Nessuno innocente, tutti corresponsabili

Nessuno innocente, tutti corresponsabili

Nei giorni scorsi siamo stati storditi dai Mondiali di Calcio – forse noi italiani, un po’ meno: per fortuna i nostri giocatori sono stati rimandati a casa, altrimenti avrebbero preso dalla Germania una quindicina di goal! – e non ci siamo preoccupati seriamente di ciò che stava succedendo tra israeliani e palestinesi.
Un odio e una carneficina che non possono non interessarci. Tutti, volere o no, ne siamo già coinvolti e lo saremo anche nelle conseguenze. Poi malediremo Jahve e Allah, non importa se gli ebrei sono attualmente la popolazione più atea che esista.
Tra una battuta e l’altra sul tempo che fa i capricci, diamo superficialmente i soliti giudizi sugli ebrei, popolo dalla dura cervice, e sui palestinesi, messi tutti nel calderone di Hamas.  E i giornalisti, che seguono gli eventi al coperto, quasi si divertono a far girare le solite strappalacrime foto di donne e bambini, vittime delle atrocità nemiche. Si parla sempre di innocenti che soffrono, come se non fossero figli di terre contese a sangue dai loro padri. E domani, crescendo, continueranno la stirpe di un odio che si trasmette di generazione in  generazione. Un tale (non importa chi) ha detto: “Se uno viene ferito, anche tu ti senti ferito, e non solo moralmente, anche fisicamente. Là dove c’è uno scempio umano, c’è uno squilibrio tale che non puoi sentirti al sicuro: puoi anche dormirci sopra, evadere, divertirti, ma nel suo profondo l’essere ne risentirà”.
A proposito, una cosa che nessun giornale finora ha ricordato: ai primi del mese scorso, esattamente l’8 giugno, c’è stato nei Giardini Vaticani un incontro definito “storico” di papa Francesco con il palestinese Abù Màzen e l’israeliano Shimon Peres.
Si sono trovati a pregare per la pace! Ma forse tutte e tre le divinità (il dio cattolico, il dio ebreo e il dio islamico) erano occupate altrove o dormivano o giocavano a carte!
L’incontro era stato combinato da papa Francesco, l’uomo delle sorprese e delle “prime volte”. Ci aveva provato già nella sua visita in Terra Santa dello scorso 24-26 maggio: le resistenze, però, erano state troppe e nessuno dei due leader aveva voluto pregare a casa dell’altro. «Offro la mia casa in Vaticano per ospitare questo incontro» propose allora il pontefice, in quello che sembrava uno dei tanti appelli al dialogo nella questione mediorientale. A sorpresa, i due nemici hanno accettato di guardarsi negli occhi in territorio neutro e pregare a modo loro, ognuno con la propria confessione, per la pace. A parte il papa (credo nella sua fede, anche se potrei discutere sul dio in cui crede), il capo palestinese e il capo israeliano pregavano convinti o solo fingevano di muovere le labbra? 
Dopo aver pregato, ciascuno il loro dio, ecco un gesto altamente simbolico – tale doveva essere nelle loro intenzioni –: Abu Mazen, Shimon Peres e papa Francesco hanno piantato insieme nei giardini vaticani un albero di ulivo, simbolo di pace.
Non è passato un mese, e quella pianta è già rinsecchita. E se crescerà, sarà a testimonianza della ipocrisia e della blasfemia di potenti, che prima si abbracciano, e poi si accoltellano. Se fossi papa Francesco, mi sentirei tradito e preso in giro: non tacerei. Urlerei la mia rabbia, dicendo ciò che da tempo tutti vorrebbero sentir dire, ovvero: che ognuno ha diritto a un pezzo di terra; che nessuno deve sentirsi superiore all’altro; che con le armi non si risolvono i problemi; che la gente ha diritto a un po’ di pace, senza vivere continuamente sotto la minaccia di missili che cadono dal cielo, ma che partono da mani farabutte e criminali; che… E noi, gente comune, impotente e senza voce? Ci lamentiamo che la vita è diventata dura; che la crisi non passa; che il governo fa poco; che, quando piove troppo, si allagano le strade e le cantine; che il tempo non favorisce le nostre sognate vacanze.
Noi europei abbiamo fatto due guerre mondiali, per non parlare dei secoli precedenti, e diamo del bastardo al popolo israeliano o al popolo palestinese. Muore laggiù qualche donna o qualche bambino, versiamo magari una momentanea lacrima, e dimentichiamo il sangue secolare dei nostri antenati, e la nostra attuale cattiveria di gente mai soddisfatta di nulla, stressata da un falso benessere e da relativi disturbi psichici.  
13 luglio 2014

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