Sciogliete pure le vele, barbari razzisti!

L’EDITORIALE
di don Giorgio

Sciogliete pure le vele, barbari razzisti!

Sciogliete pure le vele, e lasciate che le superfici dei mari siano solcate da imbarcazioni traballanti, trainate da pescecani mai sazi di “scarti” di umanità.
Sciogliete le vele, aggrappandovi a “ragioni” le più stupide in commercio, che non si trovano neppure tra menti fantasiose.
Non si poteva aspettare ancora, vivendo ad esempio il Natale con l’”intelligenza” di chi approfitta di una emergenza per rientrare finalmente nel proprio sé, lasciando quella carnalità alienante, che la Chiesa in anni e in anni di regressione paurosa non ha mai voluto affrontare a viso aperto per prenderla per le corna infliggendole un colpo mortale?
La massa “bifolca” (ogni massa è bifolca!), tutta stupidamente infatuata di una specie di sacro a dir poco osceno, è incapace perfino di provare rimorso o per lo meno di arrossire pensando ad esempio al Genio del passato, partorito dallo Spirito, dove tutto era “amore di saggezza” (filosofia!) di non pochi Maestri che aprivano strade Maestre all’Uno, pur tra molteplicità di divinità litigiose e anche violente.
Quel Genio sapienziale sembra scomparso con il “progressivo progresso” di un illuminismo cieco e di un materialismo bestiale.
Siamo costretti a “sopravvivere” in una società del tutto “spenta”, ottusa, cieca, pseudo-democratica, carnale nella psiche più che nel corpo, il quale corpo se non altro vuole salvare le apparenze, coprendosi di qualche vestito di rito, come a un ballo di società, dove le baldracche non si distinguono dalle Signore, che sono altrove in quanto Signore.
Stiamo morendo poi di una Chiesa, tutta pelle e scheletro, un bel scheletro, in via di estinzione. Forse non succederà che si estinguerà, ma è come se dovesse succedere da un momento all’altro, ingannando l’ingenuità della gente che appoggia la propria fede sulla promessa di Cristo, dimenticando che la parola di Dio è provocazione tale da togliere il velo ad ogni promessa futura.
Togliendo gli inganni, della Chiesa istituzionale resterà solo il Pensiero di Cristo che è Utopia di un Cristianesimo senza spazio e senza tempo.
Tornano le parole di Cristo alla Samaritana: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte (Garizim, il monte del culto dei Samaritani) né a Gerusalemme (dove c’era il tempio degli ebrei) adorerete il Padre… Ma viene l’ora, ed è questa, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità» (Gv 4,21-23).
Siamo qui quest’anno a litigare col governo per le sue restrizioni troppo rigide in occasione delle feste natalizie, pensando al panettone da mangiare in compagnia di parenti, in una famiglia perciò allargata, ma mai tanto ipocrita come nel giorno del Natale, e ci alleiamo con le tradizioni natalizie: pensate a quel groviglio mentale di leghisti che neppure se si alleassero con il Genio di Platone riuscirebbero a mettere insieme due parole di buon senso.
Si pensava che il Natale, finito ultimamente nelle mani di luridi razzisti, potesse nel suo Mistero elevarsi al di sopra di un deserto di sterpaglie pronte per il fuoco.
No, la barbarie vince sulla intelligenza, venendo a patti col virus più furbo del mondo, chiedendogli gentilmente (i barbari sanno anche essere gentili!) di lasciarci in pace almeno il giorno di Natale.
Sciogliete le vele, solcate pure la superficie dei mari della vostra stupidità, facendovi trainare da populisti ancor peggiori dei pescecani affamati di carne umana.
Il giorno di Natale le campane suoneranno a festa, per un richiamo alla saggezza, ma ben pochi le ascolteranno, perché il rischiamo scenderà da cattedrali mistiche, ancora da costruire all’interno di un essere ancora solo “potenzialmente” divino.
12 dicembre 2020
EDITORIALI DI DON GIORGIO 1
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