Omelie 2012 di don Giorgio: XI Domenica dopo Pentecoste

12 agosto 2012: Undicesima dopo Pentecoste

1Re 18,16b-40a; Rm 11,1-15; Mt 21,33-46

Mi soffermerò sul primo brano. Si tratta di un episodio particolarmente divertente, talora esilarante, che rivela un forte sarcasmo, quell’ironia di Dio che, sotto altra forma, più sottile, è presente anche nei Vangeli, soprattutto nella Passione di Gesù descritta da Giovanni, secondo cui i vari giochi e giochetti dei capi politici e religiosi non fanno altro che, contro la loro volontà, attuare il Piano di Dio.
Anzitutto, chi è il profeta Elia? Pur non avendoci lasciato alcun scritto, come altri profeti, è una delle figure più rilevanti dell’Antico Testamento: le sue gesta sono narrate nei due “libri dei re” della Bibbia.
Elia, originario di Tishbà, nel paese di Galaad, nacque verso la fine del decimo secolo a.C. e svolse gran parte della sua missione sotto il regno di Acab, un re pavido, docile strumento nelle mani dell’intrigante moglie Gezabele, di origine fenicia, che aveva dapprima favorito e poi imposto il culto del dio Baal. La missione di Elia fu quella di incitare il popolo eletto a rimanere fedele all’unico vero Dio, senza lasciarsi perciò sedurre dall’influsso del culto idolatrico e licenzioso di Canaan.
Un giorno Elia viene inviato dal Signore per annunciare al re Acab il castigo imminente per il suo comportamento empio. Gezabele si vendica massacrando i profeti di Jahvè. Allora il profeta Elia, preannuncia prima una siccità di tre anni e sei mesi, durante la quale egli si rifugia presso il torrente Kerit, in Transgiordania, dove viene nutrito dai corvi, e poi, per comando del Signore, giunge a Zarepta, a sud di Sidone, dove viene mantenuto da una vedova alla quale egli moltiplica miracolosamente olio e farina e risuscita il figlio.
Ma la prova più significativa che testimonia che Jahvè è il vero ed unico Dio si ha nel confronto tra Elia e i quattrocentocinquanta profeti di Baal, divinità cananea, sul Carmelo, dove il profeta offre il suo sacrificio al Signore, il quale risponde dal cielo bruciando l’olocausto, mentre le grida, le danze e le mutilazioni dei profeti di Baal non ottengono alcun risultato. Dal vertice del Carmelo, Elia assisterà alla fine della siccità con il prodigio della nuvoletta, che simile ad una mano d’uomo sale dal mare. Dopo questi fatti, per evitare le ire dell’empia regina Gezabele, Elia fugge e, dopo un cammino di quaranta giorni nel deserto, giunge al monte di Dio, l’Horeb. Lì in una teofania, riceve, tra l’altro, la missione di investire Eliseo come profeta al suo posto. Nella vicenda di Nabot, fatto assassinare dal re sotto istigazione della moglie Gezabele per impossessarsi della sua vigna, il profeta interverrà energicamente per smascherare il piano nefasto e l’omicidio attuato dal monarca. Dopo ciò il re Acab muore nel corso di una battaglia. Giunto al termine della sua missione profetica, Elia seguito da Eliseo, che aveva chiamato dai campi, e da un gruppo di profeti del Signore, dopo aver attraversato il fiume Giordano, viene assunto in cielo su un carro di fuoco scomparendo di mezzo al turbine, mentre due terzi del suo spirito si posano su Eliseo secondo la sua richiesta.
Il profeta Elia ebbe una grande importanza nel sentimento religioso ebraico anche per il fatto della sua morte misteriosa: si riteneva che di tanto in tanto ricomparisse sulla terra sotto mentite spoglie per aiutare il popolo ebraico in difficoltà. Il profeta Malachia profetizzò che Elia sarebbe tornato prima del giorno del Signore dell'Era messianica: «Ecco io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno grande e terribile del Signore» (Mal 3,5). Nel giorno della Pasqua alcuni ebrei lasciano una coppa di vino dinanzi all’uscio o ad una finestra aperta, in attesa che Elia torni e festeggi con loro la liberazione.
Nel Nuovo Testamento i riferimenti al profeta sono diversi. In particolare troviamo l’attività di Cristo prefigurata da quella del profeta e il rapporto con il Messia è espresso chiaramente nel celebre evento della Trasfigurazione sul monte Tabor, dove accanto a Mosè appare anche Elia. Va sottolineato il riferimento del profeta a Giovanni il Battista, che condurrà una vita secondo lo stile penitenziale di Elia.
Elia ha lasciato un segno anche nella musica. Nel 1846, Mendelssohn compose Elias, oratorio sulla vita di Elia. E anche nella letteratura: interessante è la descrizione della vita del profeta Elia nel libro Monte Cinque (1998) di Paulo Coelho. L'autore narra da un punto di vista introspettivo i tormenti e le lotte di uno dei più grandi profeti d'Israele, dall'esilio fino all'assunzione in cielo.
