Omelie 2020 di don Giorgio: SETTIMA DOPO PENTECOSTE

19 luglio 2020: SETTIMA DOPO PENTECOSTE
Gs 4,1-9; Rm 3,29-31; Lc 13,22-30
Una premessa
Anche per questa volta vorrei soffermarmi sul terzo brano, ovvero sul brano di Luca che riporta alcune parole di Gesù che possono a prima vita sembrare anche del tutto paradossali, e guai se non lo fossero, se è Parola di Dio che provoca novità eterne. Ogni parola di Dio è sempre interessante e stimolante, quando è Parola di Dio, ovvero ispirata dallo Spirito santo.
Vorrei fare subito un premessa. So di ripetermi, ma bisogna che certi insegnamenti entrino nella nostra testa, si memorizzino, abituati come siamo a lasciare che le cose più importanti scivolino via come su un piano inclinato di marmo spalmato di cera, per lasciare il posto alle cose meno importanti, che vengono assorbite quando la nostra mente fa da spugna. Non mi diverto certo a dire queste cose, e la realtà è sotto gi occhi di tutti; basterebbe spalancare i nostri occhi socchiusi dalla troppa faciloneria o dalla troppa luce artificiale delle apparenze, riflettere e meditare, senza fingere di piangere talora per le disgrazie che ci capitano, quando soprattutto ce le meritiamo.
Coronavirus o non coronavirus, dovremmo smetterla di piangerci addosso, e recriminare contro tutto e contro tutti, sempre condizionati dall’unica preoccupazione di dover perdere qualcosa di nostro, tanto più che ci siamo costruiti un mondo di nullità.
Gesù in cammino
E allora, che cosa vorrei ripetere, parlando del brano evangelico di oggi? E se la ripeto è perché ritengo fondamentale non solo ripeterla, ma con l’intento di approfondire una verità che è profonda come lo stesso Mistero divino. L’immagine del pozzo, che spesso uso, e che è presa dall’incontro di Gesù con la samaritana, è molto efficace: nel pozzo si deve scendere sempre di più, perché è così profondo che più si scende più ci si avvicina al Mistero divino. All’inizio possiamo vedere riflessa qualche pallida immagine del Divino, poi man mano l’immagine divina diventa realtà, ovvero Dio stesso.
Ed ecco allora le prime parole del brano di Luca: “(Gesù) passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme”.
Ogni evangelista ha una propria caratteristica nel presentare la Buona Novella di Gesù. Luca presenta Gesù come se fosse sempre in cammino, un lungo ininterrotto cammino che terminerà a Gerusalemme, sulla Croce.
Certo, già capite che non si tratta solo di un cammino da intendere in senso fisico, perché in tal caso sarebbe da dividere in tappe e in giornate, oltre che dare spazio anche a momenti di sosta ecc.
Luca presenta Gesù in un cammino ideale che conduce al nodo cruciale di Gesù, che è la sua pasqua: passione, morte e risurrezione. Sulla croce il cammino non termina, se non per il Cristo storico, ma continua con il Cristo della fede, o con il Cristo risorto.
Già l’ho detto, ma lo ripeto: i primi cristiani, lo si legge negli Atti degli apostoli, erano chiamati “quelli della Via”, e la Via era la prima definizione del Cristianesimo.
Gesù sta davanti
Gesù cammina stando sempre davanti, come ogni autorevole maestro o rabbì dei suoi tempi. Sì, Gesù cammina davanti, perché ogni vero maestro sta davanti: è lui che apre la strada, ed è soprattutto lui che si prende i rischi.
Quando Pietro, per rimproverare il Maestro che aveva parlato della sua prossima fine, si accosta a Gesù, viene durante contestato: “Vade retro, satana!”, ovvero torna indietro, va’ al tuo posto di discepolo, e non venire qui a insegnarmi ciò che devo dire o devo fare. Io sono l’unico Maestro!
Qui avremmo tanto su cui fermarci per riflettere. Chi è il maestro? Chi è l’educatore? Chi sono i genitori? Chi sono i preti o le suore? Educare che significa? Insegnare che significa? Quello stare accanto alla gente, come si sente dire, che senso può avere? E che vuol dire aprire strade nuove? Che vuol dire stare davanti per prendersi le proprie responsabilità e i rischi? Lascio per ora in sospeso queste domande.
Sforzatevi di entrare nella porta stretta…
Prima dicevo che per Luca la strada è da intendere non in senso materiale, ma quel cammino spirituale sempre progressivo che conduce alla Pasqua. E quando si parla di spiritualità s’intende ciò che riguarda il mondo dello spirito, del nostro spirito e dello Spirito santo. Un cammino che ha tappe, ma procede sempre nella stessa direzione: dall’esterno all’interno, e dall’interno poi esce all’esterno per dare alla società e alla Chiesa come struttura un volto nuovo.
Se si può dire che il cammino è mistico, per mistica non s’intende qualcosa di privato o di esoterico, o una separazione dal mondo in cui viviamo.
Che significa ora l’espressione “Sforzatevi di entrare per la porta stretta”, di cui parla Gesù rispondendo alla domanda di quel tale che gli chiede: “Signore, sono pochi quelli che si salvano?”.
Qui ogni esegeta dice la sua, ma non sembra tanto difficile comprendere il significato delle parole di Gesù, se partiamo proprio dalla Mistica, la quale insiste nel dire che, per scoprire il Divino in noi, occorre il distacco, e il distacco non è qualcosa di negativo (una mortificazione corporale fine a se stessa, così ha sempre inteso la Chiesa, parlando di sacrifici o di mortificazioni), ma per i Mistici il distacco è essenziale per il cammino interiore: si deve togliere ciò che è inutile o superfluo per lasciare più libero il nostro essere alla presenza divina. Dio quando vede uno spazio libero necessariamente lo occupa, come il bene che si diffonde quando trova via libera, come la luce che entra in una stanza quando è vuota. Il bene è diffusivo per natura, così la luce.
Ecco allora il nostro impegno: togliere ciò che riempie il nostro essere di cose materiali, che provengono dall’esterno, da una società carnale. Sì, l’immagine della porta stretta può essere simbolica del nostro dover restringere la possibilità che le cose esterne trovino una autostrada per entrare in noi e occupare lo spazio del nostro spirito, non permettendo così al Divino di espandersi nel nostro essere.
La porta stretta non deve far pensare che si restringa la casa, che è il nostro essere interiore. Esattamente il contrario. Più restringiamo la porta d’entrata delle cose inutili, più siamo liberi dentro, e più diamo a Dio la possibilità di espandersi in noi.

1 Commento

  1. Simone ha detto:

    Grazie don.
    Questa modalità di proporre l’omelia della domenica attraverso il video e il testo è per me utilissima.
    Facilità la meditazione e la comprensione delle letture della domenica.
    Poi Lei ha un passo diverso; le sue riflessioni hanno un obiettivo ben preciso risvegliare le coscienze e smuovere l’uomo dal suo torpore.
    A me sta servendo tanto; è un dono davvero gradito.
    Nell’aridità generale c’è ancora un pò di acqua fresca. E devo consigliare a molti abitudinari scontenti della propria comunità, di avere il coraggio di ricercarne una nuova. Io l’ho fatto e sono uscito da una mediocrità infeconda.
    Grazie don per le sue parole!

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