Omelie 2014 di don Giorgio: Terza Domenica di Quaresima

23 marzo 2014: terza Domenica di Quaresima
Es 34, 1-10; Gal 3, 6-14; Gv 8, 31-59
Stavolta la liturgia ci presenta brani della Bibbia, tra loro strettamente connessi su temi che dire importanti sarebbe ancor poco. Più giusto definirli fondamentali, in quanto sono alla base della nostra vita di credenti. Nel primo brano, si parla di alleanza, e sappiamo che cosa l’alleanza rappresentasse per un ebreo. Nella sua lettera ai cristiani della Galazia, l’apostolo Paolo mette in evidenza la fede di Abramo. Nel vangelo si parla di libertà e di verità, richiamando ancora le origini della fede del popolo ebraico nel suo capostipite Abramo. Giustamente questa terza domenica di Quaresima viene chiamata domenica “di Abramo”.
Come potete ben capire, ci troviamo di fronte a tematiche veramente fondamentali, quali: alleanza, fede, libertà, verità. Che vogliamo di più? Certo, non bastano questi minuti a disposizione per accennarne anche solo un approfondimento. Non mi resta che dare qualche indicazione, tenendo conto che dovrei evitare il rischio, proprio per la mancanza di tempo, di soffermarmi su una o due delle tematiche sopra accennate. Preferisco dirne solo qualcosa, ma nel loro insieme. Non si può parlare solo di alleanza, o solo di fede, o solo di verità, o solo di libertà. C’è tra loro una stretta inscindibile correlazione.
Anzitutto, partirei dal fatto che ogni cosa buona col tempo rischia di contaminarsi. Anche i capolavori subiscono gli effetti del tempo che passa. Ma più che il tempo in sé, a contaminare le cose più belle sono le attività umane. Diciamo meglio: siamo noi a perdere di vista la sorgente, lasciando che le cose diventino brutte, o addirittura trasformandole a nostro uso e consumo. E si può arrivare a un punto tale da non capire più la loro bellezza originaria, da non conoscere più le fondamenta della nostra fede, tanto ce ne siamo allontanati, o siamo usciti in superficie.
Immaginate Gesù, quando si è incarnato: che cosa ha visto? La casa del Padre completamente diversa dalle intenzioni originarie. Che cosa era diventata l’alleanza? Che cosa era diventata la fede? Quale mondo rappresentava la verità? Si poteva parlare ancora di libertà?
La Bibbia ci dice che il capostipite del popolo ebraico è Abramo. Ma, più che Abramo in quanto personaggio storico, il vero capostipite del popolo eletto è Abramo nella sua fede in Dio. Sulla parola di Dio, di un Dio sconosciuto (non dimentichiamo che proveniva da una famiglia che era politeista), Abramo lascia i suoi beni, abbandona la patria e va verso una terra lontana. Qui sta la fede di Abramo: lasciare tutto sulla parola di Dio. Va incontro all’ignoto, umanamente parlando. Crede ciecamente, nonostante numerose difficoltà. Non dobbiamo pensare che fede significhi tutto facile, avere sempre il sorriso sulle labbra, non avere mai dubbi, ripensamenti, crisi interiori. La storia di Abramo è un po’ tutto questo. San Paolo, nella lettera ai Galati, insiste nell’elogiare la fede genuina di Abramo, prima ancora che nascesse un popolo numeroso a cui, anche per forza di cose, verrà poi dato un codice legislativo.
È la legge che dà coesione alla struttura e, man mano la struttura s’ingrossa, la legge prende il sopravvento e prevarica sullo spirito. E, nel caso della religione, viene meno la purezza della fede.
E così successe che, col tempo, la religione ebraica si è via via allontanata dalla fede genuina, dando più importanza alla legge. Non dimentichiamo che san Paolo si è appellato alla fede di Abramo perché, in contrasto con il primo papa, l’apostolo Pietro, sosteneva che la legge ebraica, con l’arrivo del cristianesimo, non contava più. Bisognava abbandonare certi riti e certe pratiche religiose, tra cui in particolare il rito della circoncisione. Questo netto taglio con le tradizioni ebraiche, ecco il ragionamento di Paolo, non comportava di per sé l’abbandono delle origini genuine del popolo ebraico. Sono chiare le parole di Paolo. «Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della Legge, diventando lui stesso maledizione per noi». E, nel brano precedente alla pagina della Messa, troviamo queste altre parole: «L’uomo non è giustificato (salvato, tolto dal peccato) per le opere della legge ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo… per le opere della Legge non verrà mai giustificato nessuno».