La cosa davvero interessante è notare in Elia vari aspetti che potrebbero sembrare a prima vista in contrasto tra loro. C’è l’aspetto mistico, ascetico, di uomo del deserto, di uomo di preghiera, del silenzio, l’aspetto dell’uomo perseguitato a causa della giustizia, della compartecipazione al dolore degli innocenti, l’aspetto talora di uno sfiduciato, troppo provato dal Signore. Aspetti, dunque, diversi tra loro, tanto che Elia è stato preso come modello di vita dagli asceti, da qualche Ordine religioso (i Carmelitani, il cui nome richiama il monte Carmelo), preso come modello anche da quanti lottano contro le ingiustizie del potere. Colpisce sempre l’episodio del re Acab che vuole portar via la vigna di Nabot: esempio di come Dio sta dalla parte dei più deboli, e di come Dio vuole che anche i suoi ministri lottino contro ogni ingiustizia sociale.
L’episodio narrato nel primo brano della Messa mette in evidenza dove sta la vera missione del profeta Elia: la sua lotta contro l’idolatria. Elia è il profeta dell’Assoluto. Non esistono altri dei all’infuori dell’unico vero Dio: Jahve. Nell’Antico Testamento, l’idolatria era il peccato più grave che il popolo eletto poteva commettere. Ricordate il vitello d’oro contro cui Mosè scaglia le Tavole della Legge. Ma l’idolatria non era solo quella diciamo grossolana di adorare pezzi di legno o statue d’oro. Eppure tutti sappiamo quanto siamo ridicoli quando poniamo fiducia negli amuleti, ciononostante continuiamo a indossarli, a fare atti di scaramanzia, a fare della nostra religione tutta una serie di atti di superstizione, a prendere i sacramenti o i riti come se fossero qualcosa di magico. Pensate anche alle indulgenze! Ma c’è di più. C’è l’idolatria del benessere materiale, l’idolatria delle cose che riteniamo più importanti dei valori umani. In teoria siamo convinti che i valori umani contino di più delle cose, in  realtà ci comportiamo lasciandoci prendere dalle cose. Non è vero che l’idolatria è qualcosa del passato, di popoli rozzi e primitivi. Il mondo moderno ha superato quei popoli, facendo dell’idolatria la propria religione. Una religione laica, ma non per questo meno pericolosa e perversa di qualsiasi altra religione che crede in un Dio.
I veri profeti sono coloro che sono al servizio dell’Assoluto. E assoluto significa sciolto da ogni legame. I profeti sono al servizio della Libertà. È vero quanto è stato detto, ovvero che la società dipende dal concetto che ho di Dio. Più alto e nobile è questo concetto, più alto e nobile è il concetto che ho della società. Più abbasso la mia idea di Dio, e più abbasso la mia idea di società.
C’è di più. Idolatria è l’adorazione di immagini: idolo vuol dire immagine, vuol dire idea: è l’idea che mi faccio di Dio, è ciò che io penso di Dio. Ma Dio chi è? Non può essere una mia idea, che poi si concretizza in una immagine che io poi adoro. Ecco perché Dio aveva proibito agli ebrei di raffigurarlo con delle immagini. Dio non poteva assolutamente essere raffigurato: nessuna immagine, nessun dipinto, nessuna statua! Pensate invece a ciò che è successo nella Chiesa: senza diventare iconoclasti (bruciare le immagini), non è che abbiamo esagerato? Anche le immagini possono aiutarci a pensare a Dio, siamo esseri umani in carne ed ossa, ma non è che anche oggi prendiamo le immagini come se fossero idoli? Certe immagini rappresentano Dio in un modo sbagliato, e perciò ci portano lontano dal vero unico Dio.
Infine, nell’Antico Testamento idolatria consisteva nel tradire l’Alleanza con l’unico vero Dio fidandosi ad esempio di alleanze politiche. Dio non aveva digerito che il popolo a un certo punto della storia d’Israele pretendesse un re come gli altri popoli pagani. Come si può essere profeti dell’Assoluto, e nello stesso tempo allearsi col potere umano? Osservate la storia della Chiesa: quante alleanze politiche, solitamente alleanze con il potere più forte. Eppure Dio è sempre stato coerente con la sua logica: stare dalla parte dei più deboli per dimostrare che Lui è il vero Dio che salva. Puntare sugli scarti umani, così giudicati dalla società, è sempre stata l’arma vincente di Dio. I più forti non hanno mai salvato il mondo. Dio si è servito dei più umili per dare una svolta radicale al mondo. Tutta la storia biblica ne è una prova. Ciononostante, nonostante che Cristo abbia ribadito che questa è la direttiva vincente di Dio, la sua Chiesa cade spesso nell’idolatria: allearsi coi più forti pensando così di servire meglio il Regno di Dio. La carta vincente di Dio è colui che lo serve nella libertà, disarmato di ogni potere umano. Anche qui, predichiamo bene, ma poi razzoliamo male.

