Un popolo bue e giornalisti merdaioli!

L’EDITORIALE
di don Giorgio

Un popolo bue e giornalisti merdaioli!

Sapete qual è la soddisfazione più sadica di tanti italiani? Bastonare tutti i giorni Matteo Renzi. È un grande piacere che essi provano, in questa valle di lacrime.
Se si trattasse del popolo-bue, potrei anche capirlo. Fa parte della nostra natura più animalesca: sentirsi un po’ sollevati colpendo qualcuno. Ci si sente quasi liberati. Come andare in una palestra e colpire ripetutamente, con forza, un innocente sacco in pelle, quello che usano i pugili per allenarsi, per poi passare a colpire di botte un altro essere umano.
Il popolo ha bisogno di un capro espiatorio su cui scaricare tutte le proprie rabbie, le proprie frustrazioni, le crisi sociali ed economiche. Il sacco ideale per sfogare le proprie impotenze, oggi si chiama Matteo Renzi, ieri si chiamava Caio e domani si chiamerà Sempronio e dopodomani… e così via di seguito.
Le auto-critiche in questo paese sono proibite. Anche quando le facessimo, alla fine troveremmo sempre un colpevole, ma fuori da noi. Che “noi”! Esiste solo l’io! Un io tanto bastardo, perché figlio di nessuno e di tutte le puttane esistenti su questa terra.
Ma se mi chiedete il motivo per cui i mass media in genere ce l’abbiano con Renzi, non saprei rispondere. Una ragione ci sarà pure, ma non riesco a trovarla. Sto parlando di “ragione”. Intuisco invece che c’è qualcosa di losco, di poco chiaro, di strano.
Ai mass media piace il gioco al massacro. Notate: è un gioco tipicamente italico. Già questo suscita diversi sospetti. Se è vero che l’informazione nostrana è malata di sadismo, è anche vero che basterebbe un po’ di auto-controllo per metterci in guardia.
Aprite il giornale, online o di carta, e i titoli sono sempre gli stessi: sparlano di Renzi. E si giustificano con fatti che sembrano dar ragione ai massacratori di turno.
Ci sono alcuni giornalisti che sono veramente strabici: vedono storto anche il dritto. A loro non c’è nulla che vada bene, e non riescono a sorridere nemmeno ad una buona notizia. Se proprio devono darla, ci mettono accanto la foto di un Renzi deficientello. Basta poco: ritoccarla. E così la perversione è salva, ma non la verità.
In ogni caso, non ho mai letto una parola una sola parola, in un intervento di Marco Travaglio, in difesa di una eventuale magari casuale cosa saggia detta o fatta da Renzi. Non gli riesce proprio. Starebbe male. E se Renzi avesse ragione, sarebbe gioco forza per Travaglio fare una seria analisi per capire dove sta il trucco. Ma scherziamo? Lui, l’onnipotente giustizialista, farsi infinocchiare da qualcuno! E non capisce, il tontolone, che il vero problema è proprio lui: Marco Travaglio, giornalista con la punta della lingua sempre intinta nell’inchiostro nero. 
Ho citato un nome classico. Di giornalisti con gli occhi strabici se ne sono a migliaia. Tutti della stessa risma. Malati di sadismo. Per un orgasmo quotidiano.
E voi credete che anch’io godessi, come fanno questi giornalisti da strapazzo, nel mandare fulmini e bestemmie contro Berlusconi, ai tempi in cui il Maledetto era all’apice del potere? Per me era un’altra cosa, difficile da spiegare al popolo bue di oggi e agli eterni sapientoni che non sanno distinguere la notte dal giorno. Sì, Berlusconi era un’altra cosa. Ha convissuto, tra orgasmi d’ogni genere, con la stessa gentaglia di giornalisti di oggi che, proprio a quei tempi, avevano iniziato a fare carriera, e che carriera! Berlusconi è crollato non certo per merito di questi citrulli, ma perché era arrivata la sua fine. Si era esaurito da solo.
Ma Renzi è un’altra cosa. Di un’altra pasta. Ma i mass media italiani non sanno distinguere la merda da una perla. Come fanno? Ma li guardate bene in faccia questi cazzoni? Li sentite parlare? Leggete qualche riga dei loro scritti abortivi? Stupidità! Odio! Bruttezza! E le conseguenze? Un mare di stronzate, liquame puzzolente!
Se un mattino aprissi internet e scoprissi che tutti i giornali online sono spariti, e se andassi in edicola e la trovassi completamente vuota, questo sarebbe il più bel giorno della mia vita. Il mondo inizierebbe a rinascere. 
9 novembre 2014
EDITORIALI DI DON GIORGIO 1
EDITORIALI DI DON GIORGIO 2

