Perché per i nostri superiori i preti dissidenti sono più pericolosi di quelli pedofili?

Mi piacerebbe entrare nella testa (o nella mente) di qualche mio superiore per capire quale sia il suo reale giudizio sulle tante cose che succedono nella Chiesa o nella Diocesi, o che cosa pensi delle decisioni che provengono dai gerarchi, di cui devono eseguire gli ordini.
Il problema è che dall’esterno non si riesce proprio a capire. Questi superiori sanno coprire molto bene il loro stato d’animo, e soprattutto i giudizi che provengono dalla loro coscienza. 
Sembrano talora delle sfingi, quasi impassibili, e talora ipocriti nel senso etimologico della parola: attori che sanno recitare la loro parte, anche maldestramente, ma cambiando di volta in volta la maschera.
Sembrano magari umani, ma è solo un’impressione: dietro al sorriso, ecco pronta la sentenza che prevale su ogni apparente dialogo.
Di fronte all’evidenza essi negano, o meglio cercano di arrampicarsi sui vetri, contraddicendosi senza per nulla vergognarsi. Sul momento. Ma in realtà hanno dentro qualche rimorso? Oppure sono stati così castrati a dovere che, finché dura l’incarico di servitore della gerarchia, hanno rimosso ogni possibile ravvedimento? Difficile rispondere.
Su mille e più preti che ci sono nella nostra Diocesi è chiaro che si può anche sbagliare, prendere delle cantonate, non avere elementi sufficienti per giudicare. Tuttavia, mi viene un dubbio che, non solo nel passato, anche oggi, un vescovo si senta più padre, ovvero comprensivo e protettivo, verso i preti che sbagliano in certi campi coprendo ad esempio delitti come la pedofilia, e invece usi il bastone contro i preti “dissidenti” che contestano la struttura della Chiesa o mettono in serio pericolo qualche dogma o la morale.
Vorrei dire di più: a me sta bene, anzi benissimo, che ci siano preti impegnati nei Centri di recupero o nell’assistenza di ogni tipo, ma anche qui stiamo attenti. In fondo, questi preti o suore fanno comodo alla Chiesa struttura, ne salvano la faccia. Difficilmente vedo questi preti o suore contestare la Chiesa. Talora sono conniventi col potere più corrotto. Non c’è solo il caso don Pierino Gelmini. Ma alla Chiesa non va proprio giù che ci siano preti che la contestino nel suo marciume istituzionale o che risveglino il popolo di Dio. Adesso qualcuno mi accuserà di essere ingrato verso chi s’impegna nel mondo assistenziale. Non è così! Certo, preferirei che i preti impegnati ad esempio nell’antimafia o nell’anticamorra alzassero di più la voce contro una Chiesa che pensa solo a fare documenti o a far pregare la madonna e i santi, lasciando il popolo ignorante e obbediente, succube di una gerarchia che predica bene e razzola male.

Vi offro da leggere questa lettera aperta al Vicario episcopale di Lecco, mons. Maurizio Rolla. L’ho inviata qualche giorno dopo l’Assemblea pubblica, indetta per martedì 23 luglio.

       
Lettera aperta al Vicario episcopale di Lecco
don Maurizio Rolla

Mi sarei aspettato due righe di commento alla serata di martedì scorso, 23 luglio. Almeno, due righe. Nulla!

Spero che ti sarai accorto di quale “classe” è la comunità di Monte! Non ti ha dato qualche brivido di commozione constatare di persona lo “stile” di comportamento delle numerose mamme che ti hanno voluto anche “proteggere”, con la loro dolcezza e nello stesso tempo con tanta determinazione? Hanno saputo “trattenere” tutta la loro rabbia che avevano dentro, e quella voglia di sfogare qualche loro risentimento. L’hanno fatto per evitare che il pubblico reagisse in modo scomposto. In sala c’erano i loro mariti, che le sostenevano, orgogliosi di avere mogli a cui interessa in primo luogo il bene della comunità, e di conseguenza dei loro figli. Che cosa noi preti potremmo chiedere di più? Di accontentarci di avere intorno le solite beghine tutto fare, magari complessate e per questo vogliose di auto-compensarsi con quei meschini giochetti di potere che alla fine riducono la parrocchia ad un mondo piccolo piccolo di pettegolezzi?

