Chi ha il diritto di criticare

L’EDITORIALE
di don Giorgio

Chi ha il diritto di criticare

Possiamo avere il diritto di criticare, anzi il dovere, solo quando ci sentiamo partecipi di una società civile o religiosa, che non sia pertanto a noi estranea, nonostante il nostro doverci vivere per forza di cose.
Il diritto e il dovere di contestare nasce da qualcosa di profondo, che non sia soltanto il fatto che, volere o no, siamo costretti a vivere in questa società.
Paradossalmente più siamo parte viva, più prendono corpo il diritto e il dovere di contestare l’ambiente del nostro esistere.
Criticare allora non è un volerci estraniare dalla società, quasi per rinnegare la nostra appartenenza, o per giustificare il nostro rifiuto o la nostra fuga.
Contesto la mia famiglia in quanto figlio, e non un estraneo, e, essendone figlio, ho il diritto e il dovere di dire la mia, per volere una casa migliore.
Ho detto questo, perché ho la sensazione che tanti, tantissimi, per non dire la grande maggioranza della gente, contestano qualcosa di estraneo, nel senso che, essendo loro stessi “estranei”, è come se appartenessero a un mondo surreale, che non ha nulla a che fare con la propria “casa”.
E così succede che si diventa complici di una situazione, che per un verso si rifiuta e per l’altro ci è estranea, eppure è casa “nostra”, ed è qui la contraddizione o il paradosso di quanti criticano e rifiutano, ovvero criticano qualcosa che rifiutano e lo rifiutano perché si sono creati un mondo brutto in sé, dimenticando di collaborare, anche solo indirettamente, con il proprio menefreghismo, a renderlo ancora più brutto, subito poi pronti a contestarlo.
È qualcosa di complesso, perché le cause della rovina di questo mondo, “nostro” e nello stesso tempo “estraneo”, dipendono da una catena di responsabilità che ci lega tutti quanti, buoni e cattivi: i buoni se ne fregano come se il mondo non fosse casa loro, e i cattivi, proprio perché ritengono il mondo come se fosse “loro”, ne fanno ciò che vogliono.
Ogni ribellione a un mondo ingiusto è una provocazione che chiama in causa il proprio egoismo, e diventa un alibi per trovare tutte le scuse per lavarsi le mani, addossando le colpe sempre sugli altri.
11 luglio 2020
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