Verginità, matrimonio e… Amore mistico

Verginità, matrimonio e… Amore mistico

di don Giorgio De Capitani
Premetto subito che il tema di questo video è del tutto singolare, per non dire unico, nel senso che difficilmente è stato trattato nel passato. Forse sì, ma non con quella chiarezza che è tipica del mio modo di comunicare, mai esente da una determinazione che proviene da uno spirito libero. È così, e me ne vanto.
Proprio perché singolare e unico, il tema è di estrema importanza ed è fortemente provocatorio. Il discorso riguarda tutti – preti, suore e laici in genere, religiosi e non religiosi – ma mi rivolgo in particolare al mondo ecclesiastico, in cui tuttora è vivo il dibattito sul matrimonio dei preti. La discussione torna frequentemente a infiammare gli animi e a suscitare qualche speranza, per poi scomparire dietro le solite chiusure di una gerarchia che teme delle ripercussioni: teme infatti le reazioni scriteriate dei fondamentalisti o dei tradizionalisti più ottusi, a cui preme tenere in vita a qualsiasi costo l’obbligatorietà del celibato dei preti, quasi fosse di istituzione divina, quando invece tutti gli studiosi sostengono che è di pura istituzione ecclesiastica. E poi può succedere che proprio coloro che sono strenui paladini del celibato sacerdotale siano i primi a cedere alla tentazione della carne.
Ma i veri motivi che sostengono il valore del celibato ecclesiastico, nascosti dietro a nobili motivazioni quali la verginità come eredità e segno profetico della totale dedizione dell’uomo a Dio avvenuta in Cristo, in realtà sono puramente di carattere pratico: la Chiesa, fin da quando ha ridotto il Cristianesimo a una struttura religiosa, contrariamente a un preciso intendimento del suo Fondatore, sa che il matrimonio dei preti comporterebbe tutta una serie di notevoli inconvenienti anche sul piano pastorale, e non si dimentichi che un eventuale matrimonio condizionerebbe il prete nelle sue scelte più radicali: il prete sposato eviterebbe di mettere a rischio l’incolumità della moglie e di eventuali figli.
In ogni caso, come si potrebbe negare la bellezza dell’amore umano tra uomo e donna, anche tra prete e donna, tra suora e uomo?
Ho più volte espresso il mio parere, ed è chiaro: libertà di scelta.
E qui vorrei già introdurre la novità. Oltre alla via del celibato o del matrimonio, io proporrei una terza via, ed è quella del matrimonio mistico. Non è una invenzione di oggi, ma anticamente è sempre stato visto come una via del tutto straordinaria, esclusiva di certe anime privilegiate. E, nonostante questo, la Chiesa non ha mai visto di buon occhio queste amicizie del tutto fuori del normale. E le ha anche duramente combattute, e, quando si trattava di eliminare qualche eretico o spirito libero, ricorreva spesso a vergognosi stratagemmi, gettando fango ad esempio su due mistici che avevano tra loro un profondo rapporto del tipo spirituale, accusandoli di essere carnalmente attratti.
Non vorrei presentare la mia proposta come qualcosa del tutto eccezionale, ma una via “ordinaria” per favorire amicizie di carattere strettamente mistico tra un prete e una donna, o tra una suora e un uomo, senza tuttavia limitarmi al campo strettamente ecclesiastico.
Ma c’è di più, e qui arriva il bello. Anche se non mi è facile spiegarmi senza fare riferimenti al sesso, tuttavia vorrei usare un certo tatto, non perché ho paura di parlare di certi argomenti ancora tabù per la Chiesa, ma per evitare di ottenere effetti controproducenti.
Sappiamo tutti che l’amore coniugale è anche attrazione fisica, diciamo carnale, comprendente naturalmente tutti gli elementi che fanno parte del’anima o psiche, come sede di sentimenti, di affetti, che non possono tuttavia non tradursi in gesti fisici.
