A bordo della nave-quarantena: «Questo è un limbo nel limbo»

Il Garante dei diritti dei detenuti, Palma, mentre sale a bordo della nave Rhapsody
da AVVENIRE
22 settembre 2020
Migranti.

A bordo della nave-quarantena:

«Questo è un limbo nel limbo»

Vincenzo R. Spagnolo
Il racconto del Garante per i diritti dei detenuti e delle persone private di libertà, Palma, salito a bordo della Rhapsody: le navi quarantena non possono essere rese permanenti
«Le navi quarantena in cui i migranti vengono trattenuti per accertare la presenza o meno di casi di Covid-19 sono soluzioni di emergenza, non possono essere rese permanenti. Ciò detto, la Rhapsody ci è parsa adeguata dal punto di vista logistico e sanitario. Al momento, invece, il vero problema è rappresentato dal sovraffollamento dell’hotspot di Lampedusa e da Centri di permanenza per il rimpatrio come quello romano di Ponte Galeria, davvero indecoroso». Mauro Palma presiede il collegio del Garante per i diritti dei detenuti e delle persone private di libertà. Con Daniela de Robert (altra componente, insieme ad Emilia Rossi) è reduce da una visita a bordo della nave «Rhapsody», attraccata in rada a Palermo e che ospita in quarantena 868 migranti, provenienti dall’hotspot di Lampedusa.
Fra loro, spiega Palma ad Avvenire, «54 sono positive asintomatiche e vengono alloggiate nelle cabine di un ponte dell’imbarcazione, separato dagli altri ponti». La nave ha una capienza complessiva di oltre 2mila passeggeri. Nella visita, i membri del Garante sono stati accompagnati dal capo dipartimento per l’immigrazione del Viminale, il prefetto Michele di Bari. Sulla situazione a bordo, Palma non ha criticità da segnalare, a parte «l’assenza di materiale scritto in più lingue per informare i migranti sui propri diritti rispetto alla procedura per la richiesta d’asilo. È poco comprensibile, giacché la quarantena potrebbe e anzi dovrebbe essere utilizzata per dare informazioni cruciali sul dopo. A bordo c’erano interpreti e mediatori culturali, ma nemmeno un depliant da distribuire ai migranti».
Per il resto, prosegue Palma, «tenuto conto che si tratta di persone che sono in un ‘limbo del limbo’, perché finita la quarantena dovranno ancora presentare la richiesta d’asilo, la soluzione mi è parsa adeguata dal punto di vista logistico e sanitario. Ho parlato con una donna in stato di gravidanza che era stata collocata in una cabina in una cabina singola con bagno, ma prima era passata per Lampedusa, dove aveva dovuto dormire per terra». Sta lì, lamenta il Garante, il vero ‘buco nero’ nella rete di prima accoglienza: «Presenta problemi sotto vari punti di vista. Intanto, è una sorta di ‘altrove giuridico’, nel senso che non ha una copertura giurisdizionale, a differenza dei Cpr dove almeno c’è un giudice a cui presentare ricorso – considera Palma –. Inoltre, ha un sovraffollamento dovuto ai continui arrivi che rende la situazione insostenibile: su circa 150 posti disponibili, si trova a ospitare spesso oltre mille persone».
I migranti sulla Rhapsody, prosegue il Garante, «ci hanno riferito di aver dormito a Lampedusa per terra o all’aperto. E la situazione potrebbe essere analoga in queste ore, mentre gli sbarchi si susseguono, anche se so che si sta provvedendo a trasferimenti di alleggerimento».
Oltre al nodo Lampedusa, Palma punta l’indice su un’altra struttura, stavolta nel Lazio: «Abbiamo appena rivisitato il Cpr di Ponte Galeria, a Roma, dove sono trattenuti in attesa di rimpatrio 354 migranti, fra cui 6 donne». In che condizioni si trova? «Francamente, è un Cpr indecoroso. Ad esempio, nella parte riservata alle donne non ci sono le porte nei gabinetti. Nella parte maschile, i migranti non possono usare affatto il cellulare, nemmeno per sentire i propri cari, a differenza di quanto avviene in altri Cpr». Ancora, «è il prototipo del Cpr come gabbia, perfino peggio di un carcere. Anzi, è una ‘matrioska’ di gabbie», mentre in altri centri «come quello di Gradisca d’Isonzo, ci sono pareti di plexiglas trasparenti».
Infine, ad accrescere l’angoscia e l’aggressività degli ospiti contribuisce la lunga permanenza: «Sei mesi è un tempo troppo lungo, tanto più le persone vengono tenute senza far niente. Ci si lamenta che a Ponte Galeria molti ospiti rompano le suppellettili: non li giustifico, ma cosa faremmo noi, se tenuti in gabbia a quel modo?». Oltre ai Cpr, il Garante sta considerando di visitare realtà di sfruttamento lavorativo: «Sono i vari ‘ghetti’, da Borgo Mezzanone a San Ferdinando fino a Saluzzo – conclude Palma –. Formalmente non sono luoghi di detenzione, ma stiamo accedendo grazie a degli agreement con le prefetture».

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