Omelie 2021 di don Giorgio: SECONDA DOPO L’EPIFANIA

17 gennaio 2021: SECONDA DOPO L’EPIFANIA
Is 25,6-10a; Col 2,1-10; Gv 2,1-11
Un brano che pone qualche difficoltà
Ogni anno, la seconda domenica dopo l’Epifania, la Liturgia ci presenta da meditare il miracolo di Cana. E ogni anno mi trovo un po’ in difficoltà, non solo per un brano che presenta qualche problema di carattere esegetico, ma anche per la sua simbologia.
Dal punto di vista esegetico, rimane ancora oggi di difficile interpretazione il dialogo tra Gesù e sua madre. Pensiamo alle parole di Gesù, tradotte ancora in modo del tutto enigmatico: «Donna, che vuoi da me?». Altri traducono: «Che cosa importa a me e a te?». Che significa poi: «Non è ancora giunta la mia ora»?
Dal punto di vista simbolico, non dimentichiamo che Giovanni stesso parla di “segno”, perciò ci invita a non soffermarci sul fatto in sé. Gesù ha trasformato l’acqua in vino: questo è il fatto in sé. Ed ecco la domanda: che cosa significa? Che cosa ci vuole rivelare? Ogni “segno” manifesta qualcosa che va oltre la cosa in sé. Per cogliere ciò che sta dietro a un segno, occorre intelligenza che già nella sua etimologia fa capire il suo intento: deriva dal latino “intus” + “legere”, ovvero leggere dentro, nel profondo, sotto la scorza di un evento. È chiaro che per cogliere il senso profondo o divino non basta la ragione umana, ma occorre quell’intelletto interiore, che è illuminato dall’Intelletto divino.
Vorrei ora fare alcune riflessioni che ritengo di estrema importanza.
La presenza di Maria come Donna
Anzitutto, nel brano di Giovanni che racconta il miracolo di Cana la presenza di Maria è determinante. A parte la presenza della Madre di Gesù sul Calvario, sotto la Croce, quando il Figlio morente la affida in custodia all’apostolo Giovanni, in tutto il quarto Vangelo non esiste un altro episodio, come il miracolo di Cana, dove la Madre di Gesù abbia una importanza così speciale.
Possiamo permetterci di dire che Maria per una volta abbia rubato la scena al figlio. Gesù in fondo non fa che eseguire l’ordine della Madre di risolvere l’inconveniente di una festa di nozze, in cui era venuto a mancare il vino.
Maria viene chiamata donna, non madre. «Donna, che vuoi da me?». Anche sul Calvario, sotto la Croce, Gesù la chiama “donna”. «Donna, ecco tuo figlio!».
Anche nel dialogo con la samaritana, Gesù la chiama “donna”. «Credimi, donna, viene l’ora in cui… viene l’ora, ed è questa…».
Nei momenti più importanti, entra in scena la donna, nella sua realtà più nobile. E accanto alla donna si nomina l’ora, l’Ora divina. Alla samaritana dice: “Credimi, donna, viene l’ora ed è questa…”.
A Maria dice: “Non è ancora giunta la mia ora”. Ma poi compie il miracolo. Gesù rivela alla samaritana l’ora di Dio che è l’Eterno presente: “L’ora è questa…”. A Maria, sua Madre, sembra voler ritardare l’Ora, l’ora della Croce: in realtà la anticipa. L’Ora di Dio non ha tempo, non è nel tempo. Non ha né passato né futuro: è l’Eterno presente.
Alla donna tutto è possibile: l’ora presente, e l’ora del dono dello Spirito, effuso sulla croce.
Con la samaritana Cristo ha unito simbolicamente l’acqua del pozzo con la Grazia divina. Nel miracolo sembra che l’acqua perda la sua natura per prendere la natura del vino. Forse c’è qualcosa che non va, o forse bisogna approfondire di più il significato del mutamento dell’acqua in vino.
