L’Ilva di Taranto va chiusa! Prima la salute, e poi il posto di lavoro!

Non lo dico da adesso, ma già altre volte, nel passato, ho ripetuto che prima del posto di lavoro c’è la salute dell’operaio e dei cittadini. Inutile girarci attorno. Ipocrita è voler salvare capre e cavoli, sostenendo le proteste degli operai, solo perché si ha paura a dire la verità.
Si è già sbagliato nel passato, con tutte le conseguenze drammatiche che migliaia e migliaia di operai e di cittadini onesti hanno pagato sulla loro pelle. Miopia soprattutto sindacale e politica. Miopia, che in certi casi si è trasformata in un crimine imperdonabile. Lo si è visto con il caso Eternit di Casale Monferrato. Anche allora, anche quando già giravano voci allarmanti sulla pericolosità dell’amianto, si è fatto di tutto da parte degli operai e da parte dei sindacati per salvare il posto di lavoro, rischiando la salute. Oggi questo madornale errore lo si sta ripetendo con il caso Ilva di Taranto. Di nuovo operai e sindacati scioperano per salvare la loro fabbrica che si è rivelata essere una bomba inquinante.
Certo, occorre salvare il posto di lavoro degli operai messi sulla strada, ma ciò non significa restare in quella fabbrica. Certo, è troppo tardi per rimediare. Come al solito, si arriva sempre agli estremi, anche perché, prima, non è mai possibile intervenire, perché si ha paura delle conseguenze (chiusura della fabbrica e perdita del posto di lavoro).
In questo benedetto o stramaledetto Paese non si vuole mai affrontare la realtà preventivamente. “Non si sapeva!”, così ci si giustifica. No, lo si sapeva, o meglio, si faceva finta di non saperlo. Non ci si pone mai il problema in modo realistico: si tira a campare finché dura l’apparenza. Poi, quando la bomba scoppia, allora scoppiano le polemiche, si scende in piazza senza cervello, e nessuno vuole fare il mea culpa. Se non altro, come monito per il futuro. No, la lezione di Casale non è servita a nulla, neppure servirà la lezione di Taranto. Noi italiani siamo nati coglioni, e moriremo da coglioni.  
don Giorgio
 

da Il Fatto Quotidiano

“Taranto come Casale Monferrato, l’Ilva come Eternit”.
La protesta assedia il Tribunale

Davanti al gip oggi si è discussa la perizia che ha confermato come dallo stabilimento Ilva di Taranto si diffondano gas, vapori, polveri, contenenti sostanze pericolose per la salute dei lavoratori e per la popolazione della provincia ionica

di Francesco Casula | 17 febbraio 2012

“Taranto come Casale Monferrato”. Lo hanno urlato in tanti questa mattina dinanzi al tribunale ionico. Oltre mille infatti tra studenti, ambientalisti e semplici cittadini, armati di mascherina e fazzoletto bianco al braccio, hanno assediato pacificamente il palazzo di giustizia. In quel momento, davanti al gip Patrizia Todisco, si discuteva la perizia che per la prima volta ha messo per iscritto l’allarmante situazione ambientale nella città ‘dei due mari. I manifestanti lo hanno scritto sui cartelloni e sugli striscioni: “Disastro ambientale: Ilva come Eternit” e poi ancora “Dopo Casale Monferrato anche Taranto vuole giustizia”. Nelle strade intorno al tribunale, traffico in tilt e città quasi paralizzata. Centinaia di studenti per un giorno, insieme ai loro professori, hanno lasciato vuote le aule scolastiche per riempire le strade e rivendicare il diritto alla salute. A fare da cassa di risonanza i social network su cui sono giunti in massa i commenti dei tarantini fuori sede, tutti a sostenere la lotta per una città senza veleni.

Nell’aula F al primo piano del tribunale, i periti nominati dal gip Patrizia Todisco hanno risposto alle domande dei difensori dei vertici Ilva, indagati per disastro colposo e doloso, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, danneggiamento aggravato di beni pubblici, getto e sversamento di sostanze pericolose, inquinamento atmosferico.

