Teppismo o insignificanza genitoriale

napoli violenta

di don Giorgio De Capitani
Quello che sta succedendo in questi giorni nel rione Traiano di Napoli è semplicemente scandaloso, per non dire criminale. Sì, criminale: lo Stato diventa l’oppressore e il teppismo l’innocente vittima. Siamo alla follia!
Ha ragione don Aniello Manganiello, altro prete del sud che basterebbe da solo a smerdare il perbenismo dei preti del nord, quando confessa che Napoli scende in piazza solo per mettere sotto assedio gli organi statali, mentre si nasconde dietro l’omertà quando la camorra uccide gli innocenti. È proprio così!
Quando viene ucciso un teppistello, e può capitare in una zona calda – un  rischio che fa parte della lotta alla violenza in un ambiente altamente omertoso – allora vedi in prima linea le mamme scatenarsi contro le forze dell’ordine, allora la peggio gioventù scende in piazza e distrugge tutto ciò che è legale. Ma questo non succede, quando la camorra fa il bello o il brutto tempo che vuole. Non parliamo poi dell’assenza di un lavoro di prevenzione, di un serio impegno educativo per far sì che i piccoli non entrino già nel giro della disonestà sociale. Qui sta la scommessa del domani di Napoli, e di altre città simili. Mi sta bene l’opera di don Ciotti, ma occorre che le azioni siano accompagnate da un’opera fortemente culturale. Come cambiare la mentalità di una città che ha perso la gerarchia dei valori?
E smettiamola di dire che Napoli non è tutta così, che Napoli è una città meravigliosa, che Napoli è cordiale ecc. ecc., giustificando poi quella parte malsana dove prospera l’impero del male. Certo, non c’è solo Napoli.
Ci sono anche le città del nord, dove, se per fortuna c’è ancora (fino a quando?) un maggior senso dello Stato, assistiamo impotenti e rassegnati al rilassamento educativo inarrestabile. Lo si nota anche nei nostri piccoli paesi. Le mamme (sempre le mamme!) difendono i figli per partito preso, anche quando hanno torto marcio. Prendono un brutto voto a scuola? Colpa dell’insegnante! Succede qualche atto teppistico in oratorio? Colpa del prete! I figli hanno sempre ragione! D’altronde, se i figli avessero torto, i genitori si sentirebbero messi sotto accusa.
Questi genitori super-protettivi che tengono i figli nella bambagia, fa niente se poi, fuori casa, ne combinano di tutti i colori. Fuori, figli di nessuno, in giro a zonzo, bighelloni, fannulloni, teppistelli, insulsi e senza meta, vuoti dentro, annoiati. E in casa? Amorucci di mamma e papà, tesorini strappa baci, poverini quanto siete bravi, coccolati e super-viziati, non fa niente se sono bocciati perché svogliati, un regalino non fa mai male, un incitamento perché non si ribellino.
Napoli violenta che difende i teppistelli, per non dire peggio. E che dire delle nostre perbeniste famiglie del nord, dove i figli crescono coglioni, già avviati sulla strada dell’insignificanza, molli come fichi flaccidi, protetti dalla coglioneria di genitori che stravedono per i loro tesorucci, e che poi piangono lacrime amare quando un figlio resta secco, vittima “naturalmente” di una società “balorda”. E quale sarebbe la società “sana” per questi genitori che hanno generato figli solo perché si sono dimenticati del preservativo? Ma il preservativo ce l’avevano, e ce l’hanno ancora, sul cervello!
Sì, urge fare opera culturale ed educativa, opera di prevenzione, sia civile che semplicemente umana, a iniziare dai nostri oratori, che devono cessare di essere solo parcheggi selvaggi, ambienti di comodo, confortevoli al massimo, super-sofisticati, dove non si distingue più il valore dal disvalore, dove anzi è lecito fare ogni cazzata, dove il libertinaggio è tollerato. Ma non è più accettabile il concetto che l’oratorio sia l’ambiente del minor male, dove a partire dai genitori viene ostacolato ogni sforzo in più per proporre un passo diverso. E se lo fai, sapete che cosa succede? Sempre le mamme, sempre loro, reagiscono male, si oppongono, arrivano a mandar via il prete o la suora.
E poi ci scandalizziamo se a Napoli il teppismo ha sempre ragione?
dA LA STAMPA

