Omelie 2015 di don Giorgio: Quarta di Pasqua

26 aprile 2015: Quarta di Pasqua
At 20,7-12; 1Tm 4,12-16; Gv 10,27-30
Il primo brano della Messa riporta un episodio degli “Atti degli Apostoli”, che ha due protagonisti: l’apostolo Paolo e un ragazzo di nome Èutico. Un episodio diciamo anche curioso, oltre che tragico, con un finale però pasquale.
“Dies domini”, come inizio di ogni settimana
È ambientato in un giorno particolare: il primo della settimana. Sarà poi chiamato dies domini (da qui “domenica”), giorno del Signore, espressione che troviamo per la prima volta nel libro dell’Apocalisse (1,10).
Cristo è risorto all’alba del giorno successivo al sabato, e per i cristiani diventerà il giorno che darà inizio alla settimana. Le cose poi cambieranno.  Noi diciamo che il primo giorno è il lunedì, e che la domenica chiude la settimana. Ma non la pensavano così i primi cristiani. Far partire la settimana dal lunedì non è un particolare di secondaria importanza. Vuol dire tutto partire dalla domenica, origine di una nuova epoca, di un tempo nuovo.
Noi aspettiamo con ansia la domenica per riposare e per evadere dal solito ritmo feriale. Non dico che sia sbagliato riposarci, o vivere finalmente un giorno di libertà, dopo giorni di condizionamenti vari. Però mi chiedo che cosa in realtà rappresenti per noi la domenica: come la fine di una settimana oppure come l’inizio?
“Fractio panis”, condivisione al di là di ogni frammentazione
Nel brano c’è un’altra espressione interessante: «ci eravamo riuniti a spezzare il pane». Ormai tutti dovremmo sapere che per i primi cristiani ciò che oggi diciamo Eucaristia o Messa era chiamato fractio panis: lo spezzare il pane. Secondo me, è un’espressione che andrebbe ripresa almeno nel suo significato originario. Anche Eucaristia è un termine che ha un suo senso: significa infatti ringraziamento o lode. Invece la parola messa presa in sé non vuole dire niente: infatti, fa parte di una espressione di congedo dell’assemblea. Ite, missa est: andate pure, l’assemblea è sciolta; oppure, secondo altri studiosi, significherebbe: andate pure, l’eucaristia (soggetto sottinteso) è stata inviata (missa est) agli ammalati, ai carcerati ecc.
Lo “spezzare il pane” fa pensare a tante cose: al dono, alla compartecipazione sotto ogni punto di vista, anche sociale, anche materiale, anche politico oltre che spirituale. La “fractio panis”, purtroppo, si è ridotta ad un solo aspetto, quello della comunione, quando cioè andiamo a ricevere l’ostia consacrata. E qui pensate alle polemiche attualissime: comunione sì comunione no ai conviventi, ai divorziati risposati, ecc. E ci siamo dimenticati del valore del Mistero d’amore di Cristo, nel suo insieme. Come si può dire: partecipare alla Messa sì, comunione no. Forse qualcosa non funziona.
Tutti siamo parte del Mistero d’amore di Dio. Tutti indistintamente. Cristo sulla croce era tra due ladroni. E a uno di loro ha promesso il paradiso, senza però negarlo all’altro. Commenta don Primo Mazzolari: «“Ricordati di me”, ti dice il buon ladrone: e Tu gli dai il paradiso: il tuo, grazie a una goccia di umana pietà. All’altro, che bestemmia ancora perché non sa, gli doni il tuo capo reclinato, perché incontrando il tuo volto trasfigurato dalla morte, gli salga un pensiero d’amore».
Queste belle parole di don Mazzolari mi aiutano a riflettere. La “fractio panis” trova il suo compimento sulla Croce, dove si annulla ogni frammento perché ogni frammento di Umanità viene raccolto nel cuore di Cristo. Cristo sulla Croce allarga le braccia per contenere ogni nostra divisione.
Stiamo attenti: la “fractio panis” non è una divisione, ma è la molteplicità che si fa unità nell’infinito mistero di Dio. La Chiesa, al contrario, giudica e divide. Cristo raccoglie le nostre divisioni, e le unisce nell’oceano divino.
La parola di Dio e l’omelia
C’è infine un altro aspetto interessante nell’episodio del primo brano. San Paolo si dilunga a parlare, e non si accorge che qualcuno si è addormentato. “Prolungò il discorso fino a mezzanotte”. Capisco lo zelo dell’Apostolo. C’era bisogno di comunicare la parola di Dio a gente che, per diversi motivi, o perché ex ebrei o perché ex pagani, sentiva una grande sete di un messaggio nuovo. E La Novità evangelica era tale da contagiare chi la comunicava e chi l’ascoltava.
