Quando la cultura è solo preparare salamelle

L’EDITORIALE
di don Giorgio

Quando la cultura è solo preparare salamelle

Naturalmente mi riferisco al contesto in cui vivo, tuttavia non credo che altrove, almeno in Italia, le cose siano migliori.
Qui, in Brianza, sono nato, ho vissuto i primi anni della mia fanciullezza, e poi per fortuna sono uscito per frequentare scuole professionalmente più idonee ad aprirmi vasti orizzonti, e, nelle mie successive esperienze pastorali che ho vissuto in montagna, in campagna, in città, nella bassa milanese, ho avuto la fortuna di formarmi una “personalità”, che non avrei mai potuto scoprire, se fossi rimasto in un piccolo paese brianzolo, chiuso ai quattro venti.
Tornando in Brianza, ai miei paesi di origine, mi è sembrato di essermi di nuovo immerso nella mentalità di una fede medioevale: sconnessa però, frammentaria, e soprattutto contraddittoria: un misto di tradizioni occasionali, di ritualismi senz’anima, di un fai da te scollegato da qualsiasi punto di riferimento. Insomma: la Brianza che ho trovato era peggiore di quella che avevo lasciato. La gente, in pochi anni, quelli del boom economico, aveva tradito se stessa, trascinata dall’onda del benessere, quello apparente, quello che, alla prima controtendenza, aveva lasciato i brianzoli con l’amaro in bocca, e con tanta rabbia, dimenticando che, se dovevano prendersela con qualcuno, quel qualcuno era il loro mondo gretto. Ovvero: il progresso non era cresciuto con l’antica saggezza, che invece via via si era persa nei meandri dei beni materiali da consumare. Quell’anima, su cui con tanto zelo i pastori d’anime avevano scommesso perfino o la loro anima, di colpo era svanita nel nulla. Secoli di fede avevano prodotto un fallimento mai visto. E la rinomata cattolicità brianzola ne era una testimonianza. Certamente, non per i ciechi che tuttora non riconoscono il fondo che hanno toccato..
Ed ecco la terra che ho trovato dopo più di trent’anni di assenza: una terra contesa tra interessi di ben altra natura; una terra di una tale aridità culturale e spirituale da incutermi paura: come ridare un po’ d’anima ad un corpo diventato così abnorme? Più che di anima, per evitare equivoci, bisognerebbe parlare di spirito, di “essere”, di ciò che è la “caverna del cuore”.
Prima diciniana (quasi all’ottanta per cento), poi di colpo berlusconiana, infine leghista, questa cocciuta gente di collina o di valle si è sempre più venduta al miglior offerente. Offerente di che cosa? Chi è insipiente non capisce la differenza tra le apparenze e la realtà: sa solo capire quella che c’è tra il fumo e l’arrosto, anche se prima di arrivare all’arrosto il fumo fa la sua parte, e, quando si arriva all’arrosto, è rimasto magari qualche osso.
Certo, qualche interrogativo è d’obbligo: come si può passare di colpo, o quasi, da un versante all’altro, dalla fertilità all’aridità, dallo spirituale al materiale, dal cristianesimo vissuto ad un brandello di cattolicesimo dovuto, da valori eterni a quelli apparenti, dalla mente alla pancia, invertendo a proprio compiacimento non solo una fede politica, ma quella visuale spirituale che sembrava fosse così unita alla realtà esistenziale da sembrare potesse restare almeno a lungo, capace di affrontare qualsiasi evenienza? 
Ed ecco le nostre comunità parrocchiali: più profane che sacre, religiose sì ma solo per essere sfruttate a scopo pancesco; tanto erano ospitali un tempo quanto sono ora maledettamente egoiste. Ma ciò che più mi fa pena è la mancanza di un pensiero capace di valutare le situazioni, di governare gli alti e i bassi di un progresso senz’anima.
Questa Brianza mi fa paura: vive di un presente senza occhi, senza testa, senza cuore. E a pagarla saranno i ragazzi del nulla educativo, ovvero i figli di genitori fatui ed epidermici, gli spenti motori “rumorosi”, i vagabondi alla ricerca di un qualcosa che non c’è, storditi che stordiscono pur di apparire, per dire che valgono per quanto non valgono.
Di proposito non ho usato la parola “leghista”, perché la mentalità leghista è solo l’espressione di uno stato d’animo, che va al di là di una protesta momentanea. Quando la Lega si sarà suicidata per la sua ottusità di spirito, non è che automaticamente la terra brianzola risorgerà. Non dimentichiamo: non è stata la Lega ad aver prodotto l’analfabetismo culturale e spirituale della Brianza, ma è stata la  Brianza ad aver partorito la Lega come una nuova religione per avvalorare, e, ancor peggio, per dare un futuro ad un presente ridotto ad un rottame.
Come uscirne, se sarà possibile uscirne? Con tagli netti, partendo dai ragazzi, togliendoli dalle nullità dei loro genitori. Se questi ragazzi non hanno più una famiglia educativa, vanno sottratti e adottati dai “rapinatori” di ideali umanamente impossibili.   
22 agosto 2015
EDITORIALI DI DON GIORGIO 1
EDITORIALI DI DON GIORGIO 2

 

1 Commento

  1. giovanna ha detto:

    Caro Don Giorgio non è solo la Brianza….purtroppo…
    ma la maggior parte dei luoghi in cui si vive….più o meno!

    Vogliamo parlare di Parma….o di Fidenza… delle sue parrocchie o dei sacerdoti o dell’ospedale in cui lavoro?!!!!!!!!
    Tutto grida vendetta e pur non essendo nata in questi luoghi il brutto è sempre brutto!

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