Ancora oggi, si parla del “dovere coniugale”, e ci si riferisce all’impegno reciproco dei coniugi ad avere rapporti sessuali. La Corte di Cassazione con la sentenza numero 4753 del 23 febbraio 2017, ha stabilito che rifiutarsi di fare sesso con il proprio marito, rientra nell’inadempimento dei doveri matrimoniali e quindi costituisce una violazione dei doveri coniugali. La Chiesa istituzionale, a sua volta, ammette i rapporti sessuali in ogni caso solo tra marito e moglie, ma imponendo dei limiti in vista di raggiungere lo scopo primario che, fino al Concilio Vaticano II, era la procreazione dei figli, mentre l’amore era ritenuto fine secondario. E la cosa assurda era che la morale ecclesiastica imponeva anche il modo di avere i rapporti sessuali, stabilendo essa stessa le posizioni “lecite” del corpo, il tutto in vista di raggiungere l’orgasmo, per deporre lo sperma nella vagina della moglie, ma attenzione: con il minor godimento possibile. Ogni godimento “eccessivo” era ritenuto peccato mortale.
Già questo fa capire quale concetto la Chiesa avesse dell’amore umano e del sesso. E non si pensi che, proprio perché la Chiesa aveva delle forti riserve nei riguardi del sesso (in funzione unicamente della procreazione), avesse allora una concezione alta dell’amore umano, quasi da sganciarlo dal sesso. No, non è così! La Chiesa ha sempre considerato la famiglia come una istituzione, naturalmente regolare, ovvero secondo i canoni (o regole) stabiliti dalla Chiesa, per garantire alla società una solidità legale e ordinata.
Dunque, sesso sì, ma solo in funzione della procreazione dei figli, e, se la donna era sterile (allora non si sapeva ancora che anche l’uomo potesse esserlo), si metteva a rischio la validità del sacramento del matrimonio. Oggi le cose sembrano un po’ diverse, ma la confusione che regna nella Chiesa è ancora tale per cui non si capisce che rapporto ci sia tra amore e sesso, e quale parte abbia ancora il primato della procreazione.
Già da questo si può almeno intuire come l’amore mistico sia del tutto diverso dall’amore puramente umano (pur santificato per un cristiano da un sacramento), proprio per il fatto che nell’amore mistico la carnalità, anche nei suoi aspetti affettivi o sentimentali, sia del tutto assente.
Ma non è finita. Vorrei porre una domanda: che parte ha la moglie e che parte ha il marito nella procreazione di un figlio? È solo una impressione che la parte dell’uomo (non escluderei del tutto l’amore) sia soprattutto carnale, e che, da quando la moglie rimane incinta, tutto ricada sulle sue responsabilità, mentre l’uomo rimane per di più assente? Al maschio spetta solo, godendo carnalmente, ingravidarla, e poi ricadrà sulla donna tutto il travaglio del parto.
Ed ecco ciò che contraddistingue l’amore puramente mistico, a differenza dell’amore verginale (un amore a senso unico, del tutto individuale, direi anche unicamente di genere) e dell’amore coniugale, dove la carnalità vuole la sua parte, anche per la procreazione dei figli.
Ma perché non dire che nell’amore prettamente mistico tra uomo e donna c’è una procreazione divina che coinvolge entrambi? Anzitutto, è una vita a due nello stesso Spirito, che li rende Uni in Dio. Sì, parlo di uomo e di donna, come maschio e femmina, perché credo che ci sia qualcosa di speciale nel maschio e qualcosa di speciale nella donna, ma, se devo fare una preferenza, credo che ci sia un qualcosa di ancor più speciale nella donna.
Entrambi, però, uomo e donna, nel loro essere interiore hanno un grembo spirituale che lo Spirito feconda e ingravida del Divino. Due grembi in uno, perché i due spiriti sono Uni nel Divino.
