VERSO UNA NUOVA COMUNITÀ CRISTIANA DI BASE: Al Dio ignoto/15

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di don Giorgio De Capitani
Qualcuno, forse più di uno, si sarà chiesto la ragione per cui ho parlato negli interventi precedenti di mistica, di mistici, di Etty Hillesum, di Simone Weil ecc. Una comunità cristiana di base che c’entra con la mistica o con quei pensatori e testimoni che in certi casi non sono neppure dentro l’istituzione ecclesiastica?
Già l’espressione “Al Dio ignoto” è una riposta. Già l’ho detto, e lo ripeto: una comunità cristiana di base che si limitasse a contestare alcune norme della Chiesa-istituzione servirebbe a ben poco. Oggi una Comunità cristiana di base deve essere “nuova” in tutti i sensi, non tanto perché cambia il vestito, ma perché ha il coraggio di ri-vedere quel Dio in cui crede, togliendo quei veli che non permettono di vedere la luce. Il dio della religione è stato troppo formalizzato o schematizzato o reso oggetto di adorazione, il che ha comportato quell’idolatria che già i profeti nell’Antico Testamento contestavano.
I mistici non sopportano le immagini di Dio. Ogni immagine è una rappresentazione di un dio falso. Dio non è questo o quello, non è così o cosà. Parlare di teologia “negativa” è già un primo passo. L’aggettivo “negativo” è in contrapposizione all’aggettivo “positivo”. La teologia ecclesiastica intende essere “positiva” quando vuole dire qualcosa su Dio, aggiungere immagini, qualifiche, proposizioni. Invece la teologia “negativa” vuole togliere ogni identificazione di Dio: togliere per scoprire il vero volto di Dio, che è stato sepolto sotto strati di un sapere possessivo. Più ci si avvicina a Dio, più vengono meno le immagini, i dogmi si sciolgono, le nostre sicurezze lasciano il posto al Mistero.
Ora che cosa è successo? La Chiesa-religione non si è preoccupata d’altro che di definire chi è il Dio in cui credere. Ogni dubbio è diventato peccato. Ogni ricerca è stata limitata. Ora, se il vero Dio è infinito, come puoi tu, Chiesa, mettere dei paletti, renderlo schema delle tue paure: paura che si voglia oltrepassare i confini stabiliti, per cui, oltrepassandoli, si vada oltre, affascinati da quel Mistero che non ti lascia mai in pace con le tue assurde pretese di ingabbiarLo nelle logiche funzionali alla stessa struttura. Quando la Chiesa capirà che la struttura, pur indispensabile, deve in ogni caso rimanere un mezzo, un servizio, sempre disponibile e accogliente della Novità imprevedibile?
Il grosso peccato della Chiesa sta nel rendere Dio prevedibile, scontato, imponendomi: Dio è così, non si può discutere.
Non si tratta, dunque, di scardinare ogni struttura, rendendo Dio una questione del tutto personale, anche se dovremmo ricuperare la nostra singolarità, che si fonda sulla coscienza individuale. Troppo facile per la Chiesa, in nome della comunità, imporre l’obbedienza, rendendola addirittura una delle virtù principali. L’obbedienza lega alla struttura. La coscienza mi lega a Dio, che non è qualcosa di esterno che mi comanda a bacchetta. Dio, dicono i mistici, s’identifica con il mio essere profondo. Solo nella “caverna del cuore”, m’incontro con l’essere infinito.
E siccome, dicono sempre i mistici, nell’essere profondo non solo scopro il vero Dio, ma il Dio dell’universo, allora più si è mistici più ci si sente solidali con tutto l’universo, inteso come umanità e inteso come creato. La singolarità dell’essere porta a unirmi con gli altri. È la struttura in quanto tale che divide e separa. Qui la storia insegna quanto male abbiano compiuto le religioni-strutture.
Ancora oggi le religioni dividono, anche se si parla con tanta enfasi di ecumenismo, ma l’ecumenismo vero non va proposto o imposto: è nella stessa natura della realtà, che è una e molteplice, nella semplicità dell’essere.
Non si tratta neppure di prendere un po’ di tutto dalle varie religioni, quel che ci piace di più, e farne come una specie di cocktail. È vero che Dio ha sparso i semi della Verità in ogni parte della terra. Ma è anche vero che non basta farne una collezione.
Capite allora la difficoltà per chi fa parte di una religione sentirsi figlio del Dio cosmico. La religione, se così posso chiamarla, mi aiuta a vedere Dio ovunque, quando però non si fa rigida struttura emarginante.
Quando parlo di cristianesimo, il mio interiore dovrebbe aprirsi, sentirsi libero, respirare aria nuova. Il cristianesimo autentico non è il Cristo storico, ma il Cristo della fede, il che significa: quel Cristo che è morto sulla croce “emettendo lo spirito” vuole che non ci attacchiamo più alla sua esistenza terrena, ma al dono dello Spirito di libertà.
I mistici, soprattutto Meister Eckhart, Margherita Porete e Henry Le Saux, si rifacevano spesso alle parole di Gesù ai discepoli: «È bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paraclito (il Consolatore)”. Chiediamoci: perché allora continuiamo ancora a tenere Cristo sulla terra, nei suoi aspetti diciamo terreni, quando Lui stesso ci ha detto di vivere secondo lo Spirito santo? Che parte ha allora lo Spirito di Cristo nella nostra vita e nella vita della Chiesa? Come la Chiesa parla di Cristo? Ancora oggi lo si festeggia commemorandolo in certe ricorrenze: natale, pasqua ecc.
Il Cristo della fede è lo Spirito santo, dono di Cristo sulla croce. Ecco il senso della Risurrezione di Cristo. Mentre la religione non fa che riproporre il Cristo storico, tradendolo spesso e volentieri, il vero cristianesimo si fonda sul Cristo della fede, che è lo Spirito di verità e di libertà.
Da qui parte la rivoluzione della Comunità cristiana di base. Sì, come una rivoluzione copernicana. Non più il Cristo storico come centro attorno a cui tutto gira, ma il Cristo della fede che permea, con l’azione dello Spirito, tutta la nostra esistenza.
(continua/15)