Certo, leggendo ora gli scritti di San Paolo ci chiediamo come quelli del suo tempo lo potessero comprendere. Probabilmente noi moderni siamo diventati così superficiali, anche stressati dalla fretta, da non sopportare il fascino di un Mistero che richiede ben altro che due o tre parole di convenienza, magari improvvisate al momento. Come mai oggi la gente sembra insofferente alla Parola di Dio? Ma è proprio così, oppure a noi preti fa comodo pensarla così, senza neppure tentare di allargare gli interessi dei credenti, oltre ai soliti discorsi moralistici o dogmatici?
La gente ha sete di una parola “mistica”
Dalla mia esperienza posso dire che c’è ancora tanta gente che sente il bisogno di una Parola diversa, che vuole sentir parlare di Dio fuori dagli schemi prefabbricati di una Chiesa ingessata. Se oggi c’è un fuggi fuggi dalle chiese è perché si è stanchi di una religione diventata vecchia e logora, senza più alcun mordente, incapace di annunciare la Novità rivoluzionaria del Vangelo più autentico. E (lo ripeto fino alla noia), il Vangelo non è la storia di un Cristo puramente storico: il Cristo dei Vangeli è già il Cristo mistico o il Cristo della fede. Ecco perché non basta raccontare qualche fatterello, o qualche parabola o qualche miracolo per dissetare la sete dell’essere umano. Le nostre comunità cristiane vanno alimentate con il Mistero di un Dio che, se si è incarnato, non lo ha fatto semplicemente per dirci di persona qualcosa di bello o per fare qualche gesto straordinario. L’incarnazione del Figlio di Dio ha oltrepassato le coordinate geografiche e temporali: la risurrezione ha dato all’incarnazione la sua vera dimensione divina. In breve: Dio, nel Figlio incarnato, si è reso ancor più presente nella Storia umana, coinvolgendo il nostro essere interiore. Ecco che cosa significa Mistica.
Vedete. Quando la mente umana si allarga oltre i confini dei sensi, quando la fede si accosta al Mistero divino, quando il Cristianesimo non si ferma agli aspetti biografici di Cristo, quando finalmente partiamo dalla Risurrezione per comprendere ciò che hanno scritto gli evangelisti, allora ci sembrano più comprensibili anche certi discorsi che ha fatto Gesù. Soprattutto Giovanni, l’evangelista teologo, l’evangelista mistico, lo gusteremo di più.
Il Dio della religione e la Divinità dei mistici
Pensate alle poche righe del Vangelo di oggi. Si parla di pecore, di vita eterna, di una grande mano: quella di Cristo unitamente a quella del Padre. Gesù dice: “Io e il Padre siamo una cosa sola”. Essere nella mano di Cristo e del Padre è un’espressione molto chiara a indicare che anche noi siamo una cosa sola con Dio, tanto che nessuno potrà strapparci da questa mano.
Ed è proprio questo essere una cosa sola con Dio che fa di ciascuno di noi, di ogni elemento del creato, la sua ragion d’essere. Noi siamo divini per la nostra stessa natura. Ma questa divinità interiore, che è il nostro essere, entra in contrasto con i vari volti della religione. I mistici alla parola “Dio” preferiscono la parola Divinità. Ogni religione si è fatto un proprio volto di Dio, e ha tradito la Divinità che è in noi. Dire Dio è dire qualcosa di ben specificato, di determinato, di schematico, ed è il Dio di ogni religione. Dire Divinità è dire nulla di esplicito di Dio, per il fatto che Dio è l’indicibile, il Misterioso, l’insondabile, ma nello stesso tempo dire Divinità apre orizzonti sconfinati. La Divinità è il Mistero affascinante, è il Proibito che si fa cercare, desiderare, amare.
Il Dio della religione è il Dio dei sensi, dei documenti scritti, delle parole dotte, degli slogan ad effetto, delle apparizioni, mentre la Divinità dei mistici è reale, che senti senza sentirla, che ami senza provare sentimenti, che hai dentro di te senza che te ne accorga.
Il Dio della Chiesa è il Dio dogmatico, rigido, senza futuro, mentre la Divinità della fede mistica è il nostro essere che respira, al di là di ogni credenza religiosa.

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