Forse, proprio perché abituati a vivere di sola carnalità e a pensare che la procreazione di un figlio sia da intendere unicamente in senso carnale, resta difficile, quasi impossibile, comprendere che esista un’altra procreazione, che non solo va oltre la carnalità, ma che supera quei limiti e quell’egoismo/individualismo che sono legati alla carnalità.
Eppure, se riuscissimo a fare un grande salto di qualità, che è quello dettato dallo Spirito, capiremmo la Bellezza divina dell’Unione prettamente mistica tra un uomo e una donna, che oltrepassa ogni carnalità per essere uni nell’Uno divino.
L’Unione mistica tra un uomo e una donna nello Spirito è qualcosa di altamente sublime, che non è per nulla sterile, ma è sorgente di una fecondità che partecipa della stessa fertilità divina, senza alcuna distinzione di genere, perché entrambi, l’uomo e la donna, partecipano insieme e con la stessa intensità di quello Spirito che feconda il loro grembo mistico, capace di ri-generare ogni giorno, per non dire ad ogni istante, il Figlio di Dio (il Logos di cui parla Giovanni nel Prologo) come l’Eterno che si fa presente qui e ora, l’Intelligenza che si fa saggezza di vita, il Bene che si fa irradiazione o emanazione di luce o di bellezza.
Quindi, non si dica che, siccome non esiste la carnalità del sesso, allora si debba parlare di sterilità: la fertilità degli spiriti è opera di quello Spirito santo, sempre pronto a generare il Logos divino in ogni essere umano, appena ci sia la nostra disponibilità interiore.
Neppure la verginità di una donna o di un uomo, che vivono la loro scelta di vita, ma separati dall’Unione mistica, sa produrre quei frutti che sono opera di quello Spirito che ingravida del Divino i due grembi, maschile e femminile.
Perché allora non permettere, anzi perché non proporre e favorire questa Unione mistica anche tra un prete e una donna, tra una suora e un uomo, o anche tra un prete e una suora?
Celibato sì celibato no? Ma di quale celibato stiamo ancora parlando?
Matrimonio sì matrimonio no per i preti o le suore, ecc., ma di quale matrimonio stiamo parlando?
La via della Mistica potrebbe essere la soluzione migliore, ma bisogna crederci. E come è possibile, se ancora oggi la Chiesa ha paura della Mistica, ignorandola del tutto (non la combatte perché in realtà è scomparsa) e lasciando a metà strada sia la verginità individuale che il matrimonio carnale?
Bisognerà che qualcuno ascolti lo Spirito santo, che è talmente libero da non essere legato a nessuna struttura o a movimenti ecclesiali di fanatici, che mettono il cappio alle anime più sempliciotte e psichicamente più deboli. Allo Spirito piace l’azzardo, il rischio, l’avventura, al di fuori di ogni limite religioso: o gli si dà ciecamente credito, o saremo ancora qui con i piedi nei ceppi di una prigione.

2 Commenti

  1. simone ha detto:

    Caro don,
    la ringrazio per questo articolo e per questa presa di posizione.
    Appena lo leggeranno in curia gli si drizzeranno i capelli però è la giusta strada. Costosa, dolorosa ma quella giusta per aprire una discussione che da troppo tempo viene liquidata con inutili giustificazioni.
    E’ un discorso complesso che al momento non mi sento di commentare. Ho bisogno di riflettere, meditare su queste parole.
    Se nascerà un pensiero lo aggiungerò.

    Da marito, padre, uomo di buona volontà percepisco molta confusione e impreparazione sul tema; se vai a confessarti da 5 preti diversi senti 5 posizioni differenti. Per questo la gente ha smesso di confessare i “presunti o reali” peccati sessuali.
    La chiesa è impreparata a discutere e confrontarsi su questi temi; serve preparazione e sinodalità.

    • FRANCO ha detto:

      basta evitare di andare a confessarti! cosa voi che ne sappiano i preti del sesso!
      quando ne parlano e’ sempre tutto molto divertente!

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