 

2 Commenti

  1. Giuseppe ha detto:

    Probabilmente dirò una sciocchezza, ma immagino che per renderci conto ancor meglio che non è possibile capire né tantomeno dare un volto a Dio, potrebbe bastare scorrere le pagine del vangelo successive alla resurrezione. Gesù, il maestro, è vivo, eppure i suoi discepoli fanno fatica a riconoscerlo, perfino gli apostoli con cui è più in confidenza, che l’hanno visto addirittura trasfigurarsi, pur essendo pienamente consapevoli di avere a che fare con lui, ne riconoscono a malapena le sembianze. L’unica spiegazione possibile è il che corpo di Gesù, essendo passato attraverso la morte si è trasformato assumendo un aspetto che l’occhio umano, abituato nella sua dimensione terrena ad una visione limitata della realtà, non riesce a percepire perfettamente ciò che non è legato a questa vita terrena.

  2. GIANNI ha detto:

    A quest’ora di notte, circa le 4,30, mi viene più facile riflettere su certi temi.
    Solo la luce del pc,tutto il resto è buio,quel buio che forse è la metafora del più grande segreto:
    chi o cosa è Dio?
    Naturalmente, non tutti credono in Dio o, in generale, nella metafisica.
    Ma per chi ci crede, ecco il più grande mistero.
    Del resto, quante sono le religioni?
    E quante le confessioni?
    Ognuna pensa di aver capito tutto, ma poi tutto sfugge e la mente si annebbia.
    Basti pensare a quante teologie esistono.
    L’unica teologia possibile,secondo me, è in negativo.
    Di Dio nulla sappiamo, in realtà.
    Possiamo solo credere o no.

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