Le battute infelici del vescovo della Diocesi più grande del mondo

di don Giorgio De Capitani
Già ho i miei pregiudizi, che in realtà non solo tali, avendo alle spalle una esperienza personale che è reale, realissima, e che mi ha segnato nel profondo, se poi Mario Delpini, neo vescovo di Milano, fa di tutto per confermare ciò che penso di lui, beh, allora, sarebbe da sciocco da parte mia far finta di nulla, e buttare la faccenda su una questione del tutto personale.
C’è in gioco anche l’onorabilità di una Diocesi, quella milanese, che senz’altro non merita di essere trattata come un giocattolo con cui trastullarsi.
Accetto tutto, anche una nomina che non rientrava nelle mie aspettative e nelle aspettative della maggior parte del clero milanese. Ma non accetto certi giochi, come ad esempio di Bergoglio che teme che qualche diocesi possa offuscare la sua immagine di leader indiscusso. Questo Papa è riuscito a farci rimpiangere un certo passato: Papa Benedetto XVI, e ora mi sta facendo rimpiangere, con la nomina di Mario Delpini, il suo precedessero Angelo Scola.
Che volete, io non sopporto le marionette e chi le manovra, tanto più se queste marionette fanno la parte del giullare di corte.
Che volete, io non sopporto che l’arcivescovo della più grande diocesi del mondo reciti barzellette o faccia battute di cattivo gusto, soprattutto in contesti solenni in cui parole fuori posto, battute stupidamente ironiche offendono anche le mura del Duomo.
Certo, non faccio una malattia per queste sottigliezze, e le sopporterei anche se il neo vescovo dicesse anche qualcosa di veramente elevato, oltre alle solite cose trite e ritrite, frutto di una mentalità quadrata di un cervello quadrato.
Sì, non sarà che un burattino nelle mani di papa Bergoglio. Non si permetterà di fiatare, fuori comando. Se ne guarderà ben dal contestarlo, ma lo imiterà soprattutto nello stile goliardico di un pontefice tanto banale da interessare solo gli sprovveduti o i soliti atei devoti che cercano consenso all’ombra del consenso altrui, quando soprattutto questo “altrui” sembra offrire il paradiso anche per un piatto di lenticchie.
Posso anche accettare che il neovescovo di Milano sia tutto obbediente ai voleri del Papa, ma che lo faccia con una certa dignità. La Cattedra di Sant’Ambrogio non sopporta di essere ridicolizzata da cabarettisti.
7 ottobre 2017 Beatificazione di Padre Arsenio – il saluto dell’Arcivescovo di Milano mons. Delpini
Per conoscere il contesto dell’intervento di Mario Delpini
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3 Commenti

  1. Patrizia ha detto:

    Visto come ha trattato don Giorgio, speriamo che gliela faccia anche a lui una grazia.

