In Siria 4 milioni di bambini non hanno visto altro che la guerra

da La Stampa
11/03/2019

In Siria 4 milioni di bambini

non hanno visto altro che la guerra

Oggi Save the Children presenta il rapporto: “Un domani migliore: la voce dei bambini siriani”
FRANCESCA PACI
ROMA
Con quella che comincia domani a Bruxelles saranno tre le Conferenze dei Donatori che dal 2017 cercano di tamponare il disastro umanitario siriano. Le ambizioni, come sempre, sono altisonanti, ma a 8 anni dall’inizio della pacifica rivolta contro il regime di Damasco degenerata poi in un sanguinario conflitto civile a uso e consumo delle tensioni geopolitiche regionali, il ritorno alla normalità per la popolazione rifugiata o sfollata resta una chimera. Il regime alawita, sponsorizzato da Russia e Iran, ha vinto ormai la guerra ma pochi credano che riuscirà a vincere la pace in un Paese devastato, spossato e diviso, dove molti cominciano a rientrare ma ci sono anche i 28 siriani che si sono rivolti alla Corte Penale Internazionale dell’Aia per far incriminare e processare Bashar al Assad.
E poi, occhi che guardano muti, i bambini: quelli che commuovono facilmente l’opinione pubblica ma altrettanto facilmente vengono strumentalizzati da una parte e dall’altra per poi di fatto essere dimenticati. La realtà fotografa una generazione perduta, 4 milioni di piccoli non hanno visto altro che devastazione e morte da quando sono nati, uno su tre non conosce la scuola e uno su due dipende interamente dagli aiuti umanitari. Due anni fa la prima Conferenza dei donatori raccolse 6 miliardi di dollari per porre un argine al disastro, poco e tardi: almeno 2,5 milioni di bambini sono sfollati all’interno della Siria e non sognano neppure la possibilità di tornare a casa.
Save the Children, una delle organizzazioni non governative che non hanno mai abbandonato il terreno di lavoro, neppure quando l’avanzata dello Stato Islamico oggi sconfitto associata alla cattiva coscienza occidentale rendeva la Siria una causa persa e poco appassionante, continua a raccogliere voci e storie. L’ultimo rapporto, che s’intitola “Un domani migliore: la voce dei bambini siriani” e sarà presentato stamattina, racconta il deserto umano del nord del Paese, dove oltre il 30% dei minori soffre di gravi stati di angoscia e ansia. È la regione dei governatorati di Aleppo, dell’ex capitale del Califfato Raqqa, di Idlib, estrema roccaforte degli irriducibili di al Baghdadi ma anche discarica esistenziale dei figli dell’Isis, i più reietti tra i reietti. È una zona ristretta dove vive però più della metà dei bambini siriani in condizioni precarie. Le parole dei protagonisti trafiggono chi ascolta, gonfie di vuoto come la pancia degli affamati ma non disperate, il 70% degli intervistati desidera passare il tempo con gli amici, l’86% vorrebbe andare bene a scuola, il 98% sogna l’armonia in famiglia mentre la quasi totalità (98%) vorrebbe vivere in un contesto di pace.
I bambini guardano avanti, si dirà che è banale ma troppo spesso quel che suona banale viene ignorato con la scusa che tanto non stupisce nessuno. Il risultato è l’afasia. In Siria invece c’è Lina, 13 anni, sopravvissuta all’assedio nel Ghouta orientale e rifugiata a Idlib che dopo aver sepolto i genitori voleva solo sparire, «ho sperato di morire anch’io, ma Dio aveva altri piani. Ora voglio che la guerra finisca per poter tornare dove vivevo e ricostruire il mio Paese». C’è Sara, 14 anni, ferita durante un raid aereo a Deir Ezzor e ora sfollata in un campo profughi («La mia vita e la guerra sono una cosa sola. Anche qui, il rumore di un aereo in cielo mi fa subito paura. Vorrei dire a tutti i bambini del mondo di non allontanarsi mai troppo dalla loro famiglia e di non giocare con oggetti pericolosi».). Ci sono quelli che per aiutare la famiglia sono costretti a sposarsi precocemente (il 65% delle bambine denuncia i matrimoni precoci). Ci sono piccoli depressi, malnutriti, senza sorriso.
«Chiediamo ai leader che si incontreranno a Bruxelles di ascoltare la voce dei bambini siriani, perché anche se hanno attraversato otto anni di guerra e violenze sono ancora fiduciosi di poter costruire un futuro migliore» insiste il portavoce di Save the Children Filippo Ungaro che oggi domanderà ai delegati dei Donatori di impegnarsi pubblicamente per sollevare la condizione dei bambini. Oltre uno su due dei piccoli invisibili che commuovono su larga scala giusto il tempo di incarnare il corpicino abbandonato di Aylan Kurdi confida che la comunità internazionale possa far loro scudo.

 

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