Tre parole da chiarire: accoglienza, integrazione e inclusione

L’EDITORIALE
di don Giorgio

Tre parole da chiarire:

accoglienza, integrazione e inclusione

Accoglienza, integrazione e inclusione: tre parole da spiegare, per evitare di fraintenderne il senso.
Anzitutto, accoglienza. È una parola, il cui senso sembra abbastanza evidente. Richiama l’abbraccio di Cristo, che sulla croce ha allargato le braccia per accogliere l’umanità intera. Un abbraccio, seguito dal dono dello Spirito santo: mentre Gesù muore, “emette lo spirito”, che non sta solo a significare la sua morte fisica, ma l’offerta dello Spirito santo, che agirà all’interno dell’essere umano, risvegliandolo al Sé, ovvero al Mistero del Divino. Il risveglio è una parola che richiama la spiritualità o la mistica induista.
Passiamo alla seconda parola: integrazione. Ha più sensi, anche risvolti negativi, perciò da spiegare, separandoli da quelli positivi. Si integra una realtà, che è mancante di qualcosa, per completarla. Integrazione è un termine ricorrente nel campo sindacale. Si integra una persona per farla sentire a suo agio in una situazione difficile, togliendola da un certo stato di solitudine o di emarginazione. Se si tratta di immigrati, si vorrebbero integrare nella realtà sociale e convenzionale del nuovo paese, come se si volesse adattarli alle sue consuetudini. Qui, bisognerebbe subito distinguere tra le consuetudini sociali e i valori universali. Le leggi degli stati o le loro abitudini possono cambiare, ma i valori umani non cambiano, casomai si approfondiscono, alla ricerca di quell’interiore fondo comune, dove tutti dovremmo sentirci fratelli: uni nel tutto, dove il tutto sta per il molteplice esteriore, destinato prima o poi a ricomporsi nell’uno, all’interno dell’essere umano.  Integrarsi allora, nel suo aspetto positivo, non comporta distinzione o separazione per un falso diffuso bisogno di sopportazione o di falso rispetto reciproco, e non significa neppure omologazione, per gli stessi motivi.
Ed ecco la terza parola: inclusione. Che significa includere? Già il verbo lo dice: chiudere dentro. Significa, quindi, costringere qualcuno a entrare in un certo schema, in una certa struttura: tu devi pensarla come me, devi comportarti come lo dico io. Se fosse così, ci troveremmo di fronte alla più deplorevole forma di superiorità, di supremazia culturale e razziale, politica e religiosa: io sono superiore a te. Ogni tentativo di inclusione è un tentativo di imporre la propria supremazia. È già successo, con conseguenze tragiche, e succede ancora con conseguenze tragiche. In ogni campo: politico e religioso. Sì, anche in quello religioso. Nessuno deve imporre la propria religione come se fosse l’unica detentrice della verità. I Valori, già l’ho detto più volte, sono universali: appartengono all’Umanità.
La verità non risiede nelle strutture socio-politiche, nelle civiltà presunte tali e nelle religioni, ma all’interno dell’essere umano, là dove non contano né la pelle, né la cultura, né le credenze religiose. È nel profondo dell’essere umano l’origine della verità o, meglio, di quel divino che ci accoglie, ci integra, ma non ci include soffocandoci.
Vorrei, infine, porre una domanda: chi oggi potrebbe aiutarci a scoprire chi siamo, nel profondo del nostro essere? La mia risposta è chiara: è il mondo della Mistica, sconosciuta nel mondo giudaico e anche in quello islamico, presente in parte nel mondo latino-greco, ma particolarmente stimolante e provocatoria nel mondo induista. Le religioni, anche quella cattolica, hanno sempre contestato la Mistica, anche se gli spiriti liberi dei mistici non si sono fatti intimorire. A loro dobbiamo il presente e il futuro dell’Umanità. Loro devono essere il nostro continuo punto di riferimento.  
28 maggio 2016
EDITORIALI DI DON GIORGIO 1
EDITORIALI DI DON GIORGIO 2

 

2 Commenti

  1. Kerigma ha detto:

    “È nel profondo dell’essere umano l’origine della verità…”

    Oggi la trovo agostineggiante, caro Don!

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