Nereo, il povero che rendeva più umana la città

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12/01/2019

Nereo,

il povero che rendeva più umana la città

Massimiliano Signifredi
Comunità di Sant’Egidio
Una folla silenziosa si è ritrovata ieri sera nella basilica di Santa Teresa d’Avila a Roma per salutare Nereo, il senzatetto investito da un pirata della strada all’alba del 7 gennaio scorso. Fuori è buio e freddo, dentro c’è tanta luce e calore. Tra i banchi e in piedi, sul fondo, 400 forse 500 persone: gente del quartiere e romani che vi si recano ogni mattina per lavoro, gli amici di Sant’Egidio, che da anni aiutavano Nereo e hanno organizzato la veglia di preghiera,  e alcuni senzatetto suoi compagni di strada. In chiesa c’è silenzio, commozione e stupore a ritrovarsi così in tanti. Ma anche la sensazione di un saluto ad una persona importante.
Nereo, che aveva compiuto 73 anni lo scorso novembre, aveva lavorato come carpentiere in giro per il mondo: Arabia Saudita, Germania, Iran, Libia, Russia, Somalia. Poi, dal 1998, la vita in strada, a Roma, prima nei giardini di piazza Mazzini, poi in una tenda a Corso d’Italia con l’inseparabile cagnolina Lilla. “La morte di Nereo è arrivata come un ladro nella notte – ha detto don Fernando Escobar della Comunità di Sant’Egidio – ci ha addolorato per la sua profonda ingiustizia, ma anche risvegliato, ammonendoci a custodire la vita di chi attorno a noi è più fragile. A Roma, dall’inizio dell’inverno, sono già morte 8 persone senza dimora”.
Tanti sono venuti a rendere omaggio ad un uomo povero che ha arricchito e conquistato tanti con la sua affabilità. “Vado d’accordo con tutti”, diceva Nereo. Infatti il senzatetto, originario di San Bonifacio in provincia di Verona, non aveva nemici. “In questo quartiere gli volevamo bene. Era gentile e sorridente”, dice un negoziante, mentre con un fiore in mano si unisce alla processione silenziosa che dalla chiesa raggiunge il luogo dove Nereo abitava. Ora quell’angolo di Roma si è popolato di fiori, libri – tanto amati da Nereo – e poesie, che tanti gli hanno dedicato.
Ho fatto in tempo ieri a leggere uno di questi biglietti, su cui più o meno c’è scritto così: “Da anni attraverso Roma ogni mattina per raggiungere il mio posto di lavoro. Traffico, liti per un parcheggio, piccole e grandi violenze quotidiane, grigiore… poi arrivavo qui e ti vedevo, caro Nereo. Alzavi gli occhi dal libro, mi guardavi e con il tuo sorriso risvegliavi in me l’umanità”.
Nereo ha acceso una luce nella vita di tanti. Una sola persona, umile, sconosciuta al grande pubblico – senza che ce ne accorgessimo – aveva il potere di umanizzare quell’angolo della città. Anche una Capitale indurita e assuefatta all’indifferenza può quindi ritrovare un cuore proprio. A partire da un povero. Ma se una città ritrova il cuore, cambia il suo volto, diventa più umana, ed è un vantaggio per tutti.
In fondo Roma non è poi così grande perché non possa cambiare. Ma forse deve accorgersi proprio di chi non considera capaci o degni. Cioè ricominciare dai poveri, che possono aiutarla più di tanti altri, più dei potenti o di chi si crede tale, a ritrovare la sua umanità.

 

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