Don Primo Mazzolari: il parroco dei lontani… ancora lontani

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Il 12 aprile del 1959, quindi 55 anni fa, moriva don Primo Mazzolari, a Bozzolo, dove era parroco. Cremonese di nascita (era nato il 13 gennaio 1890, a Santa Maria del Boschetto, frazione di Cremona), si distinse subito per le sue visuali per una Chiesa più aperta alla modernità, per il suo patriottismo di ispirazione risorgimentale e democratica e per la libertà di coscienza.
Ebbe il coraggio e la saggezza di rivedere certe sue posizioni, ad esempio nei confronti della guerra: all’inizio fu favorevole all’intervento dell’Italia nella prima guerra mondiale, tanto è vero che si era arruolato come volontario, divenendo poi cappellano militare; in seguito, fu uno dei più tenaci difensori della pace, scrivendo nel 1955 un libro: “Tu non uccidere”, in cui stigmatizzava duramente anche il concetto di guerra giusta e l’ideologia della vittoria.
Fu parroco prima a Cicognara (dal 1922 al 1932), e poi a Bozzolo, dove rimase fino alla sua morte. Tuttavia non si limitò a svolgere le sue mansioni pastorali, rimanendo chiuso in un piccolo paese. Sentì forte l’ansia dei lontani dalla Chiesa e cercò sempre di dialogare con loro: per questo venne chiamato il “parroco dei lontani”.
Combatté l’ideologia fascista. Nel 1925 fu denunciato dai fascisti per essersi rifiutato di cantare in chiesa il Te Deum di ringraziamento dopo il fallito attentato a Mussolini ad opera di Tito Zaniboni. Dopo l’8 settembre 1943, partecipò attivamente alla lotta di liberazione, incoraggiando i giovani a partecipare, e venne arrestato e rilasciato. Fu costretto a vivere in clandestinità fino al 25 aprile 1945, per timore dei fascisti. Dopo la guerra, l’Anpi di Cremona gli riconobbe la qualifica di partigiano.
Anche con le istituzioni ecclesiastiche i suoi rapporti non furono buoni. Alcuni suoi scritti vennero censurati, e don Primo venne più volte sottoposto a punizioni canoniche, tra cui anche la “sospensione a divinis” per un certo periodo, pur limitato. Il suo libro che fece più scalpore fu il commento alla parabola del figliol prodigo: “La più bella avventura”, dove il prete mantovano aveva identificato nella chiusura del figlio maggiore l’atteggiamento della Chiesa nei riguardi dei lontani.
È solo verso la fine degli anni cinquanta, negli ultimi mesi di vita, che don Primo Mazzolari cominciò a ricevere le prime attestazioni di stima da parte delle alte gerarchie ecclesiastiche. Nel novembre del 1957 l’arcivescovo di Milano Montini, futuro Papa Paolo VI, lo chiamò a predicare presso la propria diocesi (fu proprio Paolo Vi che disse: «Lui aveva il passo troppo lungo e noi si stentava a tenergli dietro. Così ha sofferto lui e abbiamo sofferto anche noi. Questo è il destino dei profeti»). Nel febbraio del 1959 Papa Giovanni XXIII lo riceve in udienza privata e lo saluta pubblicamente “Tromba dello Spirito Santo in terra mantovana”.
Vi invito a entrare nel sito Il dialogo- Periodico di Monteforte Iripino, dove potrete trovare una selezione degli scritti di don Primo Mazzolari.
In occasione della Pasqua, vi invito a leggere e a sentire dalla sua viva voce l’omelia tenuta da don Primo nella Messa “In Coena Domini” del Giovedì Santo 1958.

