Un Natale di Essenzialità…

L’EDITORIALE
di don Giorgio

Un Natale di Essenzialità…

Per costrizione, non importa. Quest’anno il Natale l’ho vissuto in tutta la sua radicalità, ovvero nella essenzialità.
Un Natale, il mio, che non mi è parso il solito Natale. Senza perciò quell’attesa, fatta di un susseguirsi coercitivo di cose via via sempre più droganti all’avvicinarsi del fatidico giorno. Anche la ritualità o le proposte pastorali di quando ero prete di parrocchia, erano un mucchio di cose che pesavano sulla essenzialità del Natale.
So di annoiare i devoti tradizionalisti, o le vittime di sacralizzazioni pagane. Ma non per questo cedo alle loro irritazioni.
Chi ha svuotato il Mistero del Natale della sua essenzialità, riempiendolo di formalità e di esteriorità, non sono stati i pagani di ieri e di oggi, ma “i suoi”, come ripeterebbe ancora oggi l’autore del quarto Vangelo.
È vero che i pagani se ne fregano del Mistero e sfruttano le festività natalizie per fare i cavoli loro, ma è anche vero che i credenti hanno coperto di vestitini inutili il bambino Gesù che, quando venne in questo mondo, era rivestito solo della essenzialità divina, pur nella nudità della carne umana. Essenzialità d’essere e nudità materiale!
Quando sento certi preti incolpare il paganesimo moderno di aver distrutto il Mistero del Natale, mi viene tanta tristezza al pensiero che anch’io come prete ho contribuito, in quanto ministro della religione cattolica, a tradire quel Bambino, trattandolo come un bel giocattolo senza vita, utile per strumentalizzare le anime.
Anche quest’anno, In un giorno, quello di Natale, mi è sembrato che il mondo diventasse quasi tutto migliore, e poi, già la sera, tutto come prima. Perché ogni anno si ripete la stessa illusione?
Non credo neppure che il giorno di Natale lo si debba vivere in un eremo. Fortunati, comunque, coloro che se lo possono permettere. Il Mistero, nella sua essenzialità, va colto e vissuto nella quotidianità, nella più dura ferialità.
Cristo inizia a nascere il giorno dopo la sua nascita storica. Il Cristo della fede è il Cristo dei mistici, ed è il Cristo della Storia di Dio, che non si aggrappa alle commemorazioni liturgiche, ma a quella fede quotidiana che vede oltre il trascorrere del tempo, o le vicende storiche.
Da duemila anni, la Chiesa ha trascurato il Cristo della fede, aggrappandosi al Cristo storico, scambiando i miti per fatterelli edificanti, attorno a cui ha costruito, lungo i secoli,  poesie e leggende. Un mucchio di bugie!
27 dicembre 2014 
EDITORIALI DI DON GIORGIO 1
EDITORIALI DI DON GIORGIO 2

1 Commento

  1. Filippo ha detto:

    Ci aggiungerei anche quest’altro grande pensiero, relativamente all’altra “grande festa mistica”.

    “Ogni mattino, quando mi risveglio ancora sotto la cappa del cielo, sento che per me è capodanno. Perciò odio questi capodanni a scadenza fissa che fanno della vita e dello spirito umano un’azienda commerciale col suo bravo consuntivo, e il suo bilancio e il preventivo per la nuova gestione. Essi fanno perdere il senso della continuità della vita e dello spirito. Si finisce per credere sul serio che tra anno e anno ci sia una soluzione di continuità e che incominci una novella istoria, e si fanno propositi e ci si pente degli spropositi, ecc. ecc. È un torto in genere delle date.

    Dicono che la cronologia è l’ossatura della storia; e si può ammettere. Ma bisogna anche ammettere che ci sono quattro o cinque date fondamentali, che ogni persona per bene conserva conficcate nel cervello, che hanno giocato dei brutti tiri alla storia. Sono anch’essi capodanni. Il capodanno della storia romana, o del Medioevo, o dell’età moderna. E sono diventati così invadenti e così fossilizzanti che ci sorprendiamo noi stessi a pensare talvolta che la vita in Italia sia incominciata nel 752, e che il 1490 0 il 1492 siano come montagne che l’umanità ha valicato di colpo ritrovandosi in un nuovo mondo, entrando in una nuova vita. Così la data diventa un ingombro, un parapetto che impedisce di vedere che la storia continua a svolgersi con la stessa linea fondamentale immutata, senza bruschi arresti, come quando al cinematografo si strappa il film e si ha un intervallo di luce abbarbagliante.

    Perciò odio il capodanno. Voglio che ogni mattino sia per me un capodanno. Ogni giorno voglio fare i conti con me stesso, e rinnovarmi ogni giorno. Nessun giorno preventivato per il riposo. Le soste me le scelgo da me, quando mi sento ubriaco di vita intensa e voglio fare un tuffo nell’animalità per ritrarne nuovo vigore. Nessun travettismo spirituale. Ogni ora della mia vita vorrei fosse nuova, pur riallacciandosi a quelle trascorse. Nessun giorno di tripudio a rime obbligate collettive, da spartire con tutti gli estranei che non mi interessano. Perché hanno tripudiato i nonni dei nostri nonni ecc., dovremmo anche noi sentire il bisogno del tripudio. Tutto ciò stomaca. Aspetto il socialismo anche per questa ragione. Perché scaraventerà nell’immondezzaio tutte queste date che ormai non hanno più nessuna risonanza nel nostro spirito e, se ne creerà delle altre, saranno almeno le nostre, e non quelle che dobbiamo accettare senza beneficio d’inventario dai nostri sciocchissimi antenati”. (Antonio Gramsci, 1 gennaio 1916, “Avanti!”, edizione torinese, rubrica Sotto la Mole).

Leave a Reply

CAPTCHA
*