Omelie 2020 di don Giorgio: QUINTA DOPO IL MARTIRIO DI S. GIOVANNI IL PRECURSORE

27 settembre 2020: QUINTA DOPO IL MARTIRIO DI S. GIOVANNI IL PRECURSORE
Dt 6,4-12; Gal 5,1-14; Mt 22,34-40
Prendendo i tre brani della Messa nel loro insieme, possiamo scoprire alcuni verbi e alcune parole fondamentali che ci possono portare al cuore del Mistero divino, che è Essenzialità assoluta, ovvero Unità verso cui dirigere ogni nostro pensiero e di conseguenza ogni nostro agire. Come sempre, l’agire proviene dal pensiero, e il pensiero è quello illuminato dal nostro interiore intelletto attivo, che è orientato verso la Luce divina.
Il Mistero divino, dunque, è Essenzialità assoluta, che è anzitutto da ascoltare, da amare (nel modo come vedremo), da ricordare e da vivere in libertà.
Ecco in sintesi il messaggio dei brani di oggi, letti e riletti nello Spirito santo, che è infinita Luce che rischiara le tenebre e Energia divina che vivifica ogni nostro sforzo interiore.
Il cuore del Mistero divino: Essenzialità assoluta
Partiamo dal cuore del Mistero divino, che è Essenzialità assoluta. Chiariamo.
Essenzialità significa semplicità, il contrario di complessità, e anche di moltiplicazione e di divisione. Si può dividere e moltiplicare una cosa composita, anche perché, essendo cosa, è già soggetta ad essere divisa e moltiplicata.
Lo Spirito non può essere né diviso né moltiplicato, proprio perché è Spirito. Ora Dio è purissimo Spirito, perché essenzialità o semplicità nel modo più assoluto, ovvero libero da ogni condizionamento. La parola “assoluto deriva dal latino, ab-solutus, e significa “sciolto da” (da ogni legame).
Basterebbe già capire questo per dare alla nostra fede quel senso o quell’orientamento che porta direttamente e necessariamente al cuore del Mistero divino.
Anzitutto, “direttamente”, ovvero senza alcuna mediazione che blocchi il nostro tendere al Mistero divino. Ogni religione fa da mediazione, perciò è di ostacolo, vuole intromettersi tra noi e il Mistero divino.
Inoltre, “necessariamente”, sì perché paradossalmente di fronte al Mistero divino, che è Essenzialità assoluta, non si può essere liberi di scegliere, come chi scopre l’essenza di una cosa e per forza la deve riconoscere. Se ci sono nubi nel cielo posso anche dubitare della esistenza del sole, ma se le nubi scompaiono il sole si impone nella sua realtà. È vero che oggi vanno di moda i negazionisti, ma si tratta di gente balorda che si diverte a negare l’innegabile o l’evidenza più esplicita. Più luce c’è, più siamo costretti a vedere e a riconoscere la realtà. Negarla è solo di gente cieca e ottusa.
Dunque, davanti alla essenzialità o semplicità divina non ci rimane che riconoscerla necessariamente. Solo la schiavitù che mi lega alle cose mi può distogliere dalla mia libertà di scegliere il Necessario, che è Dio stesso. Ma, ecco la domanda: come possiamo parlare di libertà, se sono costretto a scegliere l’Essenzialità divina, ovvero il nostro Unico Necessario?
Rispondo dicendo che della libertà noi abbiamo una concezione del tutto sbagliata. Noi riteniamo che siamo liberi solo perché davanti a due o tre cose possiamo sceglierne una, senza magari nemmeno porci la domanda quale tra le due o tre cose sia la migliore.
No! Diciamo: io esercito la mia libertà scegliendo ciò che mi pare, magari quello che mi fa più piacere, più comodo, quello che mi è più utile. Ma questa non è libertà.
E lo sbaglio sta nel partire dalla nostra esperienza umana, dimenticando che nel caso della libertà dobbiamo invece partire dalla realtà divina.
Dio chi è? Almeno una cosa la possiamo dire: è la Libertà, per la sua stessa natura divina, ma attenzione: essendo Dio il Bene assoluto non può che scegliere se stesso e non può dunque scegliere il male. Quindi, possiamo dire che la libertà non è di per sé una scelta tra il bene e il male: la Libertà è il Bene in sé. Non c’è possibilità di scelta.
Certo, essendo creature siamo costretti ogni giorno a scegliere tra una cosa buona e una cosa meno buona, ma la libertà sta nello scegliere sempre la migliore fino a tendere al massimo delle nostre possibilità. Davanti al meglio non ho libertà di scelta. Sono obbligato a farlo.
Ecco perché i Mistici insistevano sul valore del distacco, perché solo attraverso il distacco ci si libera dalla schiavitù delle cose, e così possiamo essere liberi di scegliere il Bene assoluto che, in quanto assoluto, non vuole alcun condizionamento. Le nostre scelte quotidiane devono tendere al Bene assoluto, spogliandoci di tutto ciò che ci lega ad una carnalità che ci distoglie dall’Essenzialità divina, che è il nostro Unico Bene Necessario.
Ora possiamo anche capire il motivo per cui Cristo ha spogliato la Legge liberandola da un fogliame di precetti assurdi e deprimenti. La Legge è un solo comandamento: il primato assoluto del Divino, che esige di togliere tutto un mondo di leggi inutili, che finiscono per distoglierci dall’Unico Bene.
Amore come Amicizia
Vorrei almeno dire qualcosa sulla parola “amore”, che anche nei riguardi di Dio ha assunto significati fuori posto. In greco ci sono tre parole per indicare amore: filìa, eros e agàpe. Ho scritto un libro, dal titolo “Uomo, fàtti essenziale”, che vi inviterei a leggere, in cui dedico un capitolo, “Dialogo a tre”, proprio a spiegare il senso che hanno le tre parole.
Dico solo che l’Amicizia, da scoprire nella interiorità del proprio essere, meriterebbe una maggiore attenzione. Sarebbe interessante uno studio particolare sul posto che ha avuto l’amicizia nelle relazioni di Gesù con gli altri. Non dimentichiamo le parole rivolte dal Maestro ai suoi discepoli: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici… Non vi chiamo più servi… vi ho chiamati amici”.
Nella Mistica la parola “amore” sembra lasciare il primato all’Amicizia che lega il nostro spirito interiore allo Spirito santo. Parlare di amore sarebbe come parlare ancora di qualcosa di troppo esteriore, e non basta dire che appartiene al modo dell’anima, se è vero che l’anima o psiche è la realtà intermedia tra il corpo e lo spirito. Forse è questione di intenderci sulle parole, ma anche le parole, se troppo logore, possono mettere a rischio quel rapporto profondo che vi è tra il nostro essere e la Divinità.
Nella Mistica anche il linguaggio conta, eccome, e i Mistici ci aiutano a togliere ogni equivoco, soprattutto se si tratta del Mondo del Divino. Possiamo anche parlare di amore mistico, ma, per evitare ogni equivoco su una parola che sa troppo di carnalità, sarebbe meglio parlare di Amicizia da riscoprire però nel senso evangelico.

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