Previsioni e opinioni

L’EDITORIALE
di don Giorgio

Previsioni e opinioni

Un tempo non ci si fidava delle previsioni meteorologiche. Se i meteorologi dicevano: “Domani pioverà o farà bello”, il più delle volte capitava l’esatto contrario. Poi, le previsioni, anche per le tecnologie sempre più avanzate, divennero più attendibili. Ultimamente, però, qualcosa non ha funzionato. Forse è sempre vero il detto: il tempo fa quello che vuole, nonostante i nostri calcoli.
Ma la tecnologia non si può applicare alle opinioni, anche se possono essere supportate da qualche dato scientifico. Ma, in tal caso, non sarebbero del tutto opinioni. Le opinioni come tali sono qualcosa di soggettivo.
C’è di più. Non solo le opinioni rappresentano un nostro modo di giudicare gli eventi: ci teniamo che siano “nostre”, tanto più se abbiamo già una certa fama di opinionista. Come potrei distinguermi da un altro che fa il mio stesso mestiere?
Dire che l’opinione in sé sia del tutto soggettiva, nel senso che non abbia alcun aggancio con la realtà, non sarebbe corretto, anche perché non ci sarebbe alcun motivo “valido” per agganciare i lettori o aumentare il consenso. L’equivoco sta nel far credere che le opinioni sia talmente oggettive da essere prese come analisi perfetta o quasi della realtà. Anche qui l’emulazione sta nel far prevalere il nostro punto di vista, a tal punto da crearsi un nome e, in base al nome, da farsi leggere, con la presunzione che il nome talora basti a rendere attendibili anche le nostre eventuali stupidaggini.
Non sono di per sé contrario al mondo degli opinionisti: dico solo che oggi c’è una tale inflazione da trovare opinionisti anche al bar tra gli incallititi ubriaconi.
Certo, c’è del vero anche nelle opinioni, tanto più se pescano nella saggezza, frutto di quell’intelligenza, ovvero di quel “leggere dentro” gli eventi, che, più che farsi poi opinione, resta nel campo dell’”humus”, ovvero della terra, ovvero della realtà da dissodare, per farla germogliare.
Anch’io talora dico la mia, e anch’io sono tentato di imporre il mio pensiero, senza riuscire a distinguere ciò che è la realtà da ciò che è la sua apparenza. D’altronde, la realtà non è mai nuda realtà, ma è il suo apparire, che muta col mutare dei tempi. La realtà non è al di fuori delle apparenze, ma si rivela nelle apparenze, che però devono far intravedere la realtà.
Se ogni opinione riuscisse a togliere almeno un velo per scoprire qualcosa della realtà, sarebbe già tanto, ma il rischio c’è di far credere che le opinioni siano verità assolute. E tale rischio è pauroso, quando ognuno si crede opinionista tuttologo, ancor peggio se rimane vittima dell’opinionismo di corrente, o di moda, o di quel pensiero unico massificante, scaltramente invasivo a tal punto da manipolare il cervello anche dei benpensanti, anche di coloro che si presentano come opinionisti d’avanguardia.
E allora, ciascuno si faccia pure una sua idea di ciò che lo circonda, ma attenzione: cerca di avere un po’ di umiltà, quando la materia è da università, e tu hai fatto solo le elementari, oppure, anche se fossi un ingegnere, ti trovassi di fronte a Platone, o, tu fossi un filosofo, e avessi a che fare con l’ingegneria.
Qui sta il problema: scegliere le guide giuste, e non è sempre facile trovarle. Le guide giuste sono quelle che ti conducono verso l’interno del tuo essere, e qui potrai scoprire che è bello naufragare.   
26 settembre 2015
EDITORIALI DI DON GIORGIO 1
EDITORIALI DI DON GIORGIO 2

 

1 Commento

  1. GIANNI ha detto:

    molto dipende dall’oggetto dell’opinione.
    Nel senso che in taluni casi, esistono precise motivazioni a supporto o per confutare una tale opinione, sopratutto quando il metro di giudizio è soggettivo.
    Così per la filosofia, la politica, e tanti altri campi ancora, in cui mancano certezze assolute.
    Diversa, invece, l’opinione su elementi scientifici o di fatto.
    Qui non è tanto questione di posizioni personali, ma di avere o meno torto o ragione.
    Basti pensare ad una formula matematica o al fatto che una circostanza sia vera o falsa.
    L’importante sarebbe sempre definire, a priori, metri di giudizio che possano valere per tutti, altrimenti sarebbe un pour parler.
    Per fare degli esempi: nei processi penali, ad esemepio, vaglono le prove anche solo indiziarie, e quindi, tranne prove dirette ed incotrovertibili, nascono sempre le opinioni contrapposte e le separazioni tra colpevolisti ed innocentisti.
    Invece con formule matematiche, almeno quelle comunemente condivise, due più due deva fare sempre quattro per tutti.
    Esistono peraltro anche le discipline statistiche, che non sono scienze esatte, come la meteorologia, la medicina, appunto la statistica, che danno solo probabilità di un evento, non certezze assolute.
    E così, ad esempio, un farmaco può essere neutro per uno, positivo per un altro, ma anche far male ad un altro ancora.

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