Spero che ti sarai accorto che un bel gruppo di mamme di Monte, con i loro mariti e i loro figli, non si è esposto per esibirsi, ma per difendere quella “classe” di Chiesa che da tempo sognavano, e che per anni hanno condiviso, e che ora vedono sfumare per una tuttora incomprensibile presa di posizione nei miei riguardi, che ha disorientato anche coloro che non condividono le mie visuali di fede o le mie scelte pastorali.

Spero che ti sarai accorto che la Comunità S. Antonio abate è al limite della sopportazione, e che prorogare ancora qualche vostro deciso intervento potrebbe segnare la fine di ogni speranza. Che cosa dovrebbero ancora fare i due preti della Comunità per convincerti ad aprire gli occhi? Sei ancora dell’idea, dopo la serata, che bisognerebbe valutare i pro e i contro? Quali pro? A parte le intenzioni personali o la loro buona fede, su cui io personalmente ho dei forti dubbi, da valutare non è il loro oggettivo criterio pastorale, supposto che si possa parlare di criterio? Perché i superiori sembrano implacabili nel prendere posizioni nei miei riguardi, senza badare a distinguere la mia buona fede dal fatto in sé, mentre si trattengono dall’intervenire quando di mezzo c’è il bene comune della Comunità, in nome di chissà quale spirito caritatevole nei riguardi della persona? Perché usate due pesi e due misure? So che talora mi spingo oltre quella prudenza o quella correttezza istituzionale che voi difendete anche a costo di qualsiasi rispetto per la mia persona, so benissimo che certe mie idee di fede non sono in linea con la Chiesa strettamente dogmatica e moralistica, so che vi irrita ogni spirito ribelle che metta in crisi l‘obbedienza canonica, ma, caspita, perché permettete che le comunità si estinguano per troppa cecità pastorale, per troppa supina obbedienza a ordinamenti senz’anima e senza futuro? Se poi si aggiungono presunzione e autoritarismo, incapacità voluta o non voluta di aprirsi al Nuovo che avanza, rifiuto di dialogare e di confrontarsi, mancanza di quella pazienza pedagogica che vuole i suoi tempi per conoscere e per valutare, allora si ha il quadro perfetto della dirigenza pastorale della Comunità di S. Antonio abate. E ancora aspettate? Perché? Perché “prima” avete scelto di mettermi nella condizione di andarmene da Monte? Perché? Ritenete che così, andandomene “prima” io, si possa “poi” risolvere il problema della Comunità pastorale? Ma ci sarà un “poi”?

Forse non ti sarai accorto, ma durante la serata di martedì scorso non hai risposto in modo soddisfacente a nessuna domanda che il pubblico ti ha rivolto, e tanto meno hai avuto il coraggio di chiarire le vere “ragioni” del mio trasferimento. Perché non risenti la registrazione? L’ho pubblicata sul mio sito. Ti renderai conto che la serata si è svolta  all’insegna della ipocrisia, tra un pubblico desideroso di sapere di più e quel tuo rispondere vagando tra tanti “ni”. Il Vangelo non ci insegna così. Cristo ha detto: “Il tuo parlare sia sì sì, no no”. Ancora oggi la gente mi chiede: “Perché?”. Me ne dovrei andare per il bene della Comunità pastorale? Potrebbe anche essere così, ma il bene della Comunità di Monte non conta nulla? La Comunità di Monte dovrebbe sacrificarsi per un presunto principio che sarebbe il bene della Comunità pastorale? Ti rendi conto che qui sono in gioco la realtà e una presunzione di principio? E chi ti dice che il bene della Comunità pastorale non possa dipendere da una Comunità particolare, come quella di Monte, che potrebbe dare finalmente un po’ di ossigeno a tutta la Valletta? Tu potresti dirmi che questa è una mia presunzione! Ma non hai forse constatato di persona di quale “classe” è la Comunità di Monte? Dico “classe”, non dico cattedra. La differenza che c’è tra le parrocchie è questa: Monte è sempre alla ricerca del meglio, punta al meglio, chiede il meglio, le altre si sono sedute a godersi quel poco o tanto di piaceri culinari che con i loro buoni sapori e buoni odori farebbero risuscitare anche i cadaveri del cimitero. Ma nel frattempo a morire sono le parrocchie, pur tra gli odori e i sapori culinari!