Nostro fratello Giuda

 Registrazione effettuata a Bozzolo – Giovedì Santo 1958
 di Don Primo Mazzolari
Miei cari fratelli, è proprio una scena d’agonia e di cenacolo. Fuori c’è tanto buio e piove. Nella nostra Chiesa, che è diventata il Cenacolo, non piove, non c’è buio, ma c’è una solitudine di cuori di cui forse il Signore porta il peso. C’è un nome, che torna tanto nella preghiera della Messa che sto celebrando in commemorazione del Cenacolo del Signore, un nome che fa’ spavento, il nome di Giuda, il Traditore. Un gruppo di vostri bambini rappresenta gli Apostoli; sono dodici. Quelli sono tutti innocenti, tutti buoni, non hanno ancora imparato a tradire e Dio voglia che non soltanto loro, ma che tutti i nostri figlioli non imparino a tradire il Signore. Chi tradisce il Signore, tradisce la propria anima, tradisce i fratelli, la propria coscienza, il proprio dovere e diventa un infelice. Io mi dimentico per un momento del Signore o meglio il Signore è presente nel riflesso del dolore di questo tradimento, che deve aver dato al cuore del Signore una sofferenza sconfinata. Povero Giuda. Che cosa gli sia passato nell’anima io non lo so. E’ uno dei personaggi più misteriosi che noi troviamo nella Passione del Signore. Non cercherò neanche di spiegarvelo, mi accontento di domandarvi un po’ di pietà per il nostro povero fratello Giuda. Non vergognatevi di assumere questa fratellanza. Io non me ne vergogno, perché so quante volte ho tradito il Signore; e credo che nessuno di voi debba vergognarsi di lui. E chiamandolo fratello, noi siamo nel linguaggio del Signore. Quando ha ricevuto il bacio del tradimento, nel Getsemani, il Signore gli ha risposto con quelle parole che non dobbiamo dimenticare: “Amico, con un bacio tradisci il Figlio dell’uomo!” Amico! Questa parola che vi dice l’infinita tenerezza della carità del Signore, vi fa’ anche capire perché io l’ho chiamato in questo momento fratello. Aveva detto nel Cenacolo non vi chiamerò servi ma amici. Gli Apostoli son diventati gli amici del Signore: buoni o no, generosi o no, fedeli o no, rimangono sempre gli amici. Noi possiamo tradire l’amicizia del Cristo, Cristo non tradisce mai noi, i suoi amici; anche quando non lo meritiamo, anche quando ci rivoltiamo contro di Lui, anche quando lo neghiamo, davanti ai suoi occhi e al suo cuore, noi siamo sempre gli amici del Signore. Giuda è un amico del Signore anche nel momento in cui, baciandolo, consumava il tradimento del Maestro. Vi ho domandato: come mai un apostolo del Signore è finito come traditore? Conoscete voi, o miei cari fratelli, il mistero del male? Sapete dirmi come noi siamo diventati cattivi? Ricordatevi che nessuno di noi in un certo momento non ha scoperto dentro di sé il male. L’abbiamo visto crescere il male, non sappiamo neanche perché ci siamo abbandonati al male, perché siamo diventati dei bestemmiatori, dei negatori. Non sappiamo neanche perché abbiamo voltato le spalle a Cristo e alla Chiesa. Ad un certo momento ecco, è venuto fuori il male, di dove è venuto fuori? Chi ce l’ha insegnato? Chi ci ha corrotto? Chi ci ha tolto l’innocenza? Chi ci ha tolto la fede? Chi ci ha tolto la capacità di credere nel bene, di amare il bene, di accettare il dovere, di affrontare la vita come una missione. Vedete, Giuda, fratello nostro! Fratello in questa comune miseria e in questa sorpresa! Qualcheduno però, deve avere aiutato Giuda a diventare il Traditore. C’è una parola nel Vangelo, che non spiega il mistero del male di Giuda, ma che ce lo mette davanti in un modo impressionante: “Satana lo ha occupato”. Ha preso possesso di lui, qualcheduno deve avervelo introdotto. Quanta gente ha il mestiere di Satana: distruggere l’opera di Dio, desolare le coscienze, spargere il dubbio, insinuare l’incredulità, togliere la fiducia in Dio, cancellare il Dio dai cuori di tante creature. Questa è l’opera del male, è l’opera di Satana. Ha agito in Giuda e può agire anche dentro di noi se non stiamo attenti. Per questo il Signore aveva detto ai suoi Apostoli là nell’ orto degli ulivi, quando se li era chiamati vicini: “State svegli e pregate per non entrare in tentazione”. E la tentazione è incominciata col denaro. Le mani che contano il denaro. Che cosa mi date? Che io ve lo metto nelle mani? E gli contarono trenta denari. Ma glieli hanno contati dopo che il Cristo era già stato arrestato e portato davanti al tribunale. Vedete il baratto! L’amico, il maestro, colui che l’aveva scelto, che ne aveva fatto un Apostolo, colui che ci ha fatto un figliolo di Dio; che ci ha dato la dignità, la libertà, la grandezza dei figli di Dio. Ecco! Baratto! Trenta denari! Il piccolo guadagno. Vale poco una coscienza, o miei cari fratelli, trenta denari. E qualche volta anche ci vendiamo per meno di trenta denari. Ecco i nostri guadagni, per cui voi sentite catalogare Giuda come un pessimo affarista. C’è