Nelle 554 pagine del documento i tecnici hanno infatti confermato che dallo stabilimento Ilva di Taranto si diffondono gas, vapori, polveri, contenenti sostanze pericolose per la salute dei lavoratori e per la popolazione della provincia ionica. A preoccupare sono soprattutto le polveri che si diffondono in maniera non controllata dal parco minerali a cielo aperto, situato a pochi metri di distanza dal quartiere Tamburi. 668 tonnellate di polveri, secondo i periti, ogni anno si disperdono nell’atmosfera da questa area in cui l’azienda deposita piccole montagne di minerale di ferro e di carbone, materie prime che servono per la produzione dell’acciaio. Una zona che, secondo la relazione, per poter continuare a operare dovrebbe essere coperta e dotata di impianti di “aspirazione e trattamento” delle polveri emesse.

Ma in questa udienza il giudice Todisco ha acquisito anche una nuova relazione. Un documento di poco più di 50 pagine dell’Arpa Puglia che contiene le analisi di un monitoraggio sull’emissione in aria di benzoapirene, un inquinante altamente cancerogeno. L’indagine, svolta attraverso l’utilizzo di sette punti di rilevamento tra novembre 2010 e luglio 2011, ha permesso, attraverso 2300 campionamenti, di appurare che l’emissione di benzoapirene è superiore “da uno a tre ordini di grandezza” dei valori riscontrati negli ambienti di vita e individua nell’impianto cokeria dello stabilimento siderurgico “una rilevante sorgente emissiva di idrocarburi policiclici aromatici”. Le emissioni provenienti da Ilva spa risultano nettamente superiori anche a quelle provenienti dagli altri due colossi industriali presenti nel territorio di Taranto, la raffineria Eni e la Cementir spa.

A distanza di qualche mese dalle trionfali dichiarazioni del governatore Nichi Vendola sulla riduzione delle emissioni di diossina, la regione Puglia ha chiesto di costituirsi parte civile nel procedimento. E se la diossina, secondo azienda e politica, sembra rientrata nei limiti, le emissioni non controllate di polveri e benzoapirene rischiano di diventare il punto letale di un’indagine che potrebbe culminare anche con il sequestro degli impianti. Un nodo cruciale in questo senso è rappresentato dalla perizia epidemiologica che entro il prossimo 1 marzo arriverà sulla scrivania del magistrato. Una relazione che se dovesse contenere risultati preoccupanti potrebbe dividere definitivamente coloro che chiedono la chiusura di uno stabilimento che inquina e le decine di migliaia di famiglia che invece, accettando il rischio della malattia, sopravvivono grazie al lavoro garantito dalla fabbrica. Lavoro o diritto alla salute insomma. Come se ottenerli entrambi fosse un obiettivo impossibile.

 

da Lettera 43

TARANTO

Ilva a processo

Il gip decide: impianto sotto sequestro.

di Antonietta Demurtas

Il processo all'Ilva ci sarà. Alla fine la decisione del tribunale di Taranto è arrivata prima di agosto, come aveva promesso il procuratore capo Franco Sebastio.
 
