“Nomen omen”: il nome Francesco è già un presagio di profezia

 

 

di don Giorgio De Capitani

Il nome scelto da Jorge Mario Bergoglio appena eletto papa
è già un augurio di speranza.

E vorrei credere con tutta l’anima che
papa Francesco sia quello “giusto” in questo periodo storico,
complesso e drammatico, anche per la Chiesa cattolica.

Diciamo anzitutto che lo Spirito santo ci ha sorpreso tutti.

Quando il comignolo della Sistina ha buttato fuori fumo bianco,
sul momento mi è venuto quasi un colpo:
invece di essere contento, ero preoccupato.
 
Rimasi teso e innervosito fino all’ultimo, quasi certo ormai
di vedere apparire su quel balcone tutto bardato di rosso
il papa pronosticato, ovvero un italiano, ovvero Angelo Scola.

Quando il cardinale protodiacono Jean-Louis Pierre Tauran,
tutto emozionato, quasi traballante, commovente nella sua fragilità,
ha dato l’annuncio con la solita formula solenne

«Annuntio vobis gaudium magnum: Habemus Papam! Georgium Marium Bergoglio
qui sibi nomen imposuit Franciscum»

la folla in Piazza san Pietro restò quasi ammutolita,
rimasi anch’io per un attimo sorpreso: non avevo afferrato subito il nome.

Sono contento:
che il nuovo papa non sia italiano,
che il nuovo papa non sia europeo,
che il papa sia latinoamericano.

Lo sognavo, lo desideravo,
quasi lo pretendevo dallo Spirito santo.

Per ora non mi interessa indagare sulla sua vita precedente,
come qualcuno maldestramente e perversamente ha già fatto,
con un gusto direi satanicamente morboso,
andando a scoprire anche nell’inconscio del nuovo papa
qualche ombra e qualche sbavatura.

Cavoli, sembra quasi che ci si diverta a rovinare,
almeno per il momento, la sorpresa!

E neppure per ora mi interessa sapere
se è un progressista o un tradizionalista.

Nessuno nasce già santo,
e ammiro chi nella sua vita ha fatto cambiamenti radicali.
Oscar Romero è un esempio da non dimenticare!

A me sono bastati quei pochi minuti,
quando il nuovo papa, vescovo di Roma,
è apparso per la prima volta al balcone,
per capire che qualcosa di nuovo
stava per verificarsi come per incanto:
il nome scelto, il volto sereno, le prime parole,
l’invocare la benedizione divina su di sé da parte della folla presente,
quell’inchinarsi chiedendo un minuto di silenzio…

C’è in noi quel senso d’intuito che fa dire:
Finalmente una faccia diversa!
Si sente un’aria più fresca!

Non si trattava solo di un’impressione:
mi sono sentito rinascere dentro,
e di nuovo poter sognare!

Nei giorni scorsi siamo stati nauseati da un fiume di parole:
tutti bravi a esporre la propria opinione su questo o su quel nome,
quasi imponendo la figura del futuro papa secondo schemi prestabiliti.

E la nausea continuerà ancora per qualche giorno:
ora tutti cercheranno di pronosticarne le mosse,
con la tipica contraddizione di chi vuole la novità, però la impone.

A me piace in questo momento attendere e sperare.

Inutile negarlo: quando è stato eletto Benedetto XVI
già si sapeva come avrebbe condotto la Chiesa.

Non mi pare di dire la stessa cosa con Papa Francesco.
Il nome è già una scelta, un indirizzo, una scommessa, una sfida.

Da Benedetto XVI non ci si poteva aspettare chissà quali novità:
lui è stato travolto dalle novità emergenti,
e in questo sta in parte la sua scelta di dimettersi.

Da Papa Francesco mi aspetto una rivoluzione “francescana”.
Sarà il Papa delle sorprese.

Anche i nostri politici italiani saranno rimasti sorpresi
da una Chiesa che sa tirare fuori la carta giusta in poche ore.

Certo che da loro, da questi politicanti di mestiere,
siamo abituati ad aspettare di tutto,
anche perché il fondo non lo hanno ancora toccato,
se è vero che il male non ha confini.

Come credente non posso non gioire
per il dono del nuovo papa di nome Francesco,
e come cittadino non posso non soffrire
a causa di una situazione socio-politica allo sfascio.

La Chiesa, nonostante tutto, mantiene un suo fascino,
dà sempre spettacolo (in senso buono) del suo Mistero,
cattura milioni di credenti e di non credenti.