qualcheduno che crede di aver fatto un affare vendendo Cristo, rinnegando Cristo, mettendosi dalla parte dei nemici. Crede di aver guadagnato il posto, un po’ di lavoro, una certa stima, una certa considerazione, tra certi amici i quali godono di poter portare via il meglio che c’è nell’anima e nella coscienza di qualche loro compagno. Ecco vedete il guadagno? Trenta denari! Che cosa diventano questi trenta denari? Ad un certo momento voi vedete un uomo, Giuda, siamo nella giornata di domani, quando il Cristo sta per essere condannato a morte. Forse Lui non aveva immaginato che il suo tradimento arrivasse tanto lontano. Quando ha sentito il crucifigge, quando l’ha visto percosso a morte nell’atrio di Pilato, il traditore trova un gesto, un grande gesto. Va’ dov’erano ancora radunati i capi del popolo, quelli che l’avevano comperato, quella da cui si era lasciato comperare. Ha in mano la borsa, prende i trenta denari, glieli butta, prendete, è il prezzo del sangue del Giusto. Una rivelazione di fede, aveva misurato la gravità del suo misfatto. Non contavano più questi denari. Aveva fatto tanti calcoli, su questi denari. Il denaro. Trenta denari. Che cosa importa della coscienza, che cosa importa essere cristiani? Che cosa ci importa di Dio? Dio non lo si vede, Dio non ci da’ da mangiare, Dio non ci fa’ divertire, Dio non da’ la ragione della nostra vita. I trenta denari. E non abbiamo la forza di tenerli nelle mani. E se ne vanno. Perché dove la coscienza non è tranquilla anche il denaro diventa un tormento. C’è un gesto, un gesto che denota una grandezza umana. Glieli butta là. Credete voi che quella gente capisca qualche cosa? Li raccoglie e dice: “Poiché hanno del sangue, li mettiamo in disparte. Compereremo un po’ di terra e ne faremo un cimitero per i forestieri che muoiono durante la Pasqua e le altre feste grandi del nostro popolo”. Così la scena si cambia, domani sera qui, quando si scoprirà la croce, voi vedrete che ci sono due patiboli, c’è la croce di cristo; c’è un albero, dove il traditore si è impiccato. Povero Giuda. Povero fratello nostro. Il più grande dei peccati, non è quello di vendere il Cristo; è quello di disperare. Anche Pietro aveva negato il Maestro; e poi lo ha guardato e si è messo a piangere e il Signore lo ha ricollocato al suo posto: il suo vicario. Tutti gli Apostoli hanno abbandonato il Signore e son tornati, e il Cristo ha perdonato loro e li ha ripresi con la stessa fiducia. Credete voi che non ci sarebbe stato posto anche per Giuda se avesse voluto, se si fosse portato ai piedi del calvario, se lo avesse guardato almeno a un angolo o a una svolta della strada della Via Crucis: la salvezza sarebbe arrivata anche per lui. Povero Giuda. Una croce e un albero di un impiccato. Dei chiodi e una corda. Provate a confrontare queste due fini. Voi mi direte: “Muore l’uno e muore l’altro”. Io però vorrei domandarvi qual è la morte che voi eleggete, sulla croce come il Cristo, nella speranza del Cristo, o impiccati, disperati, senza niente davanti. Perdonatemi se questa sera che avrebbe dovuto essere di intimità, io vi ho portato delle considerazioni così dolorose, ma io voglio bene anche a Giuda, è mio fratello Giuda. Pregherò per lui anche questa sera, perché io non giudico, io non condanno; dovrei giudicare me, dovrei condannare me. Io non posso non pensare che anche per Giuda la misericordia di Dio, questo abbraccio di carità, quella parola amico, che gli ha detto il Signore mentre lui lo baciava per tradirlo, io non posso pensare che questa parola non abbia fatto strada nel suo povero cuore. E forse l’ultimo momento, ricordando quella parola e l’accettazione del bacio, anche Giuda avrà sentito che il Signore gli voleva ancora bene e lo riceveva tra i suoi di là. Forse il primo apostolo che è entrato insieme ai due ladroni. Un corteo che certamente pare che non faccia onore al figliolo di Dio, come qualcheduno lo concepisce, ma che è una grandezza della sua misericordia. E adesso, che prima di riprendere la Messa, ripeterò il gesto di Cristo nell’ ultima cena, lavando i nostri bambini che rappresentano gli Apostoli del Signore in mezzo a noi, baciando quei piedini innocenti, lasciate che io pensi per un momento al Giuda che ho dentro di me, al Giuda che forse anche voi avete dentro. E lasciate che io domandi a Gesù, a Gesù che è in agonia, a Gesù che ci accetta come siamo, lasciate che io gli domandi, come grazia pasquale, di chiamarmi amico. La Pasqua è questa parola detta ad un povero Giuda come me, detta a dei poveri Giuda come voi. Questa è la gioia: che Cristo ci ama, che Cristo ci perdona, che Cristo non vuole che noi ci disperiamo. Anche quando noi ci rivolteremo tutti i momenti contro di Lui, anche quando lo bestemmieremo, anche quando rifiuteremo il Sacerdote all’ ultimo momento della nostra vita, ricordatevi che per Lui noi saremo sempre gli amici.

