Immigrazione, i numeri e le persone

migranti 1
da l’Unità
25 luglio 2015
Lia Quartapelle

Immigrazione, i numeri e le persone

Ogni numero è una storia, una donna, un bambino, un giovane uomo. Gestire i flussi migratori significa anche non celare dietro ai numeri le persone
Ancora 40 vittime nel Mediterraneo. Anche se c’è uno sforzo finalmente comune dell’Europa con tre missioni navali (Triton, Poseidon e Eunavfor Med) per evitare le morti in mare, attraverso il pattugliamento, la ricerca e soccorso in mare e la lotta contro i trafficanti di persone. 40 vittime hanno un valore assoluto, perché ogni vita persa in mare si deve poter evitare, ma hanno anche valore simbolico perché ci aiutano a riflettere sull’immigrazione, per una volta a partire dai numeri.
Il primo numero da prendere in considerazione è quello degli arrivi. Al 23 luglio 2015 il conteggio degli arrivi segnalava 85.815 persone giunte in Italia. Poco più di quelle arrivate l’anno precedente (85.062). Certamente molte di più di quelle arrivate nel 2011 o nel 2012, anni di incertezza dovuti alle Primavere arabe, quando però la situazione delle istituzioni in Libia non consegnava un sistema di confini poroso come oggi. I comuni italiani sono 8.092: sono arrivate dieci persone per comune. Numeri notevoli, certo, ma che non giustificano una certa destra che parla di invasione. Soprattutto ora, che l’Europa ha capito che deve fare la sua parte con la pubblicazione dell’Agenda comune europea per le migrazioni, quando si delineano finalmente i contorni di una politica di gestione del fenomeno che sia europea e articolata in misure diverse (contrasto al traffico, gestione delle frontiere, politica di asilo comune, nuova politica di migrazione legale): gli arrivi devono poter essere considerati all’interno di una logica europea, e non più solo italiana.
Il numero degli arrivi in Italia va però raffrontato con quello dei profughi siriani ospitati in Giordania (un milione di persone circa), e in Libano (un milione e mezzo), per popolazioni rispettivamente di 8 e 6 milioni di cittadini. Fatte le proporzioni, è come se in Italia dall’inizio della guerra siriana fossero arrivati 17 milioni di persone. Nessuno però in Giordania e Libano parla di invasione. I governi, tra mille difficoltà e grazie anche ai progetti di cooperazione internazionale, si sono attrezzati per evitare che i campi profughi diventino insediamenti permanenti colmi di disperazione, perché i bambini possano continuare ad andare a scuola e perché i servizi locali non siano sopraffatti da questo aumento straordinario di popolazione.
Giordania e Libano dovrebbero essere di esempio – e rassicurazione – per i paesi europei. Ed è qui che balza all’occhio un terzo numero: 8mila persone. È su questa cifra che la proposta delle istituzioni europee sulla ripartizione dei rifugiati tra gli stati membri per il 2016 si è incagliata. L’egoismo, l’autoreferenzialità di alcuni governi europei sono impietosi: sono 11 milioni i cittadini siriani rifugiati in Siria o all’estero, e i 26 paesi europei non riescono a ospitare insieme 8mila persone in più nel 2016.
È nella distanza tra necessità e disponibilità che naufragano i rifugiati, che si crea un populismo irrealistico e senza costrutto. La gestione comune europea di chi richiede asilo va rafforzata perché essa è la risposta vera a un fenomeno che è affrontabile, se si guardano i numeri per quelli che sono.
Guardando ai numeri, non bisogna dimenticare che ogni numero è però una storia, una donna, un bambino, un giovane uomo. Gestire una questione come quella dei flussi di rifugiati richiede anche la sensibilità di non celare dietro ai numeri le persone. Perché un morto abbia un valore assoluto, perché i nostri paesi, oltre a gestire senza isterismi il fenomeno, possano effettivamente fare spazio ad altre storie, altre persone.

 