La Comunità di Monte non è salita in cattedra, casomai da secoli lo è già, per la sua ridente posizione geografica. A Monte la gente sale perché ha sete di imparare quella verità di cui “anzitutto” quelli del paese si sentono assetati. E mentre i cosiddetti forestieri se ne vanno poi a casa loro, la comunità di Monte rivive questa sete anche impegnandosi in parrocchia e nel sociale, coinvolgendo i loro figli in un contesto di fede che li possa maturare, nella speranza che il domani li veda crescere come i loro genitori, oggi assettati di verità. Di quella verità che non è tanto dogmatica, ma ricerca, ricerca, ricerca. Dio mio! Non sei forse Infinito? Come puoi estinguerti in un mondo religioso di sciocchezze pastorali, di attività banali e inconcludenti, di scelte scriteriate, di imposizioni “omologanti”  fuori di ogni rispetto per l’identità delle singole parrocchie?

Martedì sera, non hai risposto ad alcuna domanda, ma hai preferito zigzagare tra un pensiero e l’altro, tra sconnessi ragionamenti sofistici che la gente non ha capito perché capiva che le loro domande rimanevano senza risposta.

Certo, alla gente di Monte interessa che io rimanga, ma non è solo la mia presenza fisica che a loro preme, perché sanno benissimo che prima o poi il problema della mia permanenza si porrà. Ma non accettano che s’interrompa quel cammino di fede che è frutto di una visuale diversa di Chiesa, quella che si può chiamare progressista in antitesi a quella medioevale, in quella che tu, se non ho capito male, ti riconosci. Il problema non è essere progressisti o medioevali, il problema è un altro: vivere il Vangelo del Cristo radicale. Questo la gente di Monte ha capito: che è bello vivere il Cristo radicale!

Allora la vera domanda è questa: perché don Giorgio se ne va? Perché è di ostacolo alla Comunità pastorale, oppure perché ha proposto e continua a proporre un Cristo che non ha nulla a che fare con una religione chiusa all’Umanità? Questo Cristo radicale, e di conseguenza questa Chiesa radicale, rientrano nella pastorale della Comunità S. Antonio abate? Ma la domanda va oltre, non siamo così sciocchi da restare nel nostro piccolo: la “nostra” Chiesa non sta forse stretta, addirittura non irrita il concetto di Chiesa che ha l’attuale diocesi milanese? Eppure, basterebbe guardare a Papa Francesco per capire chi ha ragione.

La Comunità di Monte non si rassegna. Farà qualcosa per far sentire la sua voce. Non ci spera troppo. Ma non demorderà facilmente. Almeno i figli della mamme e dei papà un domani diranno: Siamo orgogliosi di voi!

E lo sono anch’io! TANTO!

Saluti
don Giorgio De Capitani

 

 

È stata aperta su Facebook una pagina dal titolo:

Un tam-tam di voci per don Giorgio, da Monte fino a Papa Francesco

Descrizione
Questa pagina nasce per dare solidarietà a don Giorgio De Capitani e alla comunità di S. Ambrogio in Monte di Rovagnate, per essere accanto a loro, ma soprattutto per aiutarli a far ascoltare la loro voce.

Raccoglieremo qui oltre alle testimonianze dirette dei parrocchiani di Monte, delle persone coinvolte sul territorio e vicine a don Giorgio, anche le parole di chi lo ha incontrato attraverso il web. Dei tanti che, pur abitando distanti da Monte, il sabato sera fanno i pendolari per assistere alla sua celebrazione e a un'omelia capace di smuovere qualcosa dentro. Di quelli che, essendo troppo distanti, si accontentano di seguire un'omelia su Youtube. Dei tanti credenti che, per le più svariate delusioni, hanno smesso di frequentare la parrocchia e ora trovano in un anziano prete "virtuale" distante centinaia di chilometri quel punto di riferimento che un parroco vicino non ha saputo essere.

Ovunque, nei commenti al sito, leggiamo: "Don Giorgio, vorrei che fosse il mio parroco!"; "Se la mandano via da Monte venga da noi!"; "Vorrei che fosse lei a battezzare mio figlio!". Perché tutto questo seguito, che ahimè è anche indice di un malcontento generale verso il parroco della chiesa sotto casa?

Troppa gente all'unisono e da più parti d'Italia dice le stesse cose per pensare che sia solo un fatto isolato. Troppo facile credere che siano pochi sparuti alienati che preferiscono vivere una fede strampalata e personale anziché una fede di comunità. Se è vero che la fede cattolica si basa sulla comunione e non sull'individualismo, bisogna anche dare alla gente la possibilità di sentirsi integrata e a proprio agio in una comunità.

Invitiamo la gerarchia a farsi delle domande, se non vuole perdere ancora una volta la possibilità di un dialogo con i fedeli.

