La Mistica del distacco

L’EDITORIALE
di don Giorgio

La Mistica del distacco

Quando, in questi anni più recenti, ho fatto la grande scoperta della Mistica, ovvero di quel mondo interiore che essenzialmente si riduce al proprio essere nel fondo della sua nudità spirituale o divina, mi ha subito colpito l’insistenza sulla parola “distacco”, anche se al momento la ritenevo come qualcosa di negativo.
Ogni ideologia religiosa, filosofica o politica fa di tutto per presentarsi come positiva o propositiva di qualcosa di particolarmente attraente, talora ben confezionato, facendo apparire come luccicanti anche le apparenze più miserevoli.
C’è sempre, comunque, un aspetto che può attirare gli allocchi, ma soprattutto i delusi o coloro che sono sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo o di esterofilo o di estraneo al proprio mondo.  Basterebbe pensare alla fortuna che hanno sempre avuto le religioni o le filosofie esotiche e anche esoteriche.
I Mistici, parlando di distacco, hanno colto nel segno, e il segno è la realtà misteriosa che è tutta coperta di strutture e sovrastrutture, che andrebbero perciò tolte via.
Se so che sotto strati e strati di calcina c’è una famoso dipinto, prima cosa da fare è togliere a poco a poco gli strati e arrivare a mettere a nudo quel dipinto.
I Mistici ci dicono che il nostro impegno di esseri umani sta nel denudare “ciò che siamo”, ovvero il nostro essere in tutta la sua spiritualità, ovvero in quanto spirito vitale, e per fare questo occorre tagliare via, eliminare gli eccessi o tutto ciò che copre, che fa da ostacolo, che ci proibisce di arrivare al fondo della propria anima, ovvero al “ciò che siamo”.
Già dire anima richiede attenzione: si è sempre pensato che l’essere umano sia un composto di anima e di corpo, e che il nostro impegno consistesse nel mettere tra loro in armonia le esigenze dell’anima e le esigenze del corpo.
Ma è stato questo l’errore fatale, perché ci si è dimenticati di un terzo elemento, quello principale, ovvero lo spirito, che sta ancora prima dell’anima e del corpo. Lo psichismo, o il mondo dell’anima, fa ancora parte del nostro “extra”, più legato al corpo che al nostro essere più profondo.
I Mistici, quando parlano di distacco, non si riferiscono solo alle cose materiali da cui liberarsene, come fanno ad esempio gli asceti. Non si tratta di mortificare il corpo come se il corpo fosse un male, o per ottenere chissà quali meriti in vista del paradiso.
Il valore del distacco per i Mistici consiste nel togliere via tutto ciò che impedisce allo spirito di essere libero di agire a contatto con il mondo del divino. C’è anche chi parla di uno spirito che dorme e che andrebbe perciò risvegliato (buddismo), e c’è chi parla di uno spirito incatenato, in prigione, e che andrebbe perciò liberato (mito della caverna di Platone). In ogni caso, sia per risvegliarlo sia per liberarlo, occorre da parte nostra un serio impegno di distacco da tutto ciò che lascia il nostro essere addormentato o lo tiene prigioniero.
Distacco, allora, significa un lavoro di recupero dell’essenziale, che si ottiene combattendo ciò che i Mistici chiamano il potere di appropriazione, o quel volere, potere e sapere che è il campo d’azione del proprio ego, fonte di ogni male.
L’ego non è di per sé l’io, ma l’io in quanto si fa idolo, o quell’espressione anche tangibile di quel male, che potrebbe benissimo essere chiamato originale. Per i Mistici, il peccato originale è proprio l’”amor sui”, l’amore di quel sé che si fa ego, origine del potere, del sapere e dell’avere, in opposizione al mondo dell’essere interiore.
L”io ho” si pone contro l’”io sono”. Perciò, per essere “ciò che sono”, devo staccarmi o combattere l’”io ho”, ovvero quell’ego che è il potere di appropriazione che mette a tacere o mortifica o annulla il mondo del proprio essere. 
25 febbraio 2017 
EDITORIALI DI DON GIORGIO 1
EDITORIALI DI DON GIORGIO 2

1 Commento

  1. GIANNI ha detto:

    La mistica occidentale ha praticamente da sempre sostenuto la necesità di un distacco.
    Di distacco da questo mondo già parlava lo stoicismo e molte componenti della filosofia orientale sono incentrate su analoghi concetti.
    Probabilmente non si tratta solo di un mezzo per giungere alla verità, ma anche, in qualche misura, di un rimedio contro un avverso destino.
    Se ci pensiamo bene, non sempre è agevole avere il controllo della propria vita, o comunque su eventi esterni, che in qualche modo impattano sulla nostra esistenza.
    Per quanto una persona possa essere attenda e previdente, non può pensare a tutto o comunque controllare qualsiasi evento.
    Una malattia, un evento fortuito, una distrazione, il non aver pensato a talune circostanze, e il problema ormai è arrivato
    Che fare?
    Appunto, talora possiamo agire su di esso, talora no.
    Ma quel che sempre possiamo fare è cambiare il nostro atteggiamento di fronte ad eventi avversi.
    Se non ricodo male, anticamente si parlava di atarassia.
    Certo, non tutti siamo capaci di un distacco, come idealizzato da talune correnti di pensiero, ma almeno possiamo provarci.

Lascia un Commento

CAPTCHA
*