Omelie 2016 di don Giorgio: SESTA DI AVVENTO

18 dicembre 2016: SESTA DI AVVENTO
Is 62,10-63,3b; Fil 4,4-4-9; Lc 1,26-38a
Prediletta e Sposata
I capitoli 62 e 63, da cui è stato tratto il brano della Messa, fanno parte del Terzo Isaia, ovvero sono opera di un profeta anonimo, vissuto durante la ricostruzione del Tempio di Gerusalemme e negli anni successivi (dal 520 a.C. in poi): dunque, dopo l’esilio babilonese.
All’inizio del capitolo 62, il Signore Dio entra in scena come uno sposo che regge in mano il diadema nuziale da imporre alla sua sposa. Il simbolo nuziale è forte e suggestivo. L’antico nome di Gerusalemme era “Abbandonata” e “Desolata”, evidente evocazione del passato esilico; con le nozze la donna assume un nome nuovo e sarà “Prediletta” e “Sposata”. L’obiettivo si sposta poi sulla città santa, Gerusalemme, e sulle sue sentinelle che vegliano nella notte cantando sempre le lodi del Signore: il riferimento va ai leviti, i sacerdoti, di guardia al Tempio, ove elevavano al cielo la loro preghiera durante le veglie notturne. Anche Jahvè, però, non dorme e veglia sulla sua città per impedire – come era accaduto nel 586 a.C. – che ci siano ancora nemici pronti ad assalirla e a distruggerla. Grano e vino, segni del benessere agricolo, saranno riservati solo a chi li ha prodotti, nella pace e nella gioia. È questa la grande promessa che Dio fa alla nuova comunità di Sion.
Passate, passate per le porte
Ed ecco i versetti del brano della Messa che iniziano con un caloroso invito: “Passate, passate per le porte”. Il popolo ebraico è invitato a preparare una specie di via processionale, pianeggiante e rettilinea, simile a quelle che si stendevano davanti ai templi dell’antico Vicino Oriente. Questa via processionale è destinata ad accogliere il Signore che ritorna solennemente a prendere possesso della sua città e del suo tempio. Con lui marcerà anche la nuova comunità, che è chiamata non solo con nomi analoghi a quelli della sposa di Dio, Israele, evocati nei primi versetti del capitolo 62, ma anche con termini più specifici a livello religioso: “popolo santo, redenti dal Signore”.
Non mi soffermo sui primi versetti del capitolo 63, dove lo scenario cambia e sembra colorirsi di rosso, come se il personaggio misterioso, con chiaro riferimento al Messia liberatore, apparisse sulla scena, dopo essersi vendicato, spargendo sangue dei nemici d’Israele.
Che significa Via Santa e che significa passare per la porta?
In queste domeniche di Avvento più volte si è parlato di una Via santa o processionale, pianeggiante e rettilinea che porta dall’esilio (Babilonia) in patria (Palestina). Bisogna pure spiegare questa immagine, che traeva comunque lo spunto da una Via Sacra che esisteva realmente a Babilonia, che gli schiavi costruivano per la processione delle statue pagane e che collegava i diversi templi. E poi il profeta ordina: “Passate, passate per le porte…”. Quali porte? Qual è l’immagine che sta dietro?
Partiamo da Gesù stesso. Egli dirà: “Io sono la Via”, e ancora: “Io sono la porta delle pecore… se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo”.
Il Vangelo di oggi parla dell’intervento dell’arcangelo Gabriele che annuncia ad una ragazza di Nazarat, di nome Maria, che sarebbe diventata la Madre del Messia. Luca scrive: l’Angelo “entrando da lei…”. Che significa “entrando da lei”? Abbiamo sempre ritenuto che l’Angelo fosse apparso nella casa, dove abitava la ragazza di Nazaret. Ma è così che vanno intese le parole di Luca?
Lettura mistica
Per evitare di cadere nelle solite banalità di ridurre gli interventi divini come se il Signore usasse i suoi profeti o i suoi intermediari celesti, assumendo la voce fisica del profeta o trasformando i suoi spiriti in esseri corporei, non abbiamo che una via, ed è quella percorsa dai Mistici, ovvero la via della “interiorizzazione”, per cui dobbiamo avere una grande cautela, che richiede gli occhi dello spirito, che è nel fondo del nostro essere umano. Più “interiorizziamo” la parola di Dio, senza perciò darne una interpretazione puramente letterale, più ne scopriremo il segreto.
E allora… 
E allora che cosa significa la “Via sacra”, pianeggiante e rettilinea che conduceva dalla schiavitù babilonese alla libertà della patria? Già le parole schiavitù e libertà dovrebbero aprire un mondo vasto, dove non c’è solo la realtà esistenziale di individui, cittadini e credenti  o non  credenti. Non c’è solo l’aspetto terreno, sociale, politico e religioso nei loro aspetti strutturali. In gioco c’è anzitutto l’essere umano, e dire essere umano porta inevitabilmente alla domanda: dove siamo? Ovvero: siamo fuori o dentro di noi? Se siamo fuori di noi, come possiamo parlare di “essere”? “Siamo”, se non ci sentiamo estranei a noi stessi.
Ed è proprio dentro di noi che si apre la Via sacra, pianeggiante e rettilinea che collega il nostro spirito allo Spirito divino. Fuori di noi, le strade portano tutte lontano dal Divino o dallo Spirito di libertà. E allora che significa essere schiavi o liberi? Si è schiavi, quando si è estranei al nostro mondo interiore, ma è già qui, dentro di noi, che si gioca la libertà, per il semplice fatto che c’è quell’ego, o fonte di male, che ci porta fuori, trascinandoci per le strade degli istinti più feroci. L’ego interiore è come un diaframma che separa il nostro essere dall’essere divino.
Ed è dentro di noi che il Divino apre porte imprevedibili sull’Infinito. Ecco le parole del Cristo mistico: “Io sono la porta delle pecore… se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo”. Più entriamo nel mondo interiore attraverso la porta del Divino, talora sbarrata dal proprio ego, più usciremo, fuori, in libertà, perché troveremo il vero pascolo.
Come vedete le parole tornano, ovvero prendono la loro giusta interpretazione e assumono significati profondi, che toccano il Mistero divino e il mistero umano.
Natale, allora, che cos’è?
Che significa, allora, che Gesù Cristo è entrato in  questo mondo? In quale mondo? Quale Cristo? Certo, il Cristo storico ha assunto la carne umana, ed è entrato nel mondo esteriore, ma il Cristo mistico o della fede è entrato nel nostro essere, ed è di questo che dobbiamo attendere la nuova venuta.

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