Visita del Papa a Milano: una Diocesi alla ricerca frenetica dei grandi numeri!

di don Giorgio De Capitani
Bisognerà pure che qualcuno avverta il Papa che la Diocesi milanese con i motori accesi a tutto volume si sta preparando al grande evento del 25 marzo prossimo, chiamando all’adunata più gente possibile, anche scheletri di morti.
Beh, i numeri ci possono anche essere, in una Diocesi che, pur religiosamente amorfa e distratta, non tradisce mai i grandi appuntamenti, per quell’orgoglio tipicamente ambrosiano di “apparire” come nei fastosi balli delle corti imperiali, dove le dame sfoggiavano le loro forme ben vistose e osé e i cavalieri se le contendevano, alternandosi per accaparrarsi la fanciulla più ambita.
Sì, i numeri ci sono per riempire gli spazi degli incontri, come se il numero contasse più della realtà. Ma qual è la realtà milanese?
Sarà, dunque, una giornata dei grandi numeri? Sì, tutto il successo dipenderà da questi!
Già lo è, a guardare la grossa macchina organizzativa che si è già messa in moto per raccogliere più volontari disponibili a fare da “rol” (responsabile organizzatore locale), in vista delle grandi adunate da gestire e ammansire.
Tra parentesi. Pensate anche al grande dispiego delle forze dell’ordine, considerati anche questi difficili momenti di grandi tensioni internazionali. A che pro? Con quali costi?
Ma si sa: Milano è Milano! C’è la Madonnina, che dall’altro del Duomo proteggerà i suoi figli buoni dai figli cattivi che purtroppo, in questi tempi burrascosi, sembrano vendicarsi in nome dello stesso Dio che forse non sa più da che parte stare.
E poi c’è il Chiodo della Santa Croce di Cristo crocifisso che viene scomodato dall’alto del suo trono nelle grandi emergenze, confidando nel suo potere taumaturgico che, come ci tengono a dire, va ben al di là di un pezzo di ferro arrugginito: la fede lo rende vero anche se fosse un falso! Non importa: è la fede che conta!
Ma chissà perché, se Cristo ha detto che la fede è anche in un granello di seme, o in quel “resto di giusti” capace di mantenere in vita l’anima di una nazione, tuttavia il numero in certi casi conta, come quando il Papa viene a visitare Milano, la città motore dell’economia e regno dell’attivismo pastorale più imponente della Chiesa.
A Milano un sindaco come Virginia Raggi sarebbe come la regina d’Inghilterra, ma forse qualcuno si sta accorgendo che un cardinale come Angelo Scola ha svuotato il Duomo, e non solo, lasciando lassù, da solo, un pezzo di ferro arrugginito, pronto a scendere tra la gente per compiere chissà quale magia. Forse c’è più fede in un chiodo arrugginito che in certi ministri di Dio!
Milano è Milano, nel bene e nel male! E, nelle grandi occasioni, è il bene in tutte le sue parvenze che va tirato fuori dal cassetto, e messo su mobili di casa come gingilli da mostrare agli ospiti d’eccezione.
E il male va rimesso in soffitta o nascosto per il momento, pulendo le strade sporche o i quartieri malfamati. Il male non se la prenderà: anzi, se la godrà, perché vive delle ipocrisie e della malafede dei fautori del bene apparente. 
Che belle parole tornano oramai di moda: uscire nelle periferie! Come se uscissimo da chissà quali limpide e zampillanti sorgenti di grazia per andare a dissetare chissà quali deserti!
Una Chiesa in uscita! Cavoli, ma chi ha inventato questo slogan così rivoluzionario?
Bisogna essere del tutto ciechi per non vedere che usciamo da un ovile ormai svuotato di ogni essere umano, con la pretesa di andare a riprenderci le anime che si sono proprio spente per colpa di pastori/mercenari, che si improvvisano di colpo missionari d’avanguardia, ma con lo spiro spento.
Non ci chiediamo neppure che cosa ci sia rimasto nel fondo dell’anima o del cuore!
Già! Noi preti corriamo da un fallimento all’altro, da un deserto all’altro, senza renderci conto che siamo vuoti d’essere!
Uscire nelle periferie! Ma le vere periferie ce le abbiamo dentro di noi, e, ciononostante, rimaniamo all’esterno della realtà, pensando di salvarla spostandoci dal centro alle periferie, ma sempre al di fuori dell’essere umano.
Quali periferie vogliamo salvare?
Ma Milano è Milano, ed è luccicante anche nelle periferie, dove si vede solo il volontariato, un generoso stuolo di generosi che però talora servono a illuminare la brava gente milanese! E pensare che i volontari nel mondo del male sono più ben più numerosi e, in fatto di dedizione alla causa, superano di molto i volontari del bene. Non vorrei neppure dire una parola di quella massa di volontari/factotum parrocchiali sempre disponibili a cucinare salamelle. Di questi il demonio fa a meno: li lascia a noi. Lui, il maligno, sì che sa educare i suoi seguaci nel modo più efficace, onde raggiungere lo scopo, che è quello di tenere a bada una massa di coglioni.
Ma una giornata è una giornata! Ad essa si chiede che dia il massimo in consenso, con l’apparenza più vistosa. Concentrare in una sola giornata un numero impressionante (“da impressionare”) di persone tale da togliere il fiato al supremo pontefice, è un dovere da parte di una Diocesi che, soprattutto in questi ultimi anni, non ha certo brillato neppure nei numeri, visto che non solo il Duomo, ma anche le chiese delle città e dei paesi si sono svuotate. Anche nei piccoli paesi ci sono oggi le periferie che stanno sempre più allargandosi fino a raggiungere il centro. Non si capisce più il confine tra chi è dentro e chi è fuori dalla comunità parrocchiale. Ma nei piccoli paesi i preti non si accorgono delle periferie e, se si accorgono, pensano che basti benedirle a Natale o con una serata danzante, quando ancora tutti indistintamente vengono in parrocchia a fare quattro salti.
***
Un sussidio per prepararsi alla visita del Pontefice
IN QUESTA CITTÀ IO HO UN POPOLO NUMEROSO, DICE IL SIGNORE