Ragazzo ucciso a Napoli, allarme di don Aniello:

“In piazza contro lo Stato, mai contro la Camorra”

Una città costretta a sopravvivere. E le opinioni si dividono
GUIDO RUOTOLO
NAPOLI
Una città spaccata in due. Fisicamente. Per una protesta per il lavoro. Via Marina da una parte, via Chiatamone dall’altra. E poi transenne, Palazzo Reale avvolto da tubi innocenti. Crolli, buche, cornicioni a terra. E don Aniello Manganiello, prete di frontiera, che si scaglia contro la città: «Perché nessuno è sceso in piazza a danneggiare le macchine dei camorristi che ammazzano napoletani innocenti?».
Napoli noir. Un senso di morte. Morte civile e vite spezzate. Paura forse? «Probabilmente – risponde don Aniello – non ci sono cittadini che collaborano per individuare i sicari di omicidi mirati ma alle tre di notte spuntano a rione Traiano diversi testimoni. Attenzione a non insabbiare le prove, a inquinare l’accertamento dei fatti. Napoli sta perdendo inesorabilmente la percezione della legalità».
Napoli che protesta, che chiede giustizia e verità sulla morte di Davide. Che bella immagine ieri pomeriggio. Scende in piazza il comandante provinciale dei Carabinieri, Marco Minicucci, che, in divisa, si toglie il cappello esprimendo dolore e vicinanza per la morte del ragazzo ai giovani che sono arrivati in corteo a piazza Salvo D’Acquisto.
Chissà che questo gesto serva a siglare un armistizio. E poi armistizio tra chi? «Un conto è pretendere dalle forze di polizia che hanno il monopolio della violenza legittima un assoluto autocontrollo, e dunque è giusto criticare lo Stato quando viene perso l’autocontrollo. Un altro è assumere come bersaglio lo Stato e le sue articolazioni. Sento uno smottamento, uno scivolamento verso un crinale eversivo».
Il filosofo Roberto Esposito, coscienza critica di questa città alla deriva, non risparmia immagini forti, commentando quello che sta accadendo a rione Traiano e più in generale in città, dopo la morte del giovane Davide Bifolco: «Questa protesta che monta e sulla quale soffia un certo garantismo – insiste – rischia di essere strumentalizzata dai fiancheggiatori dei poteri criminali. La spirale che si è innestata è senza via d’uscita. Napoli non può più tollerare la contaminazione della violenza».
C’è chi parla di «guerra» in atto, come Paolo Siani, il fratello del giornalista Giancarlo, ucciso dalla camorra nella metà degli anni ’80. «A Napoli ci sono almeno cento famiglie che piangono i loro cari vittime innocenti degli errori sanguinari della camorra».
Una camorra che ha cambiato pelle, in questi anni. I boss in carcere, i pentiti e i morti ammazzati hanno impresso un formidabile turn over, uno svecchiamento generazionale, culturale. «Non parlerei di città in guerra – dice Filippo Beatrice, procuratore aggiunto del pool dell’antimafia che ha competenza su Napoli – ma quello che fa la differenza tra Napoli e le altre città è l’alto tasso di violenza. Sì, Napoli è una città violenta. Le famiglie esistono ancora. Le redini dei clan le hanno ormai saldamente in mano le ultime generazioni, i giovani ventenni violenti».
In una sintesi felice, la cantante Pietra Montecorvino paragona Napoli a una «città eccessiva».
Dichiara in premessa la sua indulgenza per Napoli, lo scrittore Raffaele La Capria: «Sono molto indulgente perché gli altri sono molto severi». Il suo è un atto d’amore per la sua città: «Napoli dovrebbe ricevere il Premio Nobel per la sopravvivenza. Si arrangia con grande intelligenza e umanità. È una città vivace, cordiale, amabile, gentile. Quello che è accaduto a rione Traiano è una reazione impropria che non sorprende. È l’antica legge che vuole lo Stato oppressore e il camorrista difensore. Le reazioni alla morte del ragazzo hanno spiegazioni lontane e complicate. Napoli è un po’ abbandonata a se stessa, alle proprie pulsioni. Città esclusa che si sente abbandonata. È sconfortante anche azzupparci il pane per aumentare la desolazione di Napoli».
Sparatorie, agguati. La camorra di oggi ha venature di nuovo gangsterismo metropolitano, ben diverso dalle band metropolitane etniche americane. «Qui la cultura mafiosa è talmente radicata – dice il procuratore aggiunto Beatrice – che non è più sufficiente l’azione di contrasto. C’è bisogno di una formazione della città partendo dalle fondamenta, dalla scuola».
Napoli è un po’ un serpente che si morde la coda. C’è sempre un sussulto delle coscienze. Buoni sentimenti, grande umanità, voglia di riscatto. Ma poi si torna al punto di partenza. Perché Napoli non si ribella alla violenza della camorra?
da Lettera43.it

