Genova, storia del ponte Morandi dalle polemiche al crollo

da www.ilsole24ore.com
LO CHIAMAVANO «PONTE DI BROOKLYN»

Genova,

storia del ponte Morandi dalle polemiche al crollo

di Redazione online
14 agosto 2018
Il viadotto Polcevera dell’autostrada A10, chiamato ponte Morandi poiché intitolato a Riccardo Morandi, attraversa il torrente Polcevera, a Genova, tra i quartieri di Sampierdarena e Cornigliano. Progettato dall’ingegnere Riccardo Morandi, fu costruito tra il 1963 e il 1967 dalla Società Italiana per Condotte d’Acqua. È noto come “Ponte delle Condotte” dalla società che lo costruì, ma anche “Ponte di Brooklyn” per una forma che richiama molto vagamente il celebre ponte americano.
Ha una lunghezza di 1.182 metri, un’altezza al piano stradale di 45 metri e 3 piloni in cemento armato che raggiungono i 90 metri di altezza; la luce massima è di 210 metri. Venne edificato con una struttura mista: cemento armato precompresso per l’impalcato e cemento armato ordinario per le torri e le pile. Il ponte venne inaugurato il 4 settembre 1967 alla presenza del Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat. Dalla sua costruzione, il ponte ha sempre fatto discutere; negli anni è stato oggetto di manutenzioni profonde.
«Il Viadotto Morandi ha presentato fin da subito diversi aspetti problematici, oltre l’aumento dei costi di costruzione preventivati». Questa la valutazione che l’ingegner Antonio Brencich, professore associato di Costruzioni in cemento armato all’Università di Genova, fa del ponte crollato oggi a Genova in un articolo pubblicato da Ingegneri.info il 29 luglio del 2016. «Ancora nei primi anni ’80 chi percorreva il viadotto era costretto a fastidiosi alti-e-bassi dovuti a spostamenti differiti delle strutture dell’impalcato diversi da quelli previsti in fase progettuale. Solo ripetute correzioni di livelletta hanno condotto il piano viario nelle attuali accettabili condizioni di semi-orizzontalità».
Qualche mese prima, il 28 aprile 2016, l’allora senatore Maurizio Rossi depositava un’interrogazione a risposta scritta al ministro delle Infrastrutture e Trasporti sulla situazione viaria di Genova che recitava così: «Il viadotto Polcevera dell’autostrada A10, chiamato ponte Morandi, e una imponente realizzazione lunga 1.182 metri, costituita su 3 piloni in cemento armato che raggiungono i 90 metri di altezza che collega l’autostrada Genova – Milano al tratto Genova – Ventimiglia, attraversando la città sulla Val Polcevera; recentemente, il ponte e stato oggetto di un preoccupante cedimento dei giunti che hanno reso necessaria un’opera straordinaria di manutenzione senza la quale e concreto il rischio di una sua chiusura». Chiedendosi, nel finale dell’interrogazione, «se corrisponda al vero che il Ponte Morandi, viste le attuali condizioni di criticità, potrebbe venir chiuso, almeno al traffico pesante, entro pochi anni gettando la città nel totale caos».
Altri particolari interessanti emergono dalla lettura dell’articolo dell’ingegner Brencich pubblicato su Ingegneri.info: «Questa soluzione (ingegneristica utilizzata da Morandi, ndr) la si ritrova nel ponte genovese sul Polcevera ma anche sul più lungo e precedente Ponte General Rafael Urdaneta sulla baia di Maracaibo (Venezuela), lungo 8,7 km con 135 campate, di cui solo le 6 centrali con schema statico strallato. Nell’aprile 1964 la petroliera Exxon Maracaibo, da 36.000 t, a pieno carico, in uscita dalla laguna di Maracaibo, ebbe un guasto black out elettrico che la rese ingovernabile: urtò le pile 30 e 31, ad oltre 600m di distanza dalle campate progettate per il passaggio del traffico navale, con tale violenza che fece crollare completamente le due pile trascinando in mare ben tre campate consecutive del ponte. Questo tipo di evento non era stato preso in considerazione durante la progettazione».
Venendo ad anni più recenti e tornando al ponte Morandi, nel 2009 si studiò addirittura l’ipotesi demolizione controllata, con lo smontaggio della «struttura con un ordine inverso rispetto alle fasi della costruzione dell’opera. In tal modo sarà sufficiente evacuare provvisoriamente le abitazioni che attualmente insistono nell’impronta e negli immediati dintorni del viadotto, senza procedere ad alcun abbattimento dei fabbricati». Lo si legge nello studio “La Gronda di Genova». Presentazione sintetica delle ipotesi di tracciato che Autostrade per l’Italia aveva realizzato assieme alla società d’ingegneria SPEA e pubblicato nel febbraio 2009 come base per un dibattito pubblico.
Il documento, nel capitolo dedicato ad una delle ipotesi di varianti di tracciato studiate da Autostrade per l’Italia (quella definita “Gronda Bassa” che «affianca l’esistente viadotto Morandi, di cui è prevista la dismissione, ad una distanza di circa 150 m verso nord»), spiega: «Una volta demolita la struttura del Ponte Morandi, i proprietari delle abitazioni potranno rientrare nei rispettivi alloggi».
Questa demolizione controllata del viadotto Morandi, precisano gli autori, «richiede di smantellare circa 80.000 mc di calcestruzzo». Autostrade per l’Italia aveva sottolineato in più punti la criticità della situazione: nel documento si legge, tra l’altro, che «Il tratto più trafficato è il viadotto Polcevera (Ponte Morandi) con 25,5 milioni di transiti l’anno, caratterizzato da un quadruplicamento del traffico negli ultimi 30 anni e destinato a crescere, anche in assenza di intervento, di un ulteriore 30% nei prossimi 30 anni».
Non basta. La relazione, redatta 9 anni fa, metteva in guardia sui potenziali rischi: «Il ponte Morandi – si legge – costituisce di fatto l’unico collegamento che connette l’Italia peninsulare ad est, la Francia meridionale e la Spagna ad ovest, ed é il principale asse stradale tra Genova, le aree residenziali periferiche, il porto di Voltri, l’aeroporto e le aree industriali di ponente. Lo svincolo di innesto sull’autostrada per Serravalle, all’estremità est del viadotto, produce quotidianamente, nelle ore di punta, code di autoveicoli ed il volume raggiunto dal traffico provoca un intenso degrado della struttura sottoposta ad ingenti sollecitazioni. Il viadotto è quindi da anni oggetto di una manutenzione continua».

 

2 Commenti

  1. Osvaldo L. ha detto:

    I 5 Stelle si opponevano alla Gronda non a caso sono sorti i NO GRONDA!!
    Che vogliamo dire siamo un paese che in periodo di emergenza ci accorgiamo che occorre fare prevenzione e siamo il paese che dice no a tutto a prescindere!!
    Dove vogliamo andare?

    • Giuseppe ha detto:

      Credo che il M5S dica no per partito preso a tutto ciò che propone o impone l’autorità, in nome di un concetto malinteso di “libertà”, che per loro significa faccio come mi pare e nessuno può interferire.

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