5 Commenti

  1. Gioacchino ha detto:

    L’interessante articolo sui migranti dell’On. Lia Quartapelle, del 25.07.2015, prende le mosse dall’esiguità, rispetto al numero dei comuni italiani, del numero di persone che arrivano sul territorio italiano con i barconi dall’Africa, ed arriva alla conclusone che se i migranti venissero distribuiti equamente su tutti i comuni, comporterebbero un numero di 10 migranti per ogni comune italiano.
    Come al solito l’analisi si ferma al momento presente e non propone alcuna proiezione sul medio o lungo periodo, come ci si aspetterebbe da uno scritto proveniente da una nostra Rappresentante in Parlamento, dalla quale sia auspicabile sapere che non viva alla giornata senza avere alcuna visione del nostro futuro di Cittadini italiani.
    Oltre a ciò, l’analisi del fenomeno migratorio non considera minimamente la popolazione straniera già presente sul territorio nazionale e quella che in più arriva con altri mezzi. Inoltre, non considera che sicuramente la pressione migratoria si intensificherà nei prossimi anni a causa dell’esponenziale incremento demografico delle popolazioni africane che ha come concausa gli aiuti umanitari distribuiti scriteriatamente senza un contestuale controllo delle nascite.
    Restando ai numeri dell’Onorevole giornalista, assumendo che i flussi migratori della gente dei barconi restino costanti, cosa che dubito con fermezza, e non tenendo conto di quelli già arrivati e di quelli che arriveranno con altri mezzi, sarebbero 20 persone all’anno per ogni comune italiano. Nell’arco di 10 anni sarebbero 200 per ogni comune, senza aggiungere i figli di tale popolazione che per propria natura è molto prolifica.
    Nel nostro Paese i Comuni con meno di 1000 abitanti sono circa 2000, ovvero un quarto del totale, e che le popolazioni residenti sono in costante riduzione, nell’arco di appena 20 anni sarebbero radicalmente sconvolte la demografia e le tradizioni di gran parte del territorio italiano avendosi un quarto del territorio in cui la popolazione di tradizione e lingua madre italiana sarà in minoranza.
    All’apparenza sembrerebbe che ciò non comporti problemi perché nel frattempo tutta questa massa di bravi individui che sfuggono dalle guerre e dalla sovrappopolazione, di cui sono complici o responsabili i loro governanti, avrà trovato lavoro ed avrà assimilato la nostra lingua ed i valori della nostra cultura.
    Io nutro seri dubbi che il processo si svolgerà senza danni per la popolazione italiana che è in maggioranza cattolica, in quanto la maggior parte dei nuovi arrivati è di fede ed ideologia islamica, ed il loro figli mantengono la loro identità fondata sul Corano e sulla lingua araba anche nelle generazioni successive.
    Quando tali persone saranno in numero sufficiente, inizieranno, spinti dai loro capi religiosi, a reclamare a gran voce l’applicazione della legge islamica all’interno delle loro comunità, come già si è verificato in Gran Bretagna, primo passo per estendere tali regole, estranee alla nostra cultura ed alla nostra tradizione, anche al resto della popolazione e del territorio italiano.
    Il Vangelo di Matteo ci ammonisce a tal proposito (7: 15): “Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci!”.
    Lei Don Giorgio probabilmente, a causa della sua età, non vedrà il compimento della prima fase del processo descritto, perché il Signore la chiamerà nel Regno dei Cieli prima che esso si realizzi.
    Io pregherò Nostro Signore ed i Santi tutti perché Lei diventi ultracentenario, sia a causa delle simpatia che nutro nei suoi confronti, perché parla senza peli sulla lingua, e sia perché spero che possa vedere con i suoi occhi la nuova società che avrete contribuito a creare.
    Mi rammarico solo per i suoi confratelli di un prossimo domani, che saranno considerati dai nuovi arrivati degli infedeli in casa propria.
    Probabilmente i suoi colleghi presbiteri, insieme ad altri cittadini cattolici da generazioni, in futuro non potranno raggiungere il Cristo Risorto per cause naturali, ma giungeranno a Lui come Martiri della Fede con la gola tagliata perché rifiuteranno di convertirsi all’Islam, come del resto accade in gran parte del mondo dove imperversa la peste degli integralisti islamici.
    Ed il loro Prezioso Sangue di Martiri, dall’avvenire ricopre le vostre mani, perché Esso sarà versato grazie alla vostra responsabilità ed al vostro tradimento.

  2. GIANNI ha detto:

    ogni vita umana merita rispetto, anche se parte di un grande numero…
    a volte nelle statistiche si perde la nostra umanità

  3. Giuseppe ha detto:

    Mi immagino già quale potrebbe essere la reazione dei leghisti o comunque degli europei che la pensano come loro, leggendo questo articolo. Che c’entriamo noi? Siriani, Libanesi, Curdi, Palestinesi, Arabi, Asiatici e Africani non sono più o meno tutti della stessa razza? Che la sbrighino tra di loro! Sono bravi a gestire l’emergenza profughi? Bene, allora continuino pure, senza importunarci! Noi abbiamo già i nostri problemi: la crisi economica che non finisce mai, l’euro che ci taglieggia e ci impedisce di vivere comodamente, e gli attentati, e la delinquenza, e la disoccupazione, e i meridionali…
    La verità è che spesso chi ha responsabilità di governo (o aspira ad averne) ha abolito dal suo vocabolario parole come “accoglienza”, “pietà”, “umanità”, “sofferenza” perché trattano argomenti troppo impegnativi che finirebbero per distrarre dalla gestione della cosa pubblica e dal perseguimento del benessere. Le istituzioni religiose e le opere di carità esistono proprio per occuparsi di questi problemi, lasciamo che lo facciano, visto che è il loro mestiere…

    • bias ha detto:

      … che c’entriamo noi? … eh sì che c’entriamo. questi scappano da guerre fomentate colle nostre armi (commerciate per nostro conto dai cioccolatai svizzeri, tanto bravi) per impossessarci del loro petrolio e le loro materie prime … se invece di armi provassimo a spedire macchine agricole ed attrezzature per l’irrigazione non saremmo qui a discutere di questi problemi.

    • Marco ha detto:

      Accoglienza, umanità, pietà significa aiutare le persone come desiderano essere aiutate, non come riteniamo noi, razzisticamente, che devono essere aiutate. Salvo i casi di fuga precipitosa a causa di guerre e carestie in cui il dovere della accoglienza è un must assoluto, se chiediamo a 100 immigrati come vogliono essere aiutati almeno 98 rispondono che vorrebbero essere aiutati presso i loro paesi d’origine senza essere costretti a emigrare come tra l’altro la chiesa ha fatto per secoli tramite le sue missioni. Aiutare significa cooperare non decidere unilateralmente cosa è meglio per chi ha bisogno di aiuto presumendo altezzosamente che i bisognosi non siano in grado di indicare soluzioni ai loro problemi.

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