 

3 Commenti

  1. GIANNI ha detto:

    Probabilmente la chiesa vuole far risultare un significativo numero di seguaci, in questo caso quella milanese, come ultima manifestazione di Scola.
    Una sorta di messaggio d’addio di Scola, per far vedere un largo seguito ed un’opera riuscita.
    In questo caso, però, quanto si deve a Scola e quanto, invece, all’attrattiva offerta dalla visita del papa?
    Anche perchè se poi c’è largo seguito in tali occasioni, ma le chiese restano vuote durante il resto dell’anno….

  2. Luigi ha detto:

    Il cattolico austriaco Adolf Hitler aveva capito da chi imparare per realizzare il suo sogno di essere padrone del mondo: dall’organizzazione assolutista della Chiesa cattolico-romana. Cosa fa l’apparato della diocesi al servizio del cardinale Scola? Fa tesoro dell’organizzazione assolutista: grandi adunate. Non amo le “grandi adunate” papali, perché sono inconcludenti. Mi ricordo quelle oceaniche di Giovanni Paolo II. Hanno prodotto un nuovo cattolicesimo? Quand’ero giovane mi raccontavano che Mussolini per mostrare la forza del suo esercito, nelle sue imponenti adunate, portava sempre gli stessi carri armati, spostandoli da un luogo all’altro. Si è visto poi cosa è successo con la guerra. La Chiesa sarà pure cattolica (universale) ma se non si rifà al vangelo è ben poca cosa. La Chiesa di Milano attuale è come il titolo di una canzone di Riccardo Cocciante “Bella senz’anima”. “… Vivere insieme a te è stato inutile, tutto senza allegria, senza una lacrima … E adesso so chi sei e non ci soffro più … ma non illuderti io non ci casco più … bella senz’anima”.

    • Luigi ha detto:

      Volevo precisare quale Chiesa “sogno” per la diocesi di Milano attraverso la preghiera di un Anonimo del quale non conosco il periodo storico: “O Gesù, vincitore del male e della morte, liberaci dalla tentazione di cercarti soltanto nel cielo. Donaci la capacità di vederti in ogni essere, presente e vivo, come il seme che attende la germinazione nel sole. Fa che il nostro vivere insieme sia sotto il segno della tua prima Chiesa. Insieme nella preghiera e nel lavoro, insieme nel silenzio contemplativo e nella frazione del pane. Insieme nel dividere i frutti del nostro lavoro, insieme nel dividere i doni del tuo Spirito. Insieme nell’attesa del tuo ritorno, insieme nel pacifico lavoro che accelera la tua venuta. Amen!”

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