Mario Delpini a Palazzo Marino: un discorso del tutto superficiale sul bene comune

 
di don Giorgio De Capitani
L’insulsaggine di questo vescovo, incollato da più di un anno sulla cattedra di Sant’Ambrogio, è oramai del tutto insopportabile.
Siamo al ridicolo.
Un altro, al suo posto, avrebbe dato da tempo le dimissioni, o forse non avrebbe mai accettato un incarico, di cui non solo si sentiva indegno, ma inadeguato a portare il peso di una responsabilità che richiede intelligenza, sapienza, grande apertura mentale.
Lui no, non dà le dimissioni, neppure ci pensa.
“Dio mi ha dato questo onore: guai a chi me lo tocca!”.
Lui continua imperterrito a guidare la diocesi milanese, come fosse andare in bicicletta al mercato rionale.
Ci troviamo di fronte a uno di quei casi che definirei patologici, dove in gioco c’è qualche problema di equilibrio.
Quando ha un minimo dubbio, si guarda allo specchio, si ammira compiaciuto, ed esclama “Vedrai, Mariolino! Passerai alla storia!”.
Ed ecco una grande occasione per passare alla storia: l’invito del sindaco Giuseppe Sala a partecipare ad un Consiglio Comunale, presso Palazzo Marino.
In realtà, si era fatto invitare, e il sindaco l’ha accontentato.
Mario Delpini l’ha ritenuto un onore, quasi una promozione per il suo impegno civico.
Ma quale impegno civico?
Ha tenuto un discorso (che potete poi leggere), lungo a sufficienza per dare l’impressione di essere solenne e magistrale, in un linguaggio complesso e ambiguo da sembrare di voler accontentare ogni membro dell’assemblea consiliare, fintamente attenta e ben poca interessata.
Il vescovo voleva con questo discorso lasciare un segno anche ai posteri, come una strada da percorrere per i successori sulla cattedra di Sant’Ambrogio.
In realtà, che cosa ha detto di interessante Mario Delpini davanti al sindaco e ai consiglieri di Milano?
Nulla, o quasi nulla.
Avesse almeno detto nulla, sarebbe stata una buona notizia.
Il “quasi” nulla fa un po’ pensare, visto che, oltre alla nullità, vi è quella specie di presunzione di dire qualcosa di importante o di indicare una strada originale.
Nulla, o quasi, dunque, tra parole di cui si capisce solo che forse sarebbe stato più saggio presenziare, ascoltando attentamente il sindaco e anche qualche consigliere.
Mario Delpini è andato da maestro, quando sarebbe stato meglio andarci da scolaro, visto che da maestro aveva poco da dire, mentre da scolaro aveva tanto da imparare.
È del resto il solito atteggiamento di una Chiesa che non smette mai di dettare regole a tutti, anche alla società civile, dimenticando che, ogni volta che l’ha fatto, non ha fatto altro che procurare guai incalcolabili.
No, non mi aspettavo che Mario Delpini tenesse un discorso diverso da quello che ha tenuto. Ma posso dire ciò che avrei detto, al posto di Delpini, che non avrebbe mai potuto dire, visto che nelle sue omelie o nei suoi interventi o nei suoi documenti mai accenna alla realtà interiore dell’essere.
Parlare dell’essere non credo che sia fuori posto in un Consiglio comunale, davanti ad amministratori che tutti i giorni hanno un mucchio di cose da fare, ma che forse non hanno il tempo per far funzionare la mente, in vista di quella realtà che è l’essenza del vero bene comune.
D’altronde, come si può pretendere che si parli di quella realtà interiore dell’essere umano, quando la Chiesa stessa lo ha dimenticato, dopo averla uccisa condannando la Mistica medievale?
Ma è qui, nel cuore dell’essere umano che bisogna entrare, ed è da qui che bisogna partire per un impegno tremendamente serio nella società civile.
La politica dell’essere precede quella del fare.
Quello tenuto da Mario Delpini è stato il solito discorso superficiale che tocca la realtà del bene comune nei suoi aspetti più esteriori.
Certo, Mario Delpini passerà alla storia per essere andato (è stato il primo) a Palazzo Marino per tenere un discorso inutile e banale.
***
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3 Commenti

  1. FRANCO ha detto:

    scrive lui queste cose o c’e’ lo “scrittore fantasma” che prepara i suoi interventi?

  2. luigi ha detto:

    Chiedere ad un vescovo che è abituato a camminare in superficie di scalare le montagne e scendere nelle profondità dei mari è inutile. Capisco la speranza di chi spera che si faccia da parte. E’ più facile che si faccia a parte una persona di valore che una mediocre. Delpini non è Ratzinger. C’è un frase di Ratzinger emblematica. Una bambina giapponese gli ha chiesto conto del terremoto: “Perchè i bambini devono avere tanta tristezza?”. Ha risposto in veste di papa Benedetto: “Non abbiamo le risposte. Però un giorno potremo capire tutto.” Cosa avrebbe risposto Delpini? Per Bob Dylan “la risposta soffia nel vento” nella traduzione letterale non “la risposta non c’è” di Mogol. Per me “la risposta è dentro di me”. C’è dentro di me come una vocina che mi dice: “Luigi, va verso te stesso”.

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