  2. Giuseppe ha detto:

    So molto poco della diocesi di Milano. Credo sia fatta risalire a san Barnaba, amico e compagno di viaggio di san Pietro, ma che abbia assunto un ruolo fondamentale grazie a sant’Ambrogio, al punto da essere chiamata ambrosiana, e che ha la prerogativa pressoché unica di avvalersi di un calendario liturgico e un cerimoniale dei riti in parte differente da quello universalmente adottato dal resto della chiesa cattolica. Che la sua estensione è molto vasta, perché oltre a comprendere i territori della provincia di Milano ha giurisdizione anche su buona parte di quelli di quasi tutte le altre provincie lombarde. E so anche , ovviamente, che è stata spesso retta da personaggi insigni come san Carlo Borromeo, Achille Ratti (Pio XI), Shuster, Montini (Paolo VI) e Carlo Maria Martini. Per questo penso di essere il meno indicato ad esprimere un giudizio e, tantomeno, fare un paragone tra l’attuale arcivescovo e chi l’ha preceduto. Mentre, avendo una mia opinione su papa Francesco, pur rispettando i punti di vista altrui, preferisco evitare altri motivi di polemica. Potrei solo dire che è molto diverso da Benedetto XVI. Il quale, essendo un eminente teologo, a mio avviso, aveva provato ad impostare il suo pontificato su basi dottrinali, mentre non si trovava a proprio agio con l’attività “burocratica” e di governo che il suo ruolo comportava. Mi risulta inoltre che fosse proprio il cardinal Martini a caldeggiare la candidatura di Bergoglio nell’ultimo conclave a cui prese parte.
    Posso dire qualcosa, invece, riguardo alla mia esperienza diretta, avendo vissuto a Milano per motivi di lavoro, in maniera discontinua nell’arco di tre anni, tra la fine del 1968 e l’estate del 1971. Soggiornavo presso il pensionato degli Scolopi, adiacente alla parrocchia di San Giuseppe Calasanzio, in via don Gnocchi, zona San Siro ed essendo molto giovane avevo a che fare di frequente con Padre Livio Fanzaga, da poco ordinato sacerdote, che svolgeva le mansioni di assistente spirituale dell’oratorio e si occupava degli altri ragazzi che “bazzicavano” la parrocchia. Il padre Livio che ho conosciuto era molto diverso da quello che dirige Radio Maria e che si è assestato su posizioni ultratradizionaliste, rischiando spesso guai con le autorità, anzi, recandosi regolarmente all’Università Cattolica, allora fulcro dei movimenti di protesta e di contestazione (da quell’ateneo, se non sbaglio, sono usciti, tra l’altro, Renato Curcio e Mario Capanna), aveva idee molto progressiste e parlava un linguaggio molto vicino a chi come me, sentendosi solo e un po’ spaesato, avrebbe potuto rischiare la depressione. In effetti avevo una vita sociale molto limitata, circoscritta ad alcuni colleghi e poche altre persone che risiedevano nel pensionato e non ero affatto interessato né informato riguardo alla trasformazione in atto nella nostra società, che oltretutto proprio a Milano stava esplodendo in tutta la sua violenza. Basti pensare che della strage di Piazza Fontana venni a sapere solo casualmente mentre ero a Roma, durante uno dei viaggi lampo con cui cercavo di tornare a respirare le mie origini. In parole povere, a Milano mi ci sono sempre sentito di passaggio e, probabilmente, ho fatto ben poco per viverla più a fondo…

  3. coscienza critica ha detto:

    Ratzinger è considerato fine teologo, al confronto del quale Bergoglio……i puntini di sospensione sono più che sufficienti, vista la differenza intellettuale tra i due.
    Certo, si può non concordare con personalità come quelle di Ratziger o di Scola, ma credo che al loro confronto, ripeto, Bergoglio…
    Quanto a Delpini non lo conosco, ma mi pare che il discorso sia analogo.
    Nel senso che almeno Scola e Ratzinger esprimevano una certa visione, condivisibile o meno, ma la esprimevano.
    Mi pare che invece Bergoglio e Delpini facciano solo battute.
    Forse, perchè neppure conoscono approfonditamente le materie, di cui dovrebbero occuparsi?
    Potrebbe essere, visto che taluni hanno addirittura detto che praticamente Bergoglio elargiva tesi eretiche, probabilmente senza neppure accorgersene.
    E va bene che non si richiede chissà quale conoscenza teologica, per divenire vescovo o papa, però bisogna avere il senso di chi si mette a capo di una chiesa, o di una diocesi come quella milanese.
    Non si tratta dell’ultima parrocchia dell’ultimo paesino sperduto, ovviamente con tutto il rispetto anche per questa.
    A volte pare manchi il senso delle nomine, ma nella chiesa è così.
    I cardinali eleggono il papa, poi il resto, cioè cardinali e vescovi, li nomina il papa.
    Probabilmente Bergoglio ha pensato di nominare qualcuno che gli assomigliasse.

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