5 Commenti

  1. trevize ha detto:

    Dal film “revolver” (2005):

    Sa cosa ha di elegante questo gioco? Nessuno sa dov’è il nemico. Non sanno nemmeno che esiste. Si annida dentro tutte le loro teste. E si fidano di lui. Pensando di essere lui. Se prova a distruggere lui per salvare loro, loro distruggeranno lei per salvare lui. Ah, è bellissimo amico. Bisogna ammirare anche l’eleganza dell’avversario.

  2. Giuseppe ha detto:

    Il concetto espresso con tanto amore da don Primo, l’avevo già trovato nel romanzo “La Gloria” di Giuseppe Berto. Che ci presenta un Giuda talmente convinto della missione messianica di Gesù, da accettare ubbidiente il suo ruolo di traditore, fondamentale perché si possa compiere nella sua interezza il sacrificio del figlio di Dio, e si realizzi la salvezza dell’umanità, cioè la sua “Gloria”.
    P.S. Anche Mario Pomilio nella sua opera “Il quinto Evangelio” ipotizza una redenzione finale di Giuda, affinché tutti vengano perdonati realizzando in pieno il piano di salvezza divino.

  3. GIANNI ha detto:

    Interessante il richiamo a Giuda ed al problema del male.
    Don Mazzolari,sacerdote considerato precursore dei tempi, di certe posizioni sviluppatesi poi nella dottrina cattolica, affronta il tema del male anche in termini espressamente metafisici, ricorrendo alla sua personificazione per eccellenza.
    Tale circostanza mi induce a riflettere su taluni elementi comuni alle diverse posizioni, presenti nel cattolicesimo, ed indubbiamente uno di questi risulta essere, anche per sacerdoti come dire…modernisti, il tema del male inteso non solo in termini umani, ma nella sua origine metafisica e nelle sue estrinsecazioni terrene.
    Forse, anche per questo viene sottolineato l’infinito amore di Cristo verso tutti, compresi i traditori, probabilmente proprio perché Cristo conosce l’origine prima del male e sa quanto sia difficile resistervi.

  4. davide ha detto:

    Grazie Don per il continuo ricordo di questo grande prete, questa omelia la leggo e rileggo tutti i giovedi di Pasqua e’ un grande aiuto a capire.

  5. don ha detto:

    grazie ottimo insegnamente che sarà per me utile anche in questa Settimana Santa 2014

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