Perché noi un prete così faremmo carte false per averlo e se ce lo portassero via non staremmo di certo a guardare! Per questo siamo solidali con chi ha avuto la fortuna di fare concretamente un pezzo di strada assieme a lui ed ora se lo vede strappare via.

È stata lanciata anche l’iniziativa di raccogliere lettere in mio sostegno.

Chi volesse sostenere don Giorgio mandando una lettera può farlo inviandola come messaggio privato a questa pagina.
Appena possibile la pubblicheremo tra le nostre note (ricordatevi di specificare nome cognome e località da cui scrivete).
Potete indifferentemente rivolgerla a don Giorgio, al Card. Scola o al Santo Padre, ciò che conta è che uniate la vostra voce alla nostra contro questa singolare ingiustizia: non solo una rimozione, ma l'obbligo di autocensura.
Sì, perché a don Giorgio infatti non sarà più assegnata alcuna parrocchia, stando alla decisione così com'è allo stato attuale.
Tutto ciò che gli hanno concesso è una celebrazione di una sola Messa festiva in una chiesa vicina, con i limiti di non invadenza che ogni ospite dovrebbe rispettare, senza nemmeno una garanzia di continuità di questo servizio pastorale. Per saperne di più sulla faccenda vi invitiamo a leggere i link e la documentazione che abbiamo pubblicato e che pubblicheremo nei prossimi giorni.

 

12 Commenti

  1. Patrizia 1 ha detto:

    Papa Francesco non ci deludere, ci contiamo.
    Ti vogliamo bene.

  2. gianfranco ha detto:

    Se San Paolo (o, volendo, Paolo ) ha cominciato a far sgarrare ENORMEMENTE la Chiesa fin dalla prima generazione, come affermava don Pagliughi, facendola uscire di carreggiata per i venti secoli a venire, vuol dire che è mancata l’assistenza divina. Con ciò rimane da pensare che la figura e l’azione di Gesù sono interpretabili a piacimento e che di conseguenza ciascuno può costruirsi un Cristianesimo o un Gesuanismo di suo gusto, che so io con resurrezione o senza resurrezione, con nascita verginale vera oppure solo simbolica. Se si può mandare… a quel paese san Paolo, figuriamoci i dogmi cristologici dei grandi concili ecumenici e quello di Efeso ( Maria come “Madre di Dio” ). A questo punto è inutile rimanere attaccati al termine “cattolico” ( in greco: universale ) ed è incoerente recitare nel Credo della Messa la formula “Credo la Chiesa una, santa, cattolica, apostolica…) Una no, perché federazione di chiese e chiesuole, santa figuriamoci, con gli scandali e le diatribe di duemila anni, apostolica tanto meno, se l’apostolo Paolo le ha sparate da subito tanto grosse. Ne deriva che ciascuno può e deve in coscienza scegliere il suo personale percorso e discorso, anche dogmatico.

    I “contestatori teologici” sono gli unici a far lavorare il cervello, a differenza del rimanente pecorume? Chissà che non possa succedere anche il contrario. Lo scontro con concetti affermati dall’autorità, ma che ci sembrano insostenibili, potrebbe spingere alla ricerca di categorie concettuali a cui non si sarebbe arrivati in base al “buon senso” immediato ma che si rivelano valide.
    Io personalmente dalla difficoltà di comprendere i motivi del Sacrificio di Gesù sono stato spinto a esplorare le categorie antropologico-giuridiche della colpa, della pena e dell’espiazione, che la mentalità contemporanea post beccariana tratta in modo molto diverso.
    Quanto alla correttezza intellettuale di certi contestatori, ho dovuto osservare, a proposito del pur coltissimo Kung, che anche lui sa fare l’opportunista glissando sui punti biblici che gli tornano ostici. Ad esempio quando minimizza come del tutto secondaria, anzi praticamente abbandona l’idea di demonio e di inferno, che invece sono ahimè presentissimi nei Vangeli. Dalla sua autobiografia, in cui si presenta come un quasi martire dell’oppressione romana, si evince che fin da seminarista o da giovane prete snobbava il culto mariano. Qualcosa del genere ( sul demoniaco ) anche nel prete psicoanalista Eugen Drewermann, che perlomeno ha avuto la coerenza di uscire dalla Chiesa Cattolica.

  3. Luca Gava ha detto:

    Questo sito è ogni giorno più miserabile.

    • Luciano ha detto:

      Egregio Luca, ma perchè al suo cognome non antepone 2 sillabe, giusto per sottolineare la sua materia prima. A proposito, le due lettere da nateporre sono: “CA”. Buon pomeriggio esimio!!!