Il 26 luglio il gip di Taranto Patrizia Todisco ha firmato il provvedimento di sequestro senza facoltà d'uso di tutta l'area a caldo dello stabilimento siderurgico, da tempo sotto inchiesta per i gravissimi danni ambientali che ha causato sul territorio.
I sigilli sono previsti per i parchi minerali, le cokerie, l'area agglomerazione, l'area altiforni, le acciaierie e la gestione materiali ferrosi. Ovvero quelle zone dell'acciaieria ritenute le maggiori responsabili dell'inquinamento:
«Il sequestro è a tutela delle vite umane», ha scritto il gip nell'ordinanza.
OTTO INDAGATI AGLI ARRESTI DOMICILIARI. Oltre al sequestro sono stati disposti anche otto arresti domiciliari a carico di dirigenti ed ex dirigenti della fabbrica indagati per disastro ambientale: tra loro il patron Emilio Riva, presidente fino a maggio 2010; il figlio Nicola che gli è succeduto nella carica e si è dimesso a metà luglio 2012; l'ex direttore dello stabilimento, Luigi Capogrosso; ma anche il dirigente capo dell'area del reparto cokerie, Ivan Di Maggio e il responsabile dell'area agglomerato, Angela Cavallo.
NOTIFICATI I PROVVEDIMENTI. I provvedimenti sono stati notificati in serata. Il primo a riceverli è stato l'avvocato Egidio Albanese, uno dei legali del gruppo Riva.
Ma agli arresti domiciliari sono finiti anche tre dirigenti del siderurgico che hanno assunto incarichi in tempi più recenti: il capo dell'area parchi, Marco Andelmi; Salvatore De Felice, capo area altoforno e Salvatore D'Alo, capo area acciaieria 1 e 2 e capo area Crf.
Tensione e paura tra gli operai
Intanto in fabbrica è mobilitazione generale e i sindacati hanno deciso di proclamare sciopero a oltranza. Appena è iniziata a circolare la notizia si sono aperti i cancelli e circa 8 mila operai sono usciti dallo stabilimento dando vita a una manifestazione sulle statali Appia e 106.
Inizialmente l'obiettivo era raggiungere la direzione dell'azienda, poi il cambio di marcia: tutti verso Taranto.
PROTEZIONE CIVILE ALLERTATA. Passando per il ponte girevole il corteo si è fermato in presidio davanti alla Prefettura dove già alle 17 si è svolto un incontro tra il prefetto e i sindacati confederali proprio per parlare della situazione.
Dopo il vertice i dipendenti hanno
bloccato il ponte girevole di accesso alla città tanto che la Protezione civile è stata messa in allerta.
In serata è stato poi avviato un ulteriore incontro tra la direzione aziendale e i rappresentanti sindacali.
SINDACATI IN TESTA AL CORTEO. «La notizia del sequestro ha scatenato un clima di paura e per non lasciare soli i lavoratori abbiamo deciso di metterci alla testa del corteo», ha raccontato a Lettera43.it Donato Stefanelli, segretario generale Fiom di Taranto.
Una decisione quella di Cgil, Cisl e Uil criticata da alcuni operai, circa una cinquantina, rimasti invece dentro lo stabilimento: «Insieme con l'azienda ci hanno invitato a uscire», hanno riferito a Lettera43.it.
«L'azienda ha usato gli operai come testa d'ariete contro la magistratura durante la manifestazione del 30 marzo», ha ribattuto Stefanelli, «così questa volta abbiamo voluto evitare qualsiasi sciacallaggio e abbiamo deciso di marciare insieme».
PRESSIONI SUL TRIBUNALE. Ma di condizionamenti, anche indiretti, i lavoratori ne hanno già subiti tanti. «Ci hanno detto: se volete uscite oppure rimanete qui, ma chissà domani cosa ci diranno», raccontano, «noi però abbiamo deciso lo stesso di non andare perché non siamo d'accordo con l'iniziativa, che è stata lanciata in pochi secondi, senza pensare a una strategia», dicono, «l'idea di andare contro il tribunale non ci piace».
Pressioni che invece in questi giorni non sono mancate né da parte delle istituzioni né da parte della Confindustria.
CLINI: «CHIEDERE IL RIESAME». Il 26 luglio il ministro dell'Ambiente Corrado Clini ha esordito con un'intervista su Il Sole 24 Ore nella quale diceva: «L'Ilva di Taranto non va fermata. Il giudizio sui rischi connessi ai processi industriali dello stabilimento va attualizzato». Poi dopo la decisione del tribunale, ha aggiunto: «Chiederò che il provvedimento di riesame del provvedimento giudiziario avvenga con la massima urgenza. L'intenzione è di sostenere la continuazione delle attività produttive e portuali nel sito di Taranto».
Sulla stessa linea anche il governatore della Puglia Nichi Vendola: «L'auspicio è che al primo giudice possa seguire uno che ne dia un giudizio diverso al riesame», ha commentato alla fine della riunione al ministero dell'Ambiente dove è stato siglato un
protocollo sull'Ilva 
per la bonifica dell'area di Taranto che per ora prevede uno stanziamento di 336 milioni di euro.
Secondo Vendola, con lo stop dell'impianto «le famiglie a rischio sarebbero 20 mila». Cittadini che ancora una volta si trovano davanti a un bivio: diritto al reddito da una parte e tutela della propria salute dall'altra.
Ma come ha già sottolineato a Lettera43.it il procuratore di Torino
Raffaele Guariniello esperto di sicurezza sul lavoro: «Le decisioni dell'autorità giudiziaria non devono essere strumentalizzate, in tanti anni della mia carriera non ho mai visto chiudere un'azienda a causa di un'indagine».
 