Omicidio Bifolco,

la camorra dietro le manifestazioni

Meno controlli più droga. Più droga più soldi. Perché i clan fomentano l’odio per le divise dopo l’uccisione del 17enne.
di Simone Di Meo
Meno controlli delle forze dell’ordine uguale più droga. Più droga uguale più soldi. L’equazione dell’orrore è disarmante nella sua semplicità.
LA STRATEGIA DELLA TENSIONE. Le ultime proteste di piazza per l’uccisione, a opera di un carabiniere, del 17enne Davide Bifolco nel rione Traiano a Napoli farebbero parte di una «strategia della tensione» alimentata dalla camorra. Lo dice un appunto riservato del nucleo informativo del Comando provinciale dell’Arma finito, da qualche giorno, sulla scrivania del prefetto di Napoli.
Lo scenario è chiaro, e se n’è anche discusso in Comune nel corso di una riunione tecnica di coordinamento sull’ordine pubblico. Che cosa sta succedendo in città?
A Traiano la regia del clan Puccinelli
Nel rione Traiano, oggi comanda il clan Puccinelli dopo un periodo di faide e inchieste che lo avevano quasi raso al suolo a metà degli Anni 2000. La cosca gestisce in regime di monopolio il traffico di stupefacenti nei quartieri di Soccavo, Fuorigrotta e Pianura trattando, soprattuto, cocaina e hashish.
LA STRUMENTALIZZAZIONE DELLA RABBIA. I «servizi segreti» dei carabinieri sono convinti che l’attacco frontale alle istituzioni parta proprio dalla necessità di tenere lontane le forze dell’ordine dal territorio. Come? Sfruttando il sentimento e l’emozione del momento per la tragica morte di un ragazzo per delegittimare e rendere impraticabile il controllo da parte dello Stato.
Da almeno quattro giorni, infatti, il rione Traiano è un bunker dove gazzelle e volanti hanno rinunciato a passare. Inaccessibile per le divise, ma presidiato giorno e notte dalle sentinelle del clan che sorvegliano il flusso di tossici che acquistano le dosi negli scantinati riempiendo di bigliettoni i forzieri dell’organizzazione.
L’appunto del nucleo informativo dell’Arma si sovrappone, nelle conclusioni, all’attività di intelligence che la Digos partenopea sta conducendo in parallelo sui disordini nell’area nord-occidentale del capoluogo.
IN CORTEO AFFILIATI AL CLAN. Anche gli 007 della Questura, infatti, sono al lavoro per identificare l’habitat in cui è nata la ribellione dei residenti che hanno inscenato sit-in e blocchi stradali contro lo «Stato che non protegge, ma ci uccide». Alcuni dei partecipanti sono stati riconosciuti dagli inquirenti come soggetti appartenenti alle fazioni criminali locali.
Uno spunto investigativo – frutto, con tutta probabilità, di colloqui dei militari con informatori e doppiogiochisti del clan – che potrebbe trasformarsi in un’attività d’indagine vera e propria se l’escalation di intolleranza e di aggressività, nei confronti dell’Arma, diventasse ancor più evidente.
Giovedì, 11 Settembre 2014

 

13 Commenti

  1. GIANNI ha detto:

    Credo che serva una certa consapevolezza di situazioni e persone, per comprendere appieno.
    A Napoli si ritiene che parte significativa della popolazione non accetti la legge.
    In realtà non è così.
    Sin dalla antichità, le prime organizzazioni mafiose pretendevano di essere loro lo stato, uno stato feudale, in cui veniva imposta la loro legge, ed alle stesse organizzazioni si ricorreva per decidere controversie tra i sudditi.
    Chiaro che per tutti questi sudditi, lattuale stato italiano, nato con il risogrimento, è una sorta di invasore straniero, che pretende di dettar loro la sua legge.
    Proprio per questo, essi riconoscono la legge della camorra, ma non quella dello stato.
    Non è un caso la situazione di zone off limits per le forze dell’ordine.
    E’ per questo che i sudditi dello stato camorristico accettano la dura legge camorristica, e si ribellano allo stato italiano ed ai suoi rappresentanti.