Tiene lì una piazza di duecento mila persone
in un silenzio totale da brivido,
a differenza dei nostri buffoni politicanti che urlano
per non sentire il silenzio di folle affamate di giustizia.

Nella politica, invece che fascino, c’è ribrezzo,
invece che mistero di vita c’è la grande banalità del Male.

La Chiesa è millenaria, ed è appoggiata su una roccia
che non è certamente la figura del papa
– che oggi c’è e domani scompare o si dimette –
e continua il suo cammino, nonostante cardinali, vescovi e preti:

qui sta la differenza con la politica che,
se rimane legata a partiti e a leader del momento,
non riesce a imprimere un nuovo volto alla storia.

Anche quella della Chiesa è una storia di scandali
– non vorrei coprirne nemmeno uno –,
ma la Chiesa ha un qualcosa in più della politica.
Un di più che non sta nella struttura, nella gerarchia,
e neppure nei suoi dogmi e nella sua morale:
sta in quel Divino imprevedibile che è l’anima della Chiesa,
che si riflette nell’Umanità redenta da Cristo.

È proprio sull’Umanità che
ci potrebbe essere un punto di convergenza
tra Chiesa e Politica,

ma tutto sta nel credere nell’Umanità,
come riflesso di Dio o riflesso di quella Bellezza misteriosa
che nessun ateo riuscirà mai a rinnegare.

Mi auguro che il nuovo Papa guardi all’Umanità senza frontiere,
e rimetta la Chiesa in cammino verso l’Umanità integrale.

Se la Chiesa avrà il coraggio di avviarsi su questa strada,
anche la società civile ne sarà trascinata.

Se come cittadino oggi sono fortemente preoccupato,
è anche perché non sono ancora un vero cristiano,
ovvero un vero credente nell’Umanità.

 

da L’Unità

Associazione Desaparecidos:
«Papa mai colluso con dittatura»

14 marzo 2013

Jorge Bergoglio non è stato compiacente con la dittatura argentina. Lo dicono Jorge Ithurburu, presidente dell'Associazione 24 marzo, organizzazione parte civile nei processi contro i militari argentini in Italia, e il premio Nobel per la pace Esquivel. E lo dicono perché, all'indomani dell'elezione a pontefice dell'arcivescovo di Buenos Aires, alcuni giornali e giornalisti argentini avrebbero rispolverato accuse di aver taciuto se non di aver taciuto sul regime, così come su internet sono circolate foto che lo ritrarrebbero mentre porge l'ostia della comunione al feroce Videla, il generale che guidò il golpe del 1976. Ma su twitter molti hanno replicato: quegli scatti sono falsi.

Il Nobel Esquivel: «Bergoglio mai colluso con dittatura»

Jorge Ithurburu, all'agenzia Agi respinge le accuse di chi guarda con sospetto ai rapporti tra l'arcivescovo di Buenos Aires e la giunta militare negli anni della dittatura. «Una cosa è la responsabilità della chiesa cattolica come organizzazione, altra quella dei singoli. Bergoglio all'epoca non era neanche vescovo e di sue responsabilità individuali non c'è traccia».

Le ombre sul passato di Bergoglio sono legate al rapimento di due gesuiti che lavoravano nelle comunità di base e a cui l'allora responsabile locale della Compagnia di Gesù chiese di ritirarsi poco prima del golpe. I due sacerdoti rifiutarono e, subito dopo il colpo di Stato, furono rapiti e rinchiusi presso l'Esma da dove vennero rilasciati circa sei mesi dopo. «È evidente», spiega Ithurburu, «che l'episodio può essere letto in due modi: i capi dei due gesuiti sono responsabili di averli lasciati soli, oppure si può pensare che gli stessi capi siano intervenuti per ottenerne la liberazione. Propenderei per la seconda ipotesi: l'Esma non liberava nessuno per caso. Ma nessuno nella Chiesa ammetterà mai che è stata condotta una trattativa segreta. La Chiesa non parla di queste cose. La liberazione dei due sacerdoti resta però un fatto».

Ithuburu ricorda come fu Bergoglio a rilasciare l'autorizzazione affinché Esther Ballerino de Careaga e Maria Ponce de Bianco, due madri di Plaza de Majo, assieme alla missionaria francese Leonie Douquet, fossero seppellite nella chiesa di santa Cruz dove erano state uccise l'8 dicembre 1977. «E anche questo», rileva, «è un fatto».