Radicali: «Un'occasione per la riconversione»
 
Ma sulla decisione del tribunale le prime reazioni sono state per la maggior parte di stupore e preoccupazione. Il futuro occupazionale degli operai diretti e dell'indotto dell'Ilva, la tenuta sociale ed economica della città e il destino della siderurgia in Italia sono le priorità espresse da politici e sindacati.
IL PRESIDENTE: «IMPEGNO PER L'OCCUPAZIONE». Anche Bruno Ferrante, il presidente di Ilva Spa: «Non posso esprimermi ancora sul sequestro degli impianti, ma voglio dire che non mancherà l'impegno, come non è mai mancato in questi anni, per tutelare in tutte le sedi opportune l'occupazione e il futuro dell'Ilva, che è patrimonio dell'intero Paese».
Secondo Elisabetta Zamparutti, deputata radicale in Commissione Ambiente e Maurizio Bolognetti, componente della direzione nazionale di Radicali italiani, «bisogna respingere il ricatto occupazionale, la salute dei cittadini è un bene prioritario da tutelare e il sequestro può essere l'occasione di una riconversione della produzione all'insegna della sostenibilità ambientale».
BONIFICHE, DALL'ILVA SOLO 7,5 MLN. Zamparutti e Bolognetti hanno poi aggiunto: «Ci spiace che il ministro Clini abbia acconsentito a un accordo tra governo, enti locali e gruppo Riva che prevede 336 milioni di investimenti per la bonifica ambientale di cui solo 7,5 a carico della società Riva responsabile del disastro».
DISASTRO COLPOSO E DOLOSO. L'accusa nei confronti dei vertici aziendali è infatti di disastro ambientale colposo e doloso, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, danneggiamento aggravato di beni pubblici, getto e sversamento di sostanze pericolose.
La perizia medico-epidemiologica, sulla base della quale sono stati disposti il sequestro e gli otto arresti riferisce che «l'esposizione continuata agli inquinanti dell'atmosfera emessi dall'impianto ha causato e causa nella popolazione fenomeni degenerativi di apparati diversi dell'organismo umano che si traducono in eventi di malattia e di morte».
Giovedì, 26 Luglio 2012
 

dal Corriere della Sera

LA QUESTIONE ILVA

Il gip:«L'inquinamento ha causato malattia,
morte e danni all'ambiente»

Nelle carte il giudice spiega le ragioni dei provvedimenti: «La gestione caratterizzata da totale noncuranza»

TARANTO – «La gestione del siderurgico di Taranto è sempre stata caratterizzata da una totale noncuranza dei gravissimi danni che il suo ciclo di lavorazione e produzione provoca all'ambiente e alla salute delle persone».

L'ORDINANZA DI SEQUESTRO – È quanto scrive il gip di Taranto nell'ordinanza di sequestro dell'Ilva di Taranto. «Ancora oggi» gli impianti dell'Ilva producono «emissioni nocive» che, come hanno consentito di verificare gli accertamenti dell'Arpa, sono «oltre i limiti» e hanno «impatti devastanti» sull'ambiente e sulla popolazione. La situazione dell'Ilva «impone l'immediata adozione, a doverosa tutela di beni di rango costituzionale che non ammettono contemperamenti, compromessi o compressioni di sorta quali la salute e la vita umana, del sequestro preventivo. L'imponente dispersione di sostanze nocive nell'ambiente urbanizzato e non – scrive ancora il gip nelle carte – ha cagionato e continua a cagionare non solo un grave pericolo per la salute (pubblica)», ma «addirittura un gravissimo danno per le stesse, danno che si è concretizzato in eventi di malattia e di morte. In tal senso – aggiunge il gip – le conclusioni della perizia medica sono sin troppo chiare. Non solo, anche le concentrazioni di diossina rinvenute nei terreni e negli animali abbattuti costituiscono un grave pericolo per la salute pubblica ove si consideri che tutti gli animali abbattuti erano destinati all'alimentazione umana su scala commerciale e non, ovvero alla produzione di formaggi e latte. Trattasi di un disastro ambientale inteso chiaramente come evento di danno e di pericolo per la pubblica incolumità idoneo ad investire un numero indeterminato di persone». «Non vi sono dubbi sul fatto – conclude – che tale ipotesi criminosa sia caratterizzata dal dolo e non dalla semplice colpa. Invero, la circostanza che il siderurgico fosse terribile fonte di dispersione incontrollata di sostanze nocive per la salute umana e che tale dispersione cagionasse danni importanti alla popolazione era ben nota a tutti. Le sostanze inquinanti erano sia chiaramente cancerogene, ma anche comportanti gravissimi danni cardiovascolari e respiratori. Gli effetti degli Ipa e delle diossine sull'uomo non potevano dirsi sconosciuti».