    • Silvia ha detto:

      Scusa Luca, ma che ci vieni a fare qui? Mi pare che la scelta non ti manchi!!

    • Giuseppe ha detto:

      Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
      Beati gli afflitti, perché saranno consolati.
      Beati i miti, perché erediteranno la terra.
      Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
      Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
      Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
      Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
      Beati i perseguitati a causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
      Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.
      Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.
      (Matteo 5,3-12)

  4. Giuseppe ha detto:

    Ho frequentato assiduamente per anni la parrocchia, militando nell’azione cattolica di cui ho percorso tutti i livelli fino a diventarne delegato. Ricordo piuttosto distintamente che i nostri assistenti spirituali ci raccomandavano spesso di imparare a controllare le nostre emozioni (e a mascherarle) per mantenere la giusta lucidità e non farsi dominare dalle passioni, che sono l’anticamera del peccato. Che potesse essere un atteggiamento ipocrita, neanche un accenno. Il fatto è che, secondo la visione della vita che volevano inculcarci, non è bene attaccarsi alle cose e alle creature di questo mondo, perché qui siamo solo di passaggio e ridimensionare la loro importanza eleva lo spirito. Come sempre, discorsi puramente teorici ispirati da una tendenza verso la perfezione ideale e praticamente irraggiungibile. Oltretutto, ignorando (volutamente o no) un aspetto fondamentale della nostra fede: Dio è Amore. E noi che siamo stati creati a sua immagine dovremmo rinnegare questo sentimento? Ci sono persone disabili che hanno difficoltà (o non riescono proprio) a comunicare con la parola, ma hanno una profondità di spirito eccezionale e la loro capacità di comunicare con i sentimenti e con le emozioni è sorprendente, qualcosa vorrà anche dire no? Nel vangelo Gesù si commuove per la vedova di Naim, apprezza i gesti di affetto della peccatrice che si prende cura dei suoi piedi senza osare alzare lo sguardo, ha compassione e perdona l’adultera condannata da un’intera comunità, piange per la morte dell’amico Lazzaro, benché sappia di essere in grado di risuscitarlo…
    Ho l’impressione che, come dicevamo nei giorni scorsi, la chiesa abbia preteso di “adattare” il messaggio evangelico alle “sue regole” che, temo, tendano principalmente a fare dei credenti un gregge di pecoroni.

  5. Luciano ha detto:

    Caro don Giorgio, condivido pienamente la sua amarezza. Questo è il tempo della mediocrità, dove chi eccelle è l’ubbidiente e il qualunquista. Nota anche lei che tra gli uomini di chiesa di rosso vestiti, spesso sul loro capo è posta la mitra che è la continuazione del vuoto delle loro teste. Mentre alcuni preti sono proprio dei servi (non evangelici)del potere del momento, sono camaleontiche protesi che si adattano per vile opportunismo. Mi permetto di trascrivere due citazioni. Una è di Paolo borsellino e l’altra è credo, un proverbio popolare. “Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola(P. Borsellino)” “Il buon senso è come il deodorante, le persone che ne hanno più bisogno non lo usano mai (prov. popolare)”. Don Giorgio, coraggio davvero e speriamo che papa Francesco ascolti il disagio di questo popolo di credenti. Rinnovo la mia stima per lei condividendo la sua sofferenza. Con tanta amicizia.

  6. GIANNI ha detto:

    PERCHE’?

    In qualche misura, forse, la risposta è già in questo stesso articolo, come negli articoli che precedono, ed in qualche commento, mio e di altri.
    Direi che lo spiegano bene queste parole, tratte dall’articolo stesso:….mettono in serio pericolo qualche dogma o la morale.
    Talora poche parole spiegano tutto, più di un’assemblea, più di mille scambi dialettici con questo o con quello, più di cento incontri con arcivescovo o cardinale.
    Tu, don Giorgio, credo che ormai lo sappia benissimo, forse sono i parrocchiani che si sono dimenticati di talune cose.
    Lo diceva benissimo il Claudio del commento di ieri…
    con il quale ho avuto un piacevole confronto…..

    riassumendo…una volta si parlava apertamente di eresia, oggi, forse, invece una chiesa più attenta al politicall correct, non ama parlare apertamente di eresia, ma la sostanza è sempre la stessa.
    O meglio: una volta, se uno, come tu dici, metteva in dubbio, contestava dottrina, dogmi, morale, veniva aprtamente dichiarato eretico.
    Oggi, invece, si preferisce farlo tacere e basta.