Ed è qui che entra in scena la simbologia, ovvero quel saper leggere il miracolo come “segno”: rivelazione del Mistero divino.
L’evangelista fa notare la presenza di anfore di pietra, le cui acque servivano per la purificazione rituale. L’allusione è chiara al rito ebraico, che oramai stava lasciando il posto (le anfore erano vuote) al nuovo rito: quello dello Spirito santo.
Le anfore vengono riempite di acqua, che Gesù trasforma in vino. Il vino nella Bibbia simboleggia la sapienza, la saggezza, la gioia, la grazia, che sono le qualità dello Spirito.
Anche le nozze e il banchetto vanno intesi come unione dell’essere umano con lo Spirito di Dio, che non avviene più secondo il rito antico di una religione vuota del Mistero divino, ma secondo quell’unione mistica, in cui il vino rappresenta lo Spirito della Sapienza.
Ma possiamo andare anche oltre. Solitamente si parla di nozze nel senso carnale di matrimonio tra un uomo e una donna. Carnale, nel senso di un’unione di corpi e di anime, ma sempre sul piano umano. E, secondo alcuni esegeti, il vino rappresenterebbe proprio l’amore umano.
Non credo che l’evangelista Giovanni si fosse accontentato di leggere il miracolo in questo senso ancora limitato. Il miracolo di Cana va invece letto in senso elevatamente mistico, quindi al di là dell’amore umano. Già la parola “amore” è fortemente riduttiva, soprattutto se si passa da un matrimonio umano a un matrimonio del tipo mistico. Qui le parole assumono un senso che va oltre la carnalità. L’unione mistica è indicibile, è qualcosa che va oltre ogni sentimento o emotività. Si entra nel campo dello Spirito.
Gesù con la samaritana ha parlato di un’acqua dissetante per la vita eterna, ovvero della Grazia, ma qui, nel miracolo di Cana, forse possiamo vedere qualcosa di più. La Grazia si fa Unione mistica: unisce gli spiriti, e non i corpi.
Qui il discorso si farebbe ampio, e anche complesso, ma entusiasmante, se si avesse il coraggio da parte della Chiesa di aprire il mondo della Mistica, che è il mondo del Divino.
I preti e le suore avrebbero la possibilità di uscire da un mondo chiuso, che è quello di un celibato che mortifica la realtà della donna o dell’uomo, visti nel loro essere spirito, al di là quindi di ogni carnalità, di quella carnalità che fa paura alla Chiesa, ed è per questo che la Chiesa, non credendo nell’unione mistica, costringe preti e suore in una prigione che li opprime nella loro unione mistica.
Lo sto dicendo da tempo: il problema del celibato dei preti o delle suore non va risolto lasciandolo a tutti i costi o eliminandolo permettendo ai preti o alle suore di sposarsi. C’è una terza via “possibile”, che per me è l’ideale: il matrimonio mistico (invece che matrimonio usiamo un’altra parola, ad esempio Unione mistica) tra un prete e una donna, tra una suora e un uomo, ma il discorso si potrebbe aprire anche tra i laici.
La Chiesa perché teme di proporre questa terza via? Per la stessa ragione per cui secoli fa ha fatto fuori la Mistica, scomunicando i Mistici. Ha paura di perdere il suo potere. E non capisce che si sta scomunicando da sola. Prima o poi dovrà aprire gli occhi, se non vuole esaurire il mandato di Cristo.