 

 

3 Commenti

  1. Luciano ha detto:

    Grazie don Giorgio. E’ vero, nella Chiesa di oggi, come anche in quella di ieri, si travisa il Messaggio Evangelico di Cristo. Ci sono troppe immagini “sacre” e ci sono troppe persone che abusano di queste immagini e di certe liturgie (assurde), per usi pseudomagici. Molti vivono con atteggiaamenti scaramantici. Un esempio eclatante è quando, durante la messa, ci si scambia il segno della pace. C’è sempre chi ritrae la mano nel mentre la si incrocia con un’altra, porta male! Purtroppo la superficialità e la sciatteria, vanno di pari passo nelle liturgie domenicali che sono svutate della Celebrazione della Parola e dell’Eucarestia. La messa è diventata per molti, solo un precetto fastidioso da ottemperare per continuare ad essere “bravi cattolici”. La Parola è Viva, bisogna però essere disponibili ad accoglierla. Lo spezzare del Pane, è diventato un gesto difficile da comprendere. Anche perchè ciò che si spezza, non ha nulla del pane, sono dei tondini piatti di qualche cosa color bianco ghiaccio. Dovremmo davvero tutti insieme, cercare di cambiare il nostro atteggiamento e di vivere la Celebrazione con un Cuore Nuovo, di carne, capace di Amare Cristo in ogni fratello sia in Chiesa che nelle strade del paese dove viviamo. A me non pare che accada così. Si da molta importanza al luogo di culto, alle liturgie (spesso astrruse) e alle vaarie statue ma non si tiene conto delle persone. Se non sbaglio, domenica scorsa, Paolo diceva nella sua lettera, che ognuno di noi è Tempio dello Spirito perche Cristo è entrato in noi e vive e condivide con noi ogni momento della vita. Invece siamo capaci di spellarci le spalle per portare una statua di gesso in processione, oppure siamo disposti ad aggredire il prossimo che si permette di staccare un crocifisso dalla parete però siamo spesso indifferenti e refrattari nei confronti del nostro prossimo , che può essere chiunque e che ha bisogno di aiuto perchè soffre nel corpo e nell’animo. Spesso si preferisce onorare i precetti e le regole religiose piuttosto che sporcarsi le mani e rimettersi in discussione , alla Luce della Parola. Nelle nostre Chiese , troppo spesso l’immagine che più è presente è quella di Cristo crocifisso. Ci dimentichiamo che Lui è Risorto e Vive in noi e con noi in ogni istante della nostra vita. Visto che abbiamo bisogno anche di immagini, mettiamo più statue di Cristo risorto, chissà se riusciranno a caambiare il nostro atteeggiamento tiepido e vomitevole. Buona Domenica

  2. lina ha detto:

    I profeti sono al servizio della Libertà, perchè hanno compreso che Dio è Verità. Anche Gesù insegna “se rimanete fedeli alla mia parola sarete miei discepoli, conoscerete la Verità, e la Verità vi farà liberi”. Forse per comprendere la Verità bisogna avere il coraggio di rinnegare se stessi per lasciarsi afferrare da Dio, come dei bambini che fiduciosi si abbandonano nelle braccia della madre. Non penso di rincorrere un’utopia, sento invece che questa è l’unica via percorribile per la salvezza dell’umanità sia in questo mondo che nell’altro.

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