1 Commento

  1. Giuseppe ha detto:

    Noi italiani non abbiamo una identità di popolo ben precisa e forse non sappiamo ancora con precisione quale fosse il ceppo etnico originario della penisola. Tanto più che trattandosi di un territorio bagnato dal mare per la maggior parte della sua estensione, ha sempre rappresentato un comodo approdo per chiunque fosse alla ricerca di una nuova patria, o comunque di un posto in cui stabilirsi per “mettere su casa”. Un po’ quello che sta succedendo oggi con le nuove migrazioni di massa che tanto fastidio danno ai benpensanti e che sono fonte di problemi logistici, ambientali e di integrazione piuttosto “complicati”. L’unica cosa che sappiamo con precisione è che il nome Italia inizialmente indicava solo la zona meridionale della Calabria, ricca di colonie greche, tanto da essere soprannominata insieme alla maggior parte del meridione “Magna Grecia”. Sarà per questo che la Lega, inconsapevolmente, la rifiuta come patria e se n’è inventata un’altra?. E probabilmente il principe di Metternich, l’odiato cancelliere dell’impero austriaco, non aveva tutti i torti quando la definì “una mera espressione geografica”. Sia come sia, mi sembra evidente che siamo un gran polpettone di etnie diverse, come dimostrerebbero i dialetti -retaggio delle antiche lingue di provenienza- così profondamente diversi tra loro, e le tradizioni ugualmente molto differenti che affondano le loro radici nella notte dei tempi. Eppure, la necessità di vivere a stretto contatto di gomito, ha portato inevitabilmente a un miscuglio dalla cui difformità, però, emergono alcuni tratti caratteristici comuni. O forse sarebbe meglio chiamarli difetti, perché come sempre succede in questi casi, è più facile assimilare i vizi dell’altro, piuttosto che le sue virtù. Tra questi spicca la tendenza a crearsi dei falsi miti andando appresso al primo arruffapopoli che riesce a farsi notare, a cui siamo ben lieti di delegare la soluzione dei nostri problemi e dei nostri affari, salvo rinnegarli nel momento in cui fatalmente il bluff viene a galla e allora cominciamo a detestarli con lo stesso slancio con cui prima li avevamo osannati. Così succede con i politici, senza distinzioni di schieramento e/o di valori, basta che stiano al potere. Col tempo infatti, questa volubilità ha finito per confondersi col desiderio di autoassolversi, attribuendo ad altri la responsabilità dei nostri errori e cercando un colpevole su cui far ricadere la colpa quando le cose vanno male, basta che non si tratti di noi, e non c’è bersaglio più comodo di chi governa il paese. L’espressione “piove, governo ladro” la dice lunga su questo modo di pensare. Lamentarsi è facile, prendersela con chi comanda, ancora di più, per questo certa stampa trova conveniente cavalcare lo scontento, lo sdegno e la protesta, magari alimentandoli con i propri sproloqui: l’importante non è crederci, ma riuscire a vendere quante più copie possibile! Specialmente quando la mannaia della crisi comincia a minacciare anche le testate giornalistiche.

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