  2. Riccardo ha detto:

    Cos’altro aspettarci in un paese dove un qualunque Berlusconi può tranquillamente commettere una frode fiscale, poi cavarsela con una pena ridicola e continuare a fare politica, a governare con Renzi e a bruciare la nostra benzina sulle auto blu di stato? E’ tutto vero il suo articolo, don Giorgio, ma come potrebbe andare diversamente? Ricordiamoci anche del caso della registrazione distrutta per sentenza che riguardava Napolitano ancor prima che diventasse presidente: cosa c’era in quel nastro, che i cittadini (sovrani!) non hanno avuto il diritto di ascoltare? Quanti cassetti segreti dovremmo aprire per poter essere veramente sovrani di questa nazione? Il risorgimento, l’Unità d’Italia, Mazzini-Garibaldi-Cavour, la I guerra Mondiale, la II guerra mondiale, la resistenza, l’omicidio senza processo di Mussolini: tutto inutile!

    • PietroM ha detto:

      C’è chi va predicando in giro di essere ottimisti, di non cedere allo sconforto, di accettare le tasse (che aumentano sempre) come il viatico per il paradiso …. In una democrazia che sia tale , le decisioni che modificano il sistema vanno prese dal popolo sovrano (un corno !), mentre si fabbrica il puzzle SEGRETO del Nazareno ! Se continua così, anche questo governo di nominati finirà nel ces … to !
      L’acqua del fiume che scorre va utilizzata non alla fonte, altrimenti il fiume diventa un rigagnolo.
      Va utilizzata dal sistema dopo che il fiume abbia irrorato i campi, dissetato gli uomini e gli animali ….
      Fuor di metafora : le tasse vanno messe alla fine del processo produttivo e NON al principio. Tassare le assunzioni è come suicidarsi ! Occorre facilitare le assunzioni e solo dopo, riscuotere le tasse. Ci stiamo tanto piangendo addosso per l’IRAP, perché non riusciamo a capire che centomila nuovi assunti pagherebbero le tasse regolarmente , mettendo il coperchio sull’IRAP.
      Non mi va di discriminare nessuno dei partiti, ma le consociazioni (try to influence) non possono essere accettate a rappresentare l’interesse comune . Intelligenti… pauca !

  3. alessio ha detto:

    non c’è più sordo di colui che non vuole sentire.
    per napoli non c’è soluzione,sono fatti così.
    o si accettano o si isolano.di sicuro non cambieranno mai.
    a mali estremi, estremi rimedi.

  4. Patrizia ha detto:

    La camorra si sostituisce al vuoto dello Stato. Se uno ha bisogno di qualcosa, molto facile che si rivolga a loro piuttosto che alle forze dell’ordine, e così comprano la connivenza della gente.

  5. PietroM ha detto:

    La cultura di chi ereditato da secoli la filosofia dell’arrangiarsi, della trasgressione sociale, del vivere alla giornata costi quel che costi, del fottere per non essere fottuti, del “tanto chi se ne frega, rubano tanto quelli che stanno al governo !”, la religione della “drittezza ”, non è così facile da sradicare. Su questo concordo con don Giorgio. Camminare di notte, da soli in certi rioni di Napoli, fa paura. Occorre che l’esempio venga dato dall’alto, eliminando presunti meriti e veri privilegi scandalosi, l’abnorme quantificazione monetaria della meritocrazia che diventa abuso e furto a danno del cittadino. Occorre proporre un modello di serietà e sobrietà in tutti i settori-chiave della società, per poter proporre un nuovo stile di vita ad una città ricca di genio sprecato per le strade. La scuola ha la sua funzione educativa, ma che potere ha ? La chiesa offre la sua funzione di apostolato, ma che potere ha ?
    Il potere della malavita organizzata ha sostituito la funzione paterna, il buon consiglio, offrendo protezione, vantaggio economico tratto dalle scorrerie delinquenziali. L’azione sinergica delle agenzie educative va supportata da uno stato presente non solo con le forze dell’ordine, ma realizzando un sistema coordinato e sostenuto da progetti realizzabili che offrano non solo prospettive di vita onesta, ma anche vantaggi economici.