Dunque, alleanza e fede vanno di pari passo, e ciò che le divide sono le leggi di una religione che prevaricano a tal punto da tradire le intenzioni originarie di Dio. L’opera dei profeti consisteva proprio in questo: riportare il popolo alle origini, purificare la fede religiosa sempre a rischio di contaminazione, a contatto soprattutto con i popolo pagani. Il problema è sempre lo stesso, ieri come oggi: perdere di vista le origini, lasciarsi prendere da una modernità che non un è vero progresso, ma solo deviazione dalla fonte.
Testamento significa alleanza. Quella antica, con il passare del tempo, subì una tale deviazione dalle intenzioni originarie di Dio da esigere un radicale intervento di Cristo, il quale non si è limitato a fare qualche rattoppo o a togliere ciò che non andava o ad aggiungere qualcosa di nuovo: Cristo è andato alle radici del problema, sopprimendo con un taglio netto la religione ebraica. E non si è sognato di inventare una nuova religione. La nuova alleanza non è la continuazione, magari rivisitata, della vecchia. La nuova alleanza è tutt’altra cosa, radicalmente diversa dall’antica.
Con questo, Cristo non rinnega il passato del suo popolo, ma lo rilegge alla luce del nuovo. Con Cristo è giunto il tempo di tornare alle origini. Ecco la rivelazione di Cristo: è venuto per dirci la verità che è al di là di ogni struttura umana, di ogni religione, di ogni formulazione dogmatica, di ogni codice etico. La verità collega il presente con il passato, ma non per la via del sangue o della razza o di una tradizione religiosa. È la fede che unisce presente, passato e futuro con il Divino, con quel trascendente che è in ognuno di noi. È chiaro che, volere o no, viviamo in una struttura, socio-politica o religiosa, ma non possiamo rendercene schiavi.
Se c’è una schiavitù, non è tra la fede e la libertà umana, ma tra la fede e la struttura socio-politica o religiosa. La fede nel Divino ci aiuta a toglierci da ogni forma di schiavitù, quando però entriamo nel nostro interiore, e qui scopriamo la presenza del soprannaturale. Una presenza che è proporzionale all’assenza di un io che si fa schiavo delle cose o di quel collettivo che si chiama potere politico e potere religioso, il “grosso animale” di cui parlava l’antico filosofo greco Platone.
Quando parliamo di verità e di libertà, dovremmo aver paura: paura di sporcare queste parole con i nostri pregiudizi o le nostre chiusure mentali e religiose. Del resto, la storia di Abramo che è sempre in cammino dovrebbe insegnarci qualcosa. La verità non è una terra promessa già raggiunta, e neppure da conquistare.
La verità ci lascia sempre in cammino. Il fascino della verità sta nel suo essere inafferrabile, ma nello stesso tempo nel suo farsi cercare ed amare.
Padre Ermes Ronchi ci aiuta a riflettere: «Abramo è il nomade che per letto ha la sabbia del deserto, sulla testa ha solo il cielo, e come recinto l’orizzonte. Libero di fare qualcosa che fino a un attimo prima era lontanissimo dalla sua intenzione, pronto a mettersi in viaggio verso una terra di cui non conosce il nome, che non sa dove sia, che per decidere dei pascoli dice a suo fratello Lot: scegli, se tu vai a destra io andrò a sinistra. Più libero di Abramo è solo Gesù. Il fascino di Gesù uomo libero, che non si è mai fatto comprare da nessuno, accende trasalimenti in ognuno di noi, forse perché tutti soffriamo di imprigionamenti. Se ti fai lettore attento del Vangelo, non puoi sfuggire all’incantamento per la libertà di Gesù. La libertà, non la fissità delle regole ma il vento che scompiglia le pagine e soffia via la polvere. La libertà ha un segreto, il segreto è quel pezzo di Dio che è in te e che i veri maestri dello spirito ti invitano a scoprire e a liberare e ad adorare. Se sei fedele a questo pezzo di Dio in te, sei libero dalla schiavitù degli altri, dalla schiavitù delle cose, dalle convenzioni, dai codici senza anima, dalle aspettative degli altri, dal giudizio, dalle immagini che gli altri hanno di te. Per te contano gli occhi del tuo Signore, conta un piccolo pezzo di Dio in te. La libertà ha un segreto: il segreto è quel pezzo di Dio che è la nostra verità ultima. La verità vi farà liberi».

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