Cristo è risorto! Ma quante parole inutili!

pasqua ortodossa
di don Giorgio De Capitani
Se dovessimo mettere insieme tutto ciò che è stato scritto o detto sulla Via Crucis – quella strada del dolore che Cristo ha percorso in quel breve e drammatico tratto che dalla condanna lo ha condotto sul Calvario –, forse la catena delle parole oltrepasserebbe di molto il nostro presente, ne saremmo sommersi. Nonostante ciò, continuiamo ad allungare la catena e non ci accorgiamo che ci sta strozzando nei nostri veri bisogni, invece che liberarcene in vista di quella risurrezione, che, tra parentesi, non sappiamo ancora in che cosa consista effettivamente.
Cristo è risorto! Che significa in realtà?
Ci ha liberato dal peccato e dalla morte! Ma è così?
Parole inutili, parole droganti, parole senza senso: questa sarebbe la nostra fede di precari cristiani che soccombono ogni giorno sotto il peso della nostra inettitudine?
Sto dicendo anch’io parole inutili? Sì, probabilmente. Parole che non vorrei dire, tanto escono con fatica e con la paura di buttare ancora tanto fumo su un Mistero che meriterebbe rispetto, delicatezza, appunto… silenzio. Silenzio mistico!
Tutti sanno che la croce non è finita, che il dolore fa di nuovo impazzire, che la morte continua come prima a seminare stragi di innocenti.
Cristo è risorto! E noi siamo qui ancora a patire.
Ma l’annuncio ci serve per festeggiare, almeno per un giorno!
E poi tutto torna come prima, peggio di prima.
***
Un Triduo pasquale, per me speciale, quest’anno. Vissuto da spettatore! Come uno dei tanti della folla che assisteva, quasi passivamente, alla passione e alla morte di un Condannato speciale. Giudicato dal potere e dal popolo! Senza neppure la possibilità degli arresti domiciliari, o di andare in qualche ospizio a purificarsi la propria coscienza, per qualche giorno. Beh, Cristo non ne aveva assolutamente bisogno. Luì sì che è stato l’unico ad essere continuamente perseguitato dalla giustizia ingiusta di una religione idolatra.
Sì, un semplice spettatore, in chiesa. Con l’emozione di chi si trova tra gente comune, e nulla più: ma forse proprio questa assenza di coinvolgimento rituale è quella nudità interiore che si spoglia di ogni formalismo di dovere per mettere il credente a contatto con il Mistero divino.
Pur cambiando la chiesa di volta in volta, la sensazione era la stessa: una povertà di fede aleggiava nell’aria. Forse era la mia poca fede a raggelare la chiesa. A pensarci ora, ciò non lo riterrei per nulla negativo. Le vere emozioni sono quelle dell’essere interiore, e queste non sono sensazioni passeggere. Sono nude, senza vibrazioni di pelle.
Dopo cinquant’anni di prete ho scoperto forse dove sta l’essenzialità della fede. Dall’altare, dove noi ministri di un Cristo storico pontifichiamo coprendo il nostro essere con paludamenti rituali, che cosa in realtà comunichiamo al popolo di Dio?
Uno tra la folla: una folla talora di poche persone occasionali, o abitudinarie, sempre però alla ricerca di qualcosa d’altro, diverso da quanto noi preti, mestieranti del Divino, trasmettiamo, senza crederci con tutta l’anima. Noi non facciamo altro che commemorare e commemorare, tra riti sempre più noiosi e ripetitivi.
Ero tra i fedeli in chiesa, e, son sincero, non vedevo la gente, non la sentivo: forse perché la sensazione di sentirmi “strano” mi teneva alla larga. Mi sentivo estraneo? No, non mi sono mai sentivo uno del popolo di Dio come in questi giorni. Senza potere, senza insegne rituali, uno tra i tanti, uno di quei miseri alla cui vista Cristo ha sentito compassione.
***
Cristo è risorto!
Ma non senti, nel cuore, mentre canti l’alleluia che il mondo è ancora, sempre ancora un venerdì di passione?
Cristo è risorto!
Forse sì, quest’anno, almeno per me.

 

 

5 Commenti

  1. marco brenna ha detto:

    caro don giorgio, non potendo partecipare alla via crucis, la sera del venerdi santo abbiamo fatto una meditazione sulla tua omelia della domenica delle palme. è stato un momento di grande fede e partecipazione al mistero dell’Amore di Dio. non rinunciare a donarci la tua Parola. grazie. luisella e marco

  2. pierluigi ha detto:

    Forse è errata la ritualità, in un certo senso la via crucis è personalizzata per ciascun vivente, anche le positività della vita possono far parte delle negatività, per farci capire le differenze e maturare, comportamenti migliori ed attenuare il gap tra positività e negatività, se ci riusciamo sarà una via crucis più sopportabile.

  3. Giuseppe ha detto:

    Se capissimo veramente fino in fondo il mistero della morte e della resurrezione di Gesù Cristo, non saremmo esseri umani con i nostri limiti e la nostra fragilità. Forse mi sbaglio, ma credo che molti di noi ne prendano atto senza nemmeno pensarci su, solo perché si tratta di un dogma di fede e, perciò, come la chiesa insegna: DOBBBIAMO crederci.

  4. GIANNI ha detto:

    Ogni argomento che tocchi, che riguardi anche un coinvolgimento metafisico, riconduce al mistero, e così è per la passione e risurrezione.
    Su questi temi si sono sprecati fiumi di parole,ed ogni confessione, ogni religione,ha detto la sua.
    Come sempre,su una sola cosa tutti possono concordare,che si tratti di misteri,per cui nulla è definitivamente chiarito.
    Proprio per questo a chi crede è richiesta fede, per credere anche in quello che non appare dotato di senso logico.
    La sofferenza ed i limiti umani non si riescono a comprendere di fronte al sacrificio di Cristo, e quindi tutto viene avvolto da una logica “divina” che è totalmente altra dalla nostra.
    Anche per questo la teologia è una pura rappresentazione umana, tentativo di interpretazione che cerca di spiegarci i misteri divini, fin quando essa stessa si arrende, e proclama “mistero della fede”.

  5. Filippo ha detto:

    Grazie, don Giorgio, di questa sua commovente e toccante testimonianza.
    E’ vero, Cristo e’ risorto solo perché’ è la primizia di coloro che sono morti; ma, in realtà’ quel “e’ risorto” non ha senso se ciascuno di noi non trasforma il passato remoto in presente !
    Buona Pasqua, don Giorgio carissimo e mi permetta di abbracciarla in viva comunione.

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