  6. Giuseppe ha detto:

    Sono pienamente d’accordo. Forse molti napoletani sono esasperati per la sequela di atti di violenza con cui devono convivere giornalmente, ma “stranamente” insorgono ed alzano la voce solo quando i loro giovani vengono coinvolti in atti criminosi finendo tragicamente tra le maglie della giustizia, degli organi di polizia e delle forze dell’ordine in genere. La camorra e le altre forme di criminalità sono molto ben radicate ed infiltrate nei recessi più reconditi ed insospettabili della società e, siccome offrono lavoro a buon mercato arruolando manovalanza per le loro “attività”, raramente si levano voci di protesta a seguito di regolamenti di conti tra bande o altri crimini di chiaro stampo mafioso. Ho parlato di Napoli perché la vicenda che offre lo spunto a queste riflessioni è accaduta lì, ma so benissimo che non si tratta di un fenomeno circoscritto a quella zona d’Italia, visto che ormai le organizzazioni malavitose hanno esteso il loro campo di azione sull’intero territorio nazionale e, anzi, per certi versi sono più attive e pericolose nelle regioni del nord e del centro. Il problema è che oggi, visti i tempi in cui viviamo, è più facile indignarsi e prendersela con chi ha il compito di far rispettare l’ordine e garantire la sicurezza, piuttosto che nei confronti di chi, infischiandosene della legalità, con prepotenza e brutalità mette costantemente a repentaglio l’ordine pubblico. Sarò cinico, ma sono convinto che i criminali non esitano un solo istante a servirsi anche del pianto di una madre per minare la credibilità dello stato e fare proseliti tra la povera gente.

  7. marcello ha detto:

    Caro don giorgio il questo suo pensiero lo condivido pienamente.

  8. zorro ha detto:

    Purtroppo quando ci scappa il morto ammazzato sull’asfalto e’ sempre tragedia.Indubbiamente i colpevoli sono lo stato che non da la protezione e il crimine organizzato che prospera sulla miseria e ignoranza.Se si decidesse una volta tanto di pulire a fondo il paese italia basterebbe poco.Dare fabbriche x lavoro e speranza, quindi impegno finanziario.Lo stato all’inizio avvia il sistema di economia sostenibile poi inizia la deportazione delle famiglie criminali se perseverano nel crimine con confisca beni materiali.Perche’ lo stato non interviene dobbiamo sub appaltare ai cinesi la pulizia? Quelli non scherzano sono abituati a gestire piu’ di un miliardo di individui.

    • Don Giorgio ha detto:

      Comunque, tu la fai troppo facile. La realtà è ancora più complessa. Io sono sempre del parere che bisogna iniziare dall’educazione, intesa nella sua integralità umana, sociale, politica e religiosa. Non c’è altra via. Non sono le cose da fare, ma è la testa da cambiare.

      • zorro ha detto:

        Don Giorgio io sono partito 40 fa con il tuo pensiero e purtroppo ho avuto solo disillusioni.Cambiare la testa alle persone e’ difficilissimo e ci vogliono decenni bisogna considerare il fatto che il crimine non sta a guardare la promozione umana, interviene come con Puglisi.Io ho perso la speranza se non si divide fisicamente i sostenitori della malavita dai futuri onesti speranzosi illuminati a breve e’ difficile ottener risultati.Da quanti anni l’italia e’ succube della malavita?La abbiamo vista operare anche a alti livelli per il bene di chi?Per la cina l’italia 60 milioni e’ SOLO una provincia.

      • zorro ha detto:

        Caro don giorgio 40 anni fa ero speranzoso di poter attraverso la dialettica e il ragionamento ottenere dei miglioramenti nella societa’ oggi sono disilluso.Nei luoghi in mano alle mafie se non si dividono gli speranzosi e gli onesti dalla malavita e’ difficile progredire nella promozione sociale.Vedi la mafia ha ucciso Puglisi.Alla mafia non piace che si cambi lo status quo.Per la Cina l’italia e’ come una loro provincia questi sono i rapporti visti nella globalizzazione moderna.Da quanti hanni si e’ succubi delle criminalita’?Sono riusciti ad arrivare persino ad alti livelli istituzionali.

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