I santi alle Parrocchie e ai Comuni il bene comune!

patrono
di don Giorgio De Capitani
Premetto che le quattro parrocchie di Perego, Rovagnate, Monte e Santa Maria Hoè costituiscono da qualche anno la Comunità Pastorale S. Antonio abate, e che quindi (come si può facilmente intuire) si è scelto come patrono comune S. Antonio abate, pur lasciando alle quattro parrocchie di festeggiare il loro Santo tradizionale.
Se un appunto andrebbe fatto (e una colpa me la prendo anch’io, perché mi sarei dovuto opporre al tempo opportuno) è che non si doveva scegliere S. Antonio abate, già patrono della Chiesa di Santa Maria Hoè.
Inoltre, si è stabilito di comune accordo tra i preti di ritenere il 17 gennaio, festa di S. Antonio abate, un giorno festivo anche con effetti civili. Anche con risparmio di costi. E non dimentichiamo che i tre Comuni (Perego, Rovagnate e Santa Maria Hoè) fanno già parte dell’Unione dei Comuni Lombarda della Valletta. Immaginate la confusione che ci sarebbe, se ogni Comune singolarmente festeggiasse il proprio Patrono.
Per tutto questo e altro, non vedo il dilemma da parte del nuovo Comune “La Valletta Brianza” di scegliere un nuovo Santo.
Ma vorrei porre qualche domanda un po’ più seria. Che c’entra che i Comuni scelgano i loro santi come protettori? Non sarebbe ora di smetterla di mescolare sacro e profano? Non ci sono problemi ben più importanti? Lasciamo i santi alle parrocchie, e chiediamo ai Comuni  di pensare al Bene comune, il quale non compie miracoli, neppure pur con tutta la benedizione  del Padre Eterno e di tutte le schiere celestiali.
Siamo nel tema: quando i sindaci inizieranno a indossare la fascia tricolore solo in determinate circostanze civili, quelle che meritano di essere onorate, evitando perciò di onorare santi, cardinali e preti? Non è finito il medioevo?
santi pe rov
Ho steso queste riflessioni dopo aver letto un “curiosissimo” articolo, apparso sul “Giornale di Merate”, di martedì 24 marzo 2015, scritto da uno (si firma “oro”) che non aveva nulla da fare, ma che tuttavia mi ha dato lo spunto per anticipare critiche da parte di altri che non avranno niente da fare.
Un articolo veramente sciocco e ridicolo!
Pensate a cosa scrive il mister “oro”:
 «Riuscirà il dilemma (la scelta del patrono!) a scaldare la popolazione più di quanto lo stiano facendo le prossime elezioni amministrative?».
Casomai, il vero problema sarà riuscire a comporre almeno due o tre liste! La gente parla, critica, borbotta, pretende, e poi… non si mette mai in gioco!  I nostri amministratori locali, a differenza dei politici che stanno nel parlamento, non guadagnano grande che. Sono sicuro che, se il mensile fosse appetibile, tanti brianzoli si farebbero avanti, naturalmente in nome del… bene comune! 
Dopo aver scritto stupidaggini sui due Santi (San Giorgio, patrono della Chiesa di Rovagnate, e S. Giovanni evangelista, patrono della Chiesa di Perego), così scrive l’acuto e devoto giornalista:
«Capite quindi che i curricula (dei due Santi) sono alquanto ricchi e ben referenziati e lasciare che una semplice estrazione a sorte possa decidere il “vincitore” sembra una soluzione alquanto banale e forse un po’ sacrilega».
Ed ecco la trovata, degna di un genio!
«Forse sarebbe meglio lasciare tutto in mano ad una commissione di esperti: l’alternativa sarebbe un altro referendum».
Adesso mi diverto:
1. Tirare a sorte era un’antica usanza in vigore presso gli ebrei, perciò non era banale e tanto meno blasfema. Questa usanza fu osservata anche dai primi apostoli, quando scelsero il sostituto di Giuda Iscariota che si era impiccato: tirarono a sorte tra Giuseppe, detto Barsabba, soprannominato Giusto, e Mattia. La sorte cadde su Mattia (At 1,23).
2. L’eventuale commissione di esperti chi la pagherà? Quanto tempo passerà? Magari si metteranno a litigare come quando, nel medioevo, si sceglievano i papi. L’aneddoto più famoso di tutti è certamente quello accaduto dopo la morte di Clemente IV, il 29 novembre del 1268. I diciotto cardinali che componevano allora il Sacro Collegio e che si erano riuniti a Viterbo, non riuscivano a trovare una intesa per il successore. Dopo ben diciotto mesi dovette intervenire un santo, Bonaventura, che suggerì ai cittadini di chiudere a chiave i cardinali riuniti. Da qui il termine con-clave (=chiusi a chiave) affinché, isolati e al di fuori dalle influenze di fazione, e avendo anche più tempo per stare in preghiera, potessero finalmente dare alla Chiesa il suo Pontefice. Neppure questo, però, valse a risolvere il problema. Così, trascorso un altro anno, il podestà e il capitano delle milizie, che erano custodi del Conclave, scoperchiarono il palazzo e misero i cardinali letteralmente a “pane e acqua”. I nostri eroi della Commissione avranno una sorte migliore?
3. La cosa veramente folle è la proposta del giornalista di indire un nuovo referendum. Folle? No, comica! Io sarei il primo a dire: vaffanculo!

 

 

4 Commenti

  1. antonio ha detto:

    I SANTI? I SANTI SONO STATI DEI PRIMATI CHE DOPO LA LORO MORTE, LA CHIESA LI HA RIVISTI E CORRETTI.

  2. Patrizia ha detto:

    Qualcuno dice che la Fede si è persa, qualcun altro dice che è la ragione ad essersi persa. Più probabile è la seconda ipotesi.

  3. GIANNI ha detto:

    La funzione del santo patrono, non solo di chiese ed enti ecclesiastici, ma anche di località e comuni, riconduce ad antica tradizione, e, se vogliamo interpretare la cosa anche in chiave antropologica, ad una sorta di capro espiatorio.
    A base del tutto sta la concezione dell’intervento paranormale a tutela di persone e luoghi, ed a suffragio di speranze e richieste.
    Capro espiatorio, secondo taluni perchè, quando poi le cose non vanno nel senso sperato, si potrebbe dire che il santo tal dei tali non ci ha ascoltato.
    Un po’ troppo comodo direi.
    Non escludo affatto, anzi vi sarebbero numerose prove al riguardo, dell’intervento di entità paranormali nell’ambito umano, come quando si collega qualche santuario alla comparsa della madonna, ma non possiamo dire che sempre e comunque intervengano, solo per il fatto di aver dedicato luoghi o enti ad un santo patrono.
    Insomma, si nominino pure santi patroni, ma poi basiamoci sul detto: aiutati, che il ciel t’aiuta.

  4. Giuseppe ha detto:

    A che serve il santo patrono di un comune? Francamente l’unica cosa che mi viene in mente è per poter proclamare un giorno di festa in più, anche agli effetti civili, nella data in cui la chiesa lo venera. È singolare che in un mondo sempre più laico e disincantato, si tenga ancora così tanto a questa usanza. Mi ricorda gli anni della mia infanzia, quando il parroco della parrocchia del “quartiere africano” di Roma, in cui abitavo, dedicata alla memoria della pressoché sconosciuta S.Emerenziana, imponeva a noi chierichetti un giorno di vacanza per poterci permettere di partecipare alle funzioni in programma e i dirigenti scolastici si adeguavano senza fiatare. Ma erano altri tempi e la società post bellica e pre boom economico era ancora fondamentalmente bigotta…

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