IL PROVVEDIMENTO DI ARRESTO – «Chi gestiva e gestisce l'Ilva ha continuato in tale attività inquinante con coscienza e volontà per la logica del profitto, calpestando le più elementari regole di sicurezza». Lo scrive il gip nel provvedimento di arresto nei confronti dei vertici del siderurgico tarantino.
Redazione online
26 luglio 2012

 

5 Commenti

  1. Elvis ha detto:

    A me, scusate, viene da pensare che tutti i commentatori benpensanti, che sono nel giusto, ma un giusto farisaico, abbiano un buon lavoro, sicuro e garantito o quasi.
    Altrimenti credo che le granitiche certezze che li smuovono, sarebbero un po’ meno salde.
    Non stiamo parlando di 100 lavoratori che in qualche modo il sistema può riassorbire, anche in mansioni meno qualificate o precarie.
    Stiamo parlando di un’intera città, di un indotto che non è neppure calcolabile. Stiamo parlando di una mossa che nel giro di un mese porterebbe l’italia ad essere importatore netto di acciaio specie in alcuni formati e laminati a caldo.
    Oggi, Luglio 2012, si scopre che l’Ilva inquina?
    Non esistevano soluzioni meno talebane? Obbligare ad un piano di messa in sicurezza progressiva?
    I magistrati e i benpensanti sanno che praticamente quando si spegne un altoforno se ne decreta all’80% la morte?
    Dopo neanche la cassazione potrebbe riattivare questi stabilimenti!
    Un po’ di prudenza, non stiamo solo giocando con i polmoni della povera gente, ma anche con la pelle e la sopravvivenza dei lavoratori!!

  2. franco ha detto:

    il profitto a tutti i costi,anche fregandosene della morte di una città dove i bambini muoiono di leucemia per le polveri maledette, gli operai e i cittadini muoino di cancro sempre per queste polveri ma in compenso i riva, capitalisti con la coscienza sotto il culo e la complicità dei politici ed dei sindacati guadagnano miliardi fottendosene di tutto, e poi quando la magistratura fa, come l solito, il lavoro che avrebbero dovuto fare i politici ecco il putiferio. non capisco poi perchè il governo metta disposizione 200/300 milioni di euri versati da contribuenti italiani e non vada a sbattere in galera i componenti della famiglia riva e faccia pagare a loro tutte le spese necessarie per bonificare tutta la città e mettere in sicurezza la fabbrica. va bene il lavoro ma se non ho il lavoro am la salute posso sempre sperare in caso contrario se ho il lavoro ma se ho il cancro che minchia me ne faccio del lavoro? poi come ho detto sono stufo di stare in un paese dove i problemi vengono risolti da magistrati con le palle sotto che oltretutto poi vengono dileggiate e osteggiate da una classe di politici che invece di mettere a disposizione di questi magistrati tutte le risorse e gli appoggi necessari per combattere l’ingiustizia del potere fanno di tutto per mettere a tacere la giustizia.