4 Commenti

  1. simone ha detto:

    Don Giorgio buongiorno! So di essere fuori tema ma mi permetto di farle una domanda. Nella nostra vita di fede che senso ha la venerazione di libri o statue?

    Domenica sarà dedicata alla Parola di Dio e il responsabile della pastorale liturgica, mons. Gilardi (penitenziere maggiore) ha proposto un decalogo per vivere questa domenica.

    Io condivido il tema della domenica ma il senso, a mio modo di vedere, è “spronare” il popolo ad ASCOLTARE e VIVERE la Parola di Dio. A cosa serve venerare un libro se poi nella vita ce ne FOTTIAMO del messaggio che contiene?

    A me non sembra di fare alta teologia anche perchè sono un informatico quindi non è proprio il mio campo ma come fai a scrivere questi punti nel decalogo che proponi come guida alla giornata?

    1.Riconoscendo che «l’ascolto del Vangelo è punto culminante nella Liturgia della Parola», si suggerisce di dare particolare importanza all’Evangeliario portandolo in processione o collocandolo in una posizione significativa per la venerazione dei fedeli.

    7.L’ambone come luogo della proclamazione della Parola non deve essere anche il luogo degli avvisi, dei commenti o della direzione del canto.

    8.Per quanto riguarda il Lezionario e l’Evangeliario si chiede «di curare il loro pregio materiale e il loro buon uso». «È inadeguato ricorrere a foglietti, fotocopie, sussidi in sostituzione dei libri liturgici».

    Il punto 1 è follia. Per noi la Parola di Dio è importante perchè si porta in processione un libro e lo si espone alla venerazione dei fedeli (che poi a cosa serve venerare un libro)? Non è il contenuto rivoluzionario, la verità che contiene piuttosto che l’esteriorità di come viene introdotto? Un punto vomitevole che ci aiuta ad essere perfetti Farisei ma pessimi Cristiani. E menomale che Gesù ha abolito la legge e le prescrizioni…
    Io non venero un libro e non mi sento meno cristiano di altri!

    Punto 7, mi limito a dire che non tutte le chiese son cattedrali da 4000 mq per cui si può tranquillamente depennare perchè il 90% delle chiese non hanno spazi per distinguere ambone e altri luoghi. Punto inutile.

    Punto 8 mi viene un travaso di bile. Dobbiamo curare il materiale di pregio dell’Evangeliario. Cioè la giornata della Parola di Dio è stata istituita per ricordarci di conservare bene un libro?
    Non dai questa è follia. Chiudiamola qui e torniamo a lavorare i campi. Son cose INASCOLTABILI!

    Mi dica lei don Giorgio; io non so più dove sbattere la testa.

    Qui trovate il link all’articolo:
    https://www.chiesadimilano.it/news/chiesa-diocesi/domenica-della-parola-di-dio-suggerimenti-per-viverla-meglio-350499.html

    • Don Giorgio ha detto:

      Dico solo che queste giornate o iniziative me le tolgo dalla mente, e non le considero neanche. Sono semplicemente ridicole, pazzeche, comne tutto è ridicolo e pazzesco ciò che sta facendo la Chiesa istituzionale di oggi. Ha perso del tutto la testa, e corre dietro a simili boiate.

  2. Luigi Sirtori ha detto:

    Non sono un esperto, ma so che il grande mistico Origene si evirò interpretando troppo alla lettera Mt 19,12. Non sono sicuro. Sembra se ne sia pentito. Non potrebbe fare lo stesso la Chiesa col celibato? Per Origene a quei tempi non c’era rimedio. La Chiesa di cosa ha paura? Penso che non sia la paura dell’amore sponsale, se no come propone don Giorgio si può sostituirlo con quello mistico. Penso che sia legato “a la roba, ai dane” (alle proprietà e ai soldi) che han fatto gola in passato e fanno ancora gola oggi a certi ecclesiastici curiali. Ricordo quando facevo volontariato in ospedale il tentativo di convincere e far firmare un documento ad un malato terminale zitello che aveva “la roba e i dane”. Il celibe padre Livio Fanzaga è maestro in quest’arte persuasiva con i suoi potenti collaboratori. Se la Chiesa non si libera di questi personaggi, rimarrà quell’elefante che è, muovendosi lentissimamente. E alla Chiesa la Donna servirà più come Madre del focolare che come Maddalena o Samaritana. Lo stesso Pietro (la Roccia, ul testun) si scontrava con la Maddalena. Chi ha prevalso e prevale ancora?

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