Morto Francesco Saverio Borrelli, addio al capo del pool Mani Pulite

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20/07/2019

Morto Francesco Saverio Borrelli,

addio al capo del pool Mani Pulite

Aveva 89 anni. È stato protagonista di un capitolo della storia italiana
È morto a Milano Francesco Saverio Borrelli, ex capo del pool Mani Pulite ai tempi in cui era procuratore della Repubblica ed ex procuratore generale di Milano. Protagonista di un capitolo della storia d’Italia, ha indossato la toga per 47 anni.
Borrelli era nato a Napoli il 12 aprile 1930 ed è morto all’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, dove era ricoverato da un circa un paio di settimane. Aveva 89 anni. Lascia la moglie Maria Laura, i figli Andrea e Federica e quattro nipoti.
Non era solo l’uomo del “resistere, resistere, resistere” contro lo sgretolamento e il naufragio della coscienza civica e del senso del diritto, ma era anche colui che sulle orme del suo “maestro” Piero Calamandrei era convinto che al magistrato spettasse il ruolo di “scudo della legalità”. Ruolo cui lui ha creduto sempre e che ha sempre perseguito con rigore in tutta la sua carriera.
 “Ai guasti di un pericoloso sgretolamento della volontà generale, al naufragio della coscienza civica nella perdita del senso del diritto, ultimo estremo baluardo della questione morale è dovere della collettività ‘resistere, resistere, resistere’ come su un’irrinunciabile linea del Piave”
(Francesco Saverio Borrelli, 12 gennaio 2002)
Con la sua scomparsa, Francesco Saverio Borrelli lascia un grande vuoto nella magistratura italiana. Vuoto che si aggiunge a un profondo dolore per la perdita di chi per quasi mezzo secolo è stato uno dei protagonisti della storia giudiziaria, e non solo, del nostro paese e che non si è risparmiato, scendendo in trincea, per difendere le toghe, i suoi pm, e la loro indipendenza. Con lui, commentano ora in molti, se ne va un punto fermo per chi è ‘cresciuto’ seguendo i suoi insegnamenti poi ereditati dalle nuove leve. Una figura che “ha incarnato l’essenza del magistrato”, cioè di chi si è messo a disposizione dello Stato e della collettività facendo della ricerca della verità un vessillo. A ciò va aggiunto un bagaglio culturale notevole dove, accanto ad arte, letteratura, storia e anche attualità, c’era la musica e poi il piacere di andare a cavallo, in bicicletta e a sciare. Suonava il pianoforte e fino a quando ha potuto, sia che fosse la Sala Verdi del Conservatorio, sia il teatro alla Scala o qualche altro palcoscenico, è stato attento estimatore sia degli autori classici, Wagner primo fra tutti, sia dei contemporanei.
Nato a Napoli il 12 aprile 1930, il nonno, il padre Manlio e pure il figlio Andrea magistrati, Borrelli apprezzato da molti ma anche criticato da una certa parte della politica, nel ’52 a Firenze, dove ha studiato al conservatorio, si è laureato in legge a 22 anni con una tesi su ‘Sentimento e sentenza’ discussa davanti a Calamandrei. Tre anni dopo la toga e poi i primi passi come giudice civile a Milano, nel palazzo dove il padre era già la più alta carica e dove ha lavorato per 46 anni al netto della parentesi di un anno a Bergamo.
Passato al penale ha presieduto sezioni di tribunale e di Corte d’Assise, giudicando anche le Brigate Rosse. La prima condanna che ha letto in aula risale al 1976: dieci anni ad un rapinatore. Negli anni Sessanta è stato tra i fondatori della corrente di Magistratura Democratica. Per molti anni procuratore aggiunto, il 17 marzo 1988 è succeduto a Mauro Gresti alla guida della Procura della Repubblica.
È diventato noto soprattutto con l’inizio di Mani Pulite, la maxi-inchiesta che ha coordinato con il vice Gerardo D’Ambrosio, un collega ed amico scomparso il 30 marzo 2014, con il quale, peraltro si è talvolta trovato in disaccordo sui temi di politica giudiziaria. Con un gruppo di magistrati, il cosiddetto ‘pool’ composto da Di Pietro, Davigo, Colombo, Greco e Ilda Boccassini il tentativo è stato colpire la corruzione infiltrata nei rapporti tra mondo politico e imprenditoriale.
Dal 1999 al 2002 è stato Procuratore Generale, difendendo con fermezza il principio costituzionale della indipendenza della magistratura. Qualche giorno prima di congedarsi, nel corso di una cerimonia organizzata nel grande atrio del Palagiustizia, visibilmente commosso, tra una pioggia di applausi e strette di mano, ha salutato tutti con un triplice “grazie” con una precisazione, però: “quando le parole sono importanti io sono solito ripeterle per tre volte”, aveva detto lasciando sottintendere il riferimento a quel “resistere, resistere, resistere” pronunciato all’inaugurazione dell’anno giudiziario precedente e che fece scalpore e accese dure polemiche. Quel giorno aveva assicurato che non sarebbe stato “il classico pensionato che col cagnolino al guinzaglio”. Infatti nel maggio del 2006, con Calciopoli, lui, che mai si era appassionato per il calcio, venne nominato capo dell’ufficio indagini della FIGC (Federazione italiana gioco calcio), incarico lasciato nel 2007.
Dopo essere stato alla guida del Conservatorio, nel 2012 è stato insignito del titolo di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.
Prima di ritirarsi a vita privata nel 2011, in una intervista chiese “scusa per il disastro seguito a Mani Pulite. Non valeva la pena buttare all’aria il mondo precedente per cascare poi in quello attuale”. Con lui scompare una figura di magistrato, come è stato descritto, rigoroso e integerrimo, e di un padre, come ha ricordato la figlia Federica in una lettera di commiato, che ha “saputo dare” e che non ha “mai smesso di trasmettere tutto ciò che per te valeva la pena di trasmettere”.
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4 Commenti

  1. Giuseppe ha detto:

    La giustizia non è, o almeno non dovrebbe essere, una forma di vendetta.

  2. Giuseppe ha detto:

    Credo che chiedendo scusa per il disastro provocato da “mani pulite” Borrelli abbia dato la misura della sua statura morale e professionale. Ho sempre pensato che l’inchiesta sulla corruzione dei politici della cosiddetta “prima repubblica”, pur partendo da presupposti sacrosanti, sia poi stata snaturata da invidui senza scrupoli che, pur di ottenere un quarto d’ora di celebrità iscrivendo il proprio nome sui libri di storia, non hanno esitato a strumentalizzarla per fini personali. Se non ci fosse stato il clamoroso accanimento mediatico che andava oltre le carte giudiziarie, probabilmente, se non altro, oggi avremmo potuto godere di una situazione politica di ben altro spessore. L’uomo per sua natura è fragile e, a volte, non ce la fa a resistere alle tentazioni, ma guai a colui che ne approfitta per sputtanarlo davanti al consesso civile. La giustizia non è, o almeno dovrebbe essere, una forma di vendetta.

  3. Annamaria Rossi Bufo ha detto:

    Ci mancherà. Abbiamo tanto bisogno di Persone come lui.

  4. Annamaria Rossi Bufo ha detto:

    Ci mancherà. Abbiamo bisogno di Persone come lui. Tanto bisogno.

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