  3. Giuseppe ha detto:

    Se non ci fossero imprenditori manigoldi che pur di racimolare qualche utile in più, violano sistematicamente le norme di sicurezza, o come in questo caso le rispettano di giorno per poi trascurarle nei turni di notte, non saremmo di fronte a dilemmi così drammatici. Non raccontiamoci fandonie, se il tuo lavoro oltre ad essere la fonte del tuo reddito è anche la causa delle tue malattie e nei casi più gravi della tua morte, sei in trappola! È come se qualcuno ti stesse uccidendo e ti pagasse per morire: non è solo un reato, è un orrore! Quando ci sarà la giusta sicurezza e prevenzione nelle attività lavorative più esposte a rischi? Visto che qualcuno le deve pur fare, che almeno lo si metta nelle condizioni di non mettere a repentaglio inutilmente la salute.
    Quando le autorità e gli organi preposti alla sicurezza smetteranno di chiudere un occhio sottovalutando le possibili conseguenze di una gestione insensibile e superficiale, o addirittura omettano i controlli dietro compenso?
    Siamo nel bel mezzo di una crisi economica di vaste proporzioni, da cui sembra sempre più difficile riuscire a tirarsi fuori, ma della crisi etica e di legalità che si estende a vista d’occhio e mette a repentaglio la nostra sopravvivenza, nessuno se ne dà per inteso?

  4. Riccardo ha detto:

    I padroni maledetti inquinano tutto ciò che toccano. L’Ilva ha un altro stabilimento identico a Genova, sono anni che parlano di chiuderlo ma ancora niente.
    Spero che i padroni marciscano in galera con i sindacati che mettono in scena lo sciopero ma poi se la fanno con i padroni e a crepare di cancro sono sempre e solo i poveri.
    Come le stramaledette olimpiadi inglesi, fatte dai padroni per i padroni che possono spendere migliaia di sterline per dire “c’ero anch’io!” a quello show del cattivo gusto, con i militari paracadutati ad accendere la fiaccola olimpica alla faccia dello spirito delle Olimpiadi di Atene. Grazie all’euro, ora possono mandare in malora la cultura greca e quella latina! Contano solo i verdoni, come nella patria degli affaristi yankee. Presto – è già cominciato il processo – toglieranno la sanità pubblica e trionferanno i padroni, dall’alto dei SUV fottutissimi, che potranno decidere chi vive e chi muore, chi deve soffrire e chi ha diritto alla carità cristiana. In un’Europa che disconosce Cristo, che ha rifiutato nella costituzione europea ogni richiamo anche alla sola cultura cristiana. Un’Europa che paga le veline e i calciatori come nababbi e sputa in faccia ai dipendenti pubblici che sono gli unici che si rompono la schiena per quattro soldi e sono sfruttati dai padroni che non pagano le tasse e pretendono, pretendono, pretendono sempre e comunque. Che Dio dall’alto del cielo possa portare il giusto castigo sulle loro teste e sulle teste dei loro figli, che ogni padrone possa rimpiangere amaramente di essere nato leggendo la cartella clinica del figlio neonato col tumore al pancreas o al fegato, e che si debba rovinare per pagare il trapianto ma che l’operazione vada storta e che possano crepare tutti quanti, e che gli evasori restino in carrozzella in una struttura di lusso ma con un infermiere squilibrato che li prenda a ceffoni in faccia tutte le notti che gli restano da vivere. Non riesco ad augurare loro tutto il male che sento di volergli, che Dio mi aiuti a scaricare tutto l’odio in una singola maledizione perfetta che giunga a segno, e che guidi sulla loro testa la maledizione perenne, la dannazione eterna che si sono comprati con le loro mani lorde di corruzione morale e materiale, vizio, perversione, depravazione. Signore, fa’ morire ti prego tutti i padroni, che possiamo svegliarci domattina liberi in un mondo pulito senza sfruttatori e inquinatori maledetti. Dio del cielo ascolta il tuo umile servo, punisci con malattie orrende tutti questi bei signori sempre in vacanza, fa’ che possano essere sterminati da un virus incurabile e che crepino soli come cani invocando invano il perdono per le loro mostruosità. AMEN.

  5. Gianni ha detto:

    Una vecchia concezione della politica considerava prioritario il lavoro.
    Mi auguro che sia realmente una concezione vecchia, cioè superata, ma pare che per taluni non sia proprio così…..

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