Tutti opinionisti in faccende fuori casa, ma pochi impegnati nel locale

L’EDITORIALE
di don Giorgio

Tutti opinionisti in faccende fuori casa,

ma pochi impegnati nel locale

A parte il mio sito, dove i pochi che tentano di fare predicozzi da maghi vogliosi di risolvere tutto con quattro o cinque punti indicandoli anche con le dita di una mano (così faceva tanti anni fa un leghista di nome Giancarlo Pagliarini) vengono subito messi con i piedi per terra, ciò che irrita è quel sentenziare a vuoto da parte di presuntuosi ignoranti che non hanno nulla da fare, rimanendo su internet dalle prime luci del mattino fino alle ultime ore della sera a sparare cazzate.
Oramai Facebook è in balìa degli stupidi sapientoni da strapazzo, complessati e sgangherati nel cervello: gente che crede di farsi valere solo per il fatto di rendersi “visibile”,  omologandosi all’opinione pubblica, che per un verso si lamenta ad ogni venir meno di qualche accessorio, guadagnato secondo loro col sudore della fronte, e dall’altro verso facendo nulla per migliorare le cose, a partire dal proprio paese.
E non c’è possibilità di replicare. Se ti permetti di frenarli, dalle bocche di questi idioti uscirebbero pezzi di merda da coprire sconfinate steppe. La loro arte è anche fare le vittime, come poveri innocenti in balìa di giochi malefici.
Succede che, rintanati nel loro buco, immaginano di vedere il mondo intero come una somma di quattro operazioni: dividere, moltiplicare, sottrarre e aggiungere. A seconda dei casi. Ma come possono fare almeno una delle quattro operazioni, se il loro cervello è fuso o è vuoto per natura? C’è gente che nasce tabula rasa e rimane tale, fino all’ultimo respiro. Eppure, tutti nasciamo con un mondo di idee tutte da scoprire. Ma forse c’è qualcosa di così perverso che riesce persino ad azzerare l’infinito inconscio: qualcosa che il Padre Eterno permette, e che mi fa dubitare dell’esistenza di un Dio buono e paterno, se nemmeno lui riesce a frenarlo. 
Il mondo universale è il campo di battaglia degli utopisti scansafatiche. Lo sognano, e non muovono un dito. Sto parlando del posto in cui abitano: del loro paese, del loro ambiente. Non li vedi. O, meglio, li vedi e li senti quando c’è qualche festa, e allora, tra un bicchiere e l’altro, tutti vorrebbero salvare il mondo, e poi, tornati a casa, si chiudono tra le quattro mura del loro mondo tanto piccolo quanto gretto.
Non sopporto più questa gentaglia che, in balìa di un vizio maledetto, tipicamente italiano, che consiste nel contestare con le mani in tasca, scendendo anche in piazza, ma solo quando le loro tasche vengono toccate da qualche tassa in più, è talmente egoista da scannarsi per qualche metro di terra che un parente o un amico di partito vorrebbe riavere. La società odierna è maledettamente individualista, e solo eccezionalmente solidale.
La solidarietà sociale va di pari passo con la solidarietà politica, e per me solidarietà politica è prendersi a cuore il proprio paese. Troppi tra i pochi che si danno da fare nel campo caritativo, amano giocare fuori casa. Mettersi in gioco nel proprio paese è una rarità, per di più viziata dalla tentazione ancora presente di qualche furbo di farsi eleggere arrivare in Comune per ottenere qualche interesse tutto “proprio”.
19 luglio 2015
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