccia lo stesso don Giorgio?

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