Omelie 2020 di don Giorgio: SECONDA DOPO PENTECOSTE

14 giugno 2020: SECONDA DOPO PENTECOSTE
Sir 17,1-4.6-11b.12-14; Rm 1,22-25.28-32; Mt 5,2.43-48
Premessa
Dopo la lettura dei tre brani della Messa di oggi può succedere che qualcuno sia rimasto colpito da una parola o da alcune parole, ma con il rischio di perdere quel principio di fondo che ci permette di cogliere, al di là di una serie di affermazioni tra l’altro non sempre chiare anche a causa dei tagli del testo fatti dalla liturgia, il senso profondo della Parola divina, che, per i credenti, è il Principio vitale e unificatore del tutto, senza del quale le parole anche del Testo Sacro rimangono come slegate tra loro, frammentarie, anche contraddittorie.
Nel Prologo del quarto Vangelo, quello della comunità di Giovanni, troviamo il termine “Logos”, in latino Verbum, in italiano Parola, a indicare il Figlio di Dio che si è incarnato. Il termine “logos” risale all’antico filosofo greco Eraclito di Efeso (vissuto tra il VI e il V secolo a.C.), che gli ha dato un significato preciso: come legge universale, alla cui necessità soggiacciono tutte le cose nel loro costante rovesciarsi ognuna nel suo opposto. Solo ponendo attenzione al “logos” è possibile comprendere i singoli enti, i singoli fatti, le singole parole, i singoli punti di vista, che sono in se stessi relativi, recando sempre in sé, ognuno, il seme del suo contrario. È il “logos” che connette tutto in un discorso sensato, ed è universale e accessibile a tutti gli esseri umani; tuttavia, precisa Eraclito, gli uomini preferiscono vivere come in sogni privati, senza porsi all’ascolto del “logos” universale, come se ognuno possedesse una sapienza sua propria.
Nel Prologo di Giovanni il Logos chi è? È il Figlio di Dio, ovvero è la Sapienza universale che coordina tutto, che dà un senso ad ogni particolare. Il tutto non è la somma matematica di particolari; i particolari entrano a far parte del tutto, secondo la legge del “logos”, che nel nostro caso è il Figlio di Dio o, più precisamente, il suo Spirito di Risorto.
Precisiamo questi passaggi: c’è il Logos che è eterno che fa parte della Trinità, poi il Logos ha assunto una carne umana, poi morendo come uomo ci ha donato lo Spirito santo. Diciamo pure che il Logos oggi è il Risorto nel suo Spirito che dà un senso a tutto il nostro vivere nel Creato, che anch’esso è ordinato dal Logos divino.
L’essere umano, dotato di corpo, psiche e spirito
Perché ho fatto questa premessa che per alcuni potrebbe sembrare strana e anche complessa, magari del tutto incomprensibile?
Fino a quando non avremo del Creato una visione unitaria, in base alla legge della sapienza divina (il Logos), non potremo mai sperare in un mondo migliore.
Noi vediamo tutto come un insieme di particolari a se stanti, anzi talora ci divertiamo a frantumare anche i particolari.
Un’operazione questa che nasce dal fatto che noi siamo già frammentati nel nostro essere. Non perché siamo nati così, siamo fatti così, ma perché ci lasciamo frammentare da una infinità impressionante di condizionamenti carnali, ovvero esteriori, di una società che non fa altro che alienarci, portarci fuori dal nostro essere interiore, in balìa di una folle disintegrazione.

I brani della Messa
Possiamo allora capire anche i brani della Messa di oggi, dove (primo brano) si parla di “lingua, occhi, orecchi e cuore” che sono stati dati “per pensare”. Oggi diremmo che ogni essere umano è composto di corpo, di psiche e di spirito.
L’autore sacro insiste soprattutto sul dono della scienza e dell’intelligenza, della legge della vita, si parla di alleanza. In altre parole, l’essere umano, dotato soprattutto di intelligenza e di coscienza, non vive “solo” come se fosse un particolare a se stante del Creato, ma c’è una legge universale, c’è un’alleanza che lega il Creatore alle sue creature, e questa legge è il Logos di cui parlavo prima.
Cristo, incarnandosi e morendo sulla croce, ha dato vita ad una nuova Alleanza, che non è un patto esterno del tipo religioso, e tanto meno tra Dio e un popolo prediletto, ma è insito in ogni essere umano, che si sente costituzionalmente parte del Tutto divino.
Non voglio entrare nel merito del Creato, inteso in senso lato (regno animale, vegetale, minerario, ecc.), anche se sarebbe un discorso interessantissimo, ma limitiamoci all’essere dotato di intelligenza e di volontà.
Qui si rischia la pazzia di chi, come scrive San Paolo nella Lettera ai cristiani di Roma, riesce perfino a “depravare” l’intelligenza, distogliendola dalla fonte, che è l’Intelletto divino. E noi sappiamo cosa succede quando l’uomo usa male la propria intelligenza, che perciò sfugge alla legge del Logos, o dell’Ordine divino.
Il Diavolo, come dice etimologicamente la parola, è colui che divide, e non colui che unisce. Ogni divisione è male, e il male è la divisione del bene. E paradossalmente un bene che viene diviso in minuscoli beni è un male, perché il male è ogni divisione anche del bene stesso. Anche il male si fa male quando si divide, è più potente se sta unito. E l’unione è la sua forza di male.
Ma vorrei chiarire un’altra cosa. Unione non significa omologazione. Il bene non è omologazione. Il bene è purificazione di ogni male che è divisione, ma anche di quella specie di pacifismo che rende piatte tutte le anime.
Lo spirito è novità, innovazione, dialettica, puntare al meglio. È un cammino che richiede tempo, impegno, sacrificio, distacco.
Il distacco da ogni attaccamento che è divisione, separazione dal mondo interiore, richiede intelligenza, saggezza, avere la mente pura, e non depravata come la mente di un mondo che distacca lo spirito dal mondo del divino. Ecco il male: separare lo spirito da se stesso, frantumarlo, così da non avere quel contatto unitario con il mondo dello Spirito santo.
Capite allora dove sta la pazzia o la depravazione, come dice l’apostolo Paolo. Egli scrive: «Ed essi hanno commesso azioni indegne: sono colmi di ogni ingiustizia, di malvagità, di cupidigia, di malizia; pieni d’invidia, di omicidio, di lite, di frode, di malignità; diffamatori, maldicenti, nemici di Dio, arroganti, superbi, presuntuosi, ingegnosi nel male, ribelli ai genitori, insensati, sleali, senza cuore, senza misericordia. E, pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo le commettono, ma anche approvano chi le fa».

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