    Una conferma te la posso dare io:
    qualche tempo fa, ebbi modo di rivolgere talune domande ad un teologo.
    Non ne posso fare il nome, per correttezza, visto che non mi autorizzò in tal senso.
    Tra l’altro gli domandai cosa ne pensasse di Mancuso, di Kung, e si, anche di certe tue posizioni.
    Certo, non mi capita tutti i giorni la possibilità di poter fare domande ad un teologo.
    Le sue risposte furono tutt’altro che diplomatiche.
    In sintesi, ebbe a dirmi che secondo lui tutte queste idee sostenute da un Mancuso, piuttosto che da Kung, e in parte anche da te, ebbene si, aveva ragione Claudio, le definì semplici eresie.

    Ma io credo che tu questo già lo sappia benissimo.
    Forse, invece, bisognerebbe ricordare a coloro che, ancora, dicono di non capire, come la chiesa si basi su dottrina ed eresia, anche se questi termini vengono ancora soprattutto usati magari in incontri privati.
    Ora, forse, i tuoi superiori non amano dire apertamente certe cose in faccia a te, ma quella è la sostanza.
    Sotto questo aspetto, devo dire che la chiesa non è cambiata.
    Si riconferma, quindi, la mia convinzione che la chiesa (parlo di quella cattolica, conosco meno bene le altre) sia tuttora incentrata sul concetto di dottrina, fede dogmatica, e via dicendo.

    Chi non è dentro, è fuori.
    Ma questo, ripeto, ha anche un risvolto positivo.
    Se si distingue, si fa più chiarezza.
    Se uno come Mancuso, ad esempio, è uscito, è anche per spiegare meglio il suo modo di vedere e, nel distinguere, ha chiarito meglio a chi voleva ascoltarlo, in cosa le sue opinioni fossero diverse.
    Diversamente, forse, si capisce meno.
    Lo dimostra il fatto che in quella assemblea molti dicessero di NON capire.
    Ma se la tua concezione di fede è chiara anche a coloro che fanno parte della comunità di Monte, non solo a chi segue questo sito, allora, perchè non hanno chiaro che è proprio la diversità di impostazione dogmatica che rende diversa quella comunità, non solo e non tanto la critica verso la chiesa affaristica e gestionale, verso la chiesa intesa come potere?
    Se anche fosse una chiesa per nulla basata sul potere, avrebbe comunque impostazione dogmatica e dottrinale molto diversa.
    Lo dici tu stesso, parlando appunto di mancata condivisione anche proprio di certi dogmi.
    Ecco,appunto, ora sorge a me una domanda:
    usando il linguaggio tradizionale, come direbbe un Claudio, questa una volta non veniva chiamata eresia?
    E, per la chiesa, questo non porta a ritenere che una determinata comunità si ponga al di fuori della chiesa stessa?
    Secondo me, si, solo che, a differenza di un tempo, la chiesa oggi non lo dice apertamente, e spera di sostituire un sacerdote non più in comunione con la dottrina dogmatica ufficiale, tentando di sostituirlo magari con un sacerdote cosiddetto osservante, in modo da tentare di recuperare quei fedeli, che invece abbiano seguito le idee (considerate, anche se non lo si dice espressamente, eretiche) del sacerdote disobbediente.
    In fondo, don Rolla io penso che l’abbia detto molto chiaramente, anche se capisco che non tutti siano storici, e quindi certe frasi siano state incomprese.
    Quando lui dice di appartenere alla stessa chiesa medievale cui appartiene Scola, secondo me, voleva dire proprio questo.
    Forse, lui ha dato per scontato che il messaggio fosse chiaro, sicuramente lo è stato per te, probabilmente molto meno per tanti partecipanti all’assemblea.

  7. Michelina Cicalò ha detto:

    Caro don Giorgio,per dirla col card. Martini, coloro che sbagliano sono “non pensanti”; i preti “dissidenti” sono “pensanti”, quindi diventano pericolosi. Ultimamente, pensando alla storia della chiesa mi son resa conto che per andare d’accordo con la gerarchia non è necessario ragionare con la propria testa. Ho scelto di usare “la mia testa”. Coraggio don Giorgio!

  8. Patrizia 1 ha detto:

    Don Giorgio, non si umili con questa gente, non ne vale la pena.
    La nostra unica speranza è che il nostro appello arrivi fino a Papa Francesco, siamo certi che non ci deluderà.

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