Secondo il presidente dell'associazione 24 marzo, «non toccava certo a Bergoglio spendersi pubblicamente in quegli anni. Non aveva ruoli di responsabilità nell'episcopato, non sedeva nella conferenza episcopale: di 33 vescovi soltanto cinque si espressero nettamente contro i crimini della giunta. Ho invece notizia del suo lavoro di mediazione per salvare vite in pericolo». Per Ithurburu conta il Bergoglio di questi ultimi anni: «La sua evidente opzione per i poveri, l'uomo che viene invitato a pranzo da una comunità di base e si alza per lavare i piatti, l'enorme lavoro sociale di tantissimi sacerdoti nelle bidonville e a favore dei nuovi immigrati. Sicuramente», aggiunge, «ha un carattere forte e per discutere con lui bisogna accettare le sue regole: la presidente Kirchner, con cui ha avuto più di un contrasto, ne sa qualcosa. Ma la sua elezione», conclude, «è innanzitutto un segno di speranza».

 

 


 

61 Commenti

  1. Gioele ha detto:

    “Hai rotto il cazzo, vai a piangere da Sciaron, macaco”.
    Questo è quanto mi è stato detto e scritto, nell’articolo sul papa nuovo, da un fervente cristiano cattolico di nome Gianni.
    Ovviamente intendeva SHARON, ARIEL SHARON, ma “macaco” non è casuale. Era come Telesio Interlandi definiva ogni israelita nel “Manifesto deella Razza”.
    Ora don Giorgio, le faccio una domanda. Io ho semplicemente fatto gli auguri al nuovo pontefice.
    Mi sono preso insulti terribili, offese di bassissima lega da parte di cattolici antisemiti di nome, segnatamente, GIGETTO E GIANNI. Lei li ha lasciati, questi insulti. Ha cancellato le mie risposte.
    PERCHE’?
    Di fronte alla Storia, non già alla profezia che lei auspica in codesto articolo,io le chiedo PERCHE’.
    E non mi dica per favore che non se n’è accorto.
    Ho qualche anno più di lei, non cerchi di prendermi in giro.
    Dunque, don Giorgio (come vede le do del “lei” perché è evidente che non le piace ciò che penso, che dico, che scrivo) la prego di rispondermi.
    PERCHE’?

  2. Antonio Luigi Mori ha detto:

    La maggioranza dei cardinali ha dimostrato in questo conclave di sapersi porre in ascolto delle istanze del popolo di Dio, della sua crescente domanda di rinnovamento. Così non avvenne nel 2005, perché forse i tempi non erano maturi. Il nuovo Papa è veramente una figura di portata universale che con quell’autentico discernimento che gli proviene dalla formazione gesuitica saprà rapportarsi con tutti, confrontandosi nella concretezza, senza cedere alle prevedibili compiacenze dei cortigiani di turno, non respingendo nessuno, non diventando di nessuno (“il papa è nostro”, “ci è vicino”, “era amico di…”, “ha letto il libro di…”), ma come un padre buono e giusto amerà tutti i suoi figli insegnando loro il rispetto vicendevole. Questa è la Chiesa di Cristo.

  3. virgy47 ha detto:

    Certo che questo nome: FRANCESCO è molto promettente e speriamo veramente profetico, concordo con quanto sostiene Don Giorgio e anche molti di voi. Io vedo anche un’altra prospettiva che non sottovaluterei: L’immagine di Francesco d’Assisi è la sola che storicamente l’Islam ha visto come il volto cristiano con cui dialogare e riporre reciproca fiducia e rispetto. Per cui anche sotto l’aspetto ecumenico potrebbe essere una grande figura di dialogo, dunque di tolleranza e di pace.
    L’altro aspetto comunque segnalato da moltissimi osservatori è la sensibilità di Francesco per il creato intero, per la natura, per gli animali, ecc ecc. Lui non dice che bisogna solo rispettarla, ci insegna che dobbiamo amarla e considerala come nostra sorella, cosi come tutte le altre creature. Bravissimo Francisco, e continua a stupirci e farci pregare in diretta, e chiedere la nostra benedizione, in quanto tu ci consideri veramente, anche noi “figli di Dio” dunque leggitimati a “benedirti” e sorreggerti.
    E’ un momento di vero GAUDIO.

  4. Paolo ha detto:

    Non so se sia stato un presagio o forse l’attesa di qualcosa di veramente rivoluzionario era tanto forte da indurmi a una tale premonizione; fatto stà che il nome Francesco me lo ero sognato prima dell’elezione. Credo anch’io che nella scelta del nome ci sia già tutto il programma; speriamo che glielo lascino attuare. Tutto si vedrà già dai primi giorni.

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