Omelie 2017 di don Giorgio: SANTISSIMA TRINITÀ

11 giugno 2017: SS. TRINITÀ
Es 3,1-15; Rm 8,14-17; Gv 16,12-15
Il dogma della Trinità
Il Dogma della Trinità si è andato formando lentamente nella storia della cristianità, fino ad assumere la sua forma definitiva nel IV° secolo dopo Cristo: un solo Dio, ma in tre persone distinte: Padre, Figlio e Spirito Santo.
Il primo passo verso l’affermazione del Dogma Trinitario fu fatto nel Concilio di Nicea del 325, dove si affermò che Gesù Cristo è il Figlio unigenito di Dio, generato, non creato, consustanziale al Padre, eterno e immutabile. Fu poi nel Concilio di Costantinopoli del 381 che si affermò per la prima volta che lo Spirito Santo è Persona divina, consustanziale al Padre ed al Figlio. Praticamente possiamo fissare questa data come quella della sistemazione definitiva del Dogma della Trinità così come lo conosciamo oggi.
Già dai primi secoli, vi furono molte resistenze ad accettare il Dogma Trinitario. Gli eretici, man mano che sorgevano, venivano condannati dalla Chiesa.
In ambito cristiano, la Trinità non è accettata solo dai cattolici, ma anche dagli ortodossi e dalla maggior parte delle chiese protestanti, invece non viene accettata dai Testimoni di Geova.  Molto critica nei confronti del Dogma della Trinità è la posizione dell’Islam: come è noto i mussulmani ritengono Cristo il più grande dei profeti dopo Maometto. Ovviamente anche gli ebrei rifiutano il Dogma Trinitario, in quanto rigettano interamente la missione divina di Gesù.
La festa in onore della SS. Trinità
La festa in onore della SS. Trinità nasce nell’VIII d.C., ed è di origine monastico-inglese. Fu infatti il monaco inglese Alcuino di York il primo a comporre una Messa in onore della Santa Trinità, ma all’inizio si trattava di una devozione privata. Tuttavia, la devozione si diffuse ben presto in tutta Europa. Nonostante ciò, papa Alessandro II (seconda metà dell’XI secolo), non ritenne opportuno riconoscere questa celebrazione come festa della Chiesa Universale, in quanto affermò: “ogni giorno l’adorabile Trinità è senza posa invocata con la ripetizione delle parole: Gloria Patri et Filio et Spiritui Sancto, e in altre formule di lode”. I monaci continuarono comunque a diffondere la celebrazione della festa, sia in Inghilterra che in Francia e nel resto d’Europa grazie alle Abbazie dei monaci Cistercensi. Papa Giovanni XXII, prima metà del Trecento, visto ormai il riconoscimento “de facto” di tale festa nella cristianità, sancì con decreto che la Chiesa Cattolica accettava la festa della Santa Trinità e la estendeva a tutte le Chiese locali.
Una prima osservazione
Che dire? Aveva ragione papa Alessandro II nel sostenere che una festa in onore della SS. Trinità sarebbe inutile, visto che ogni giorno onoriamo la SS. Trinità. Pensate quante volte facciamo il segno della croce. Tra l’altro, il segno della croce è un grande gesto, perché racchiude contemporaneamente due Misteri: il Mistero trinitario, dicendo le parole: “Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”; e il Mistero della Passione e Morte di Gesù, tracciando con un dito o con tutta la mano un segno in forma di croce sopra il proprio corpo.
A proposito del segno della croce, Romano Guardini invitava a farlo bene, non in modo «affrettato, rattrappito, tale che nessuno capisce cosa debba significare. No, un segno della croce giusto, cioè lento, ampio, dalla fronte al petto, da una spalla all’altra. Senti come esso ti abbraccia tutto? Raccogliti dunque bene; raccogli in questo segno tutti i pensieri e tutto l’animo tuo, mentre esso si dispiega dalla fronte al petto, da una spalla all’altra. Allora tu lo senti: ti avvolge tutto, ti consacra, ti santifica. Perché? Perché è il segno della totalità ed il segno della redenzione. Sulla croce nostro Signore ci ha redenti tutti. Mediante la croce egli santifica l’uomo nella sua totalità, fin nelle ultime fibre del suo essere. Perciò lo facciamo prima della preghiera, affinché esso ci raccolga e ci metta spiritualmente in ordine; concentri in Dio pensieri, cuore e volere; dopo la preghiera, affinché rimanga in noi quello che Dio ci ha donato. Nella tentazione, perché ci irrobustisca. Nel pericolo, perché ci protegga. Nell’atto di benedizione, perché la pienezza della vita divina penetri nell’anima e vi renda feconda e consacri ogni cosa. Pensa quanto spesso fai il segno della croce, il segno più santo che ci sia! Fallo bene: lento, ampio, consapevole. Allora esso abbraccia tutto il tuo essere, corpo e anima, pensieri e volontà, senso e sentimento, agire e patire, tutto vi viene irrobustito, segnato, consacrato nella forza del Cristo, nel nome del Dio uno e Trino».
Seconda riflessione
Si dice che un sacerdote, all’inizio della sua omelia durante la Festa della SS. Trinità, avesse detto: “Siccome tutti dicono che la Trinità è un Mistero del tutto incomprensibile, allora la mia predica finisce qui”. In fondo, non aveva torto. Eppure, sono stati scritti volumi e volumi sul Mistero Trinitario. Ho tentato di leggere qualche riga, ma poi mi son detto: Questi qui non fanno altro che scrivere stupidaggini. Anche Sant’Agostino ha scritto un trattato “De Trinitate”. E a proposito di Sant’Agostino, si narra un episodio (leggenda o no, non importa). Un giorno, Agostino in riva al mare meditava sul mistero della Trinità, volendolo comprendere con la forza della ragione. S’avvide allora di un bambino che con una conchiglia versava l’acqua del mare in una buca. Incuriosito dall’operazione ripetuta più e più volte, Agostino interrogò il bambino chiedendogli: «Che fai?». La risposta del fanciullo lo sorprese: «Voglio travasare il mare in questa mia buca». Sorridendo, Agostino spiegò pazientemente l’impossibilità dell’intento ma, il bambino fattosi serio, replicò: «Anche a te è impossibile scandagliare con la piccolezza della tua mente l’immensità del Mistero trinitario». E detto questo sparì.
Abbiamo da poco celebrato il 50° anniversario della morte di don Piero Pointinger, un prete che visse la sua prima e ultima esperienza pastorale a Rovagnate, dove a quarantenni circa morì, per tumore al cervello. Tra i suoi appunti ho trovato questa preghiera alla Trinità.
«Penso alla Tua Trinità, Signore: inaudita pienezza d’essere. Capisco di non poter comprendere nulla, così come il mio occhio piccino non potrà mai abbracciare la vastità terrestre che si sviluppa oltre le sue possibilità visive. M’accontento di contemplarti e di lasciarmi inebriare dalla Tua pienezza d’essere, fiore d’un giardino il cui ingresso non varcherò mai, ma il cui intenso profumo giunge fino al mio spirito. Guidato da questo profumo, ritorno più sereno alle cose».

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