Il Cristianesimo affonda le sue origini nel mondo greco

L’EDITORIALE
di don Giorgio

Il Cristianesimo affonda le sue origini nel mondo greco

La vera Chiesa di Cristo è quella fondata sul Cristo della fede (o sul Cristo mistico), che è il Logos del Prologo del quarto Vangelo, che riprende una terminologia di fonte greca. Ed è proprio al mondo della cultura greca che dobbiamo attingere, se vogliamo cogliere la Novità evangelica.
La Novità cristiana si stacca, dunque, radicalmente dalla religione ebraica, ovvero dall’Antico Testamento con quella sua concezione religiosa, che Cristo stesso ha radicalmente contestato.
Cristo ha contestato non solo i due pilastri della religiosità ebraica, la Legge e il Tempio, ma anzitutto l’idea stessa (idolo) del Dio ebraico: un Dio fondamentalmente creatore, dunque artefice di quel dualismo insanabile, creatore e creatura, come tra il vasaio e il suo prodotto.
Anche se i profeti parlavano di un rapporto d’amore tra Jahvè e il popolo eletto, si trattava in realtà di immagini sempre all’interno della concezione patriarcale di famiglia, dove il padre, anche sotto le vesti materne, è sempre pronto a dettare leggi e a punire. Un Dio esterno all’essere umano, ovvero un Dio che resta sempre il creatore.
Il Dio dell’Antico Testamento rimane sempre all’interno di una struttura religiosa, che prima inventa una immagine (idolo) di Dio, per poi imporla a suo piacere al popolo fedele. Certo, assistiamo anche a tentativi di purificazione dell’idea di un Dio rozzo e violento, vendicativo e repressivo, ma questi tentativi sono dovuti per lo più ad una certa èlite spirituale, che, benché sia riuscita a sopravvivere fino a Gesù Cristo, non ha mai inciso sulla religione ufficiale, che era sempre pronta a far prevalere la forza del suo potere, strumentalizzando a suo piacere l’idea sempre rozza e violenta di Dio.
Possiamo allora dire che, anche nei libri dei profeti, troviamo in tutto l’Antico Testamento solo sprazzi di luce mistica o di quel mondo divino che, ogniqualvolta si faceva sentire, veniva subito bloccato. La strada era una sola: quella ufficiale imposta dalla religione ebraica, che si teneva caro il proprio idolo, ovvero l’idea o l’immagine di un Dio rozzo e violento.
D’altronde, la cosiddetta parola di Dio, che è la Bibbia sia orale che scritta, non è che l’ufficializzazione di una religione, che vagliava attentamente ogni virgola, prima di accettarla nel proprio canone, onde evitare di mettere in pericolo la fede del popolo eletto.
Anche l’Alleanza, punto qualificante del rapporto tra Jahvè e il popolo ebraico, ha tenuto il popolo soggetto ad una concezione di un Dio paterno, ma sempre e unicamente con l’ultima parola a sua disposizione. Un Dio così faceva comodo, espressione dell’ultima parola della stessa religione ufficiale.
Qualche storico giustamente ha detto che quello dell’Antico Testamento è il Dio più lontano da quel volto del Padre rivelatoci da Gesù Cristo. L’Antico Testamento era riuscito a sostituire la realtà divina con un idolo, per di più unico, a differenza delle molteplici divinità pagane che, se non altro, permettevano qualche intuizione divina migliore.
Se, dunque, vogliamo cogliere il vero messaggio di Cristo e la sua visione di Dio, non bisogna rifarsi al mondo ebraico, dove neppure si parla di spirito o di anima, se non tardivamente, e anche in questo caso in modo assai timido. Quando Cristo parla di spirito o di anima, bisogna rifarsi alla cultura greca e non alla cultura ebraica. Perciò, possiamo dire che le origini o le radici del Cristianesimo affondano nel mondo greco. Ciò sembrerebbe del tutto paradossale: Cristo si rifà non al mondo monoteistico ebraico, ma al mondo politeistico pagano, che era riuscito a purificare l’idea di Dio meglio degli ebrei.
L’interiorità è la prerogativa della cultura greca, mentre la religiosità ebraica, in nome di un unico idolo, aveva tenuto spento per millenni lo spirito dell’essere umano. Cristo, allora, non è venuto per contestare la religiosità ebraica, solo perché aveva ecceduto, ma per distruggerla, dando ragione alla cultura greca e inaugurando il regno dello spirito: ma penserà la Chiesa cattolica a rimettere le cose a posto, tornando subito al dio-idolo della religione ebraica.
30 aprile 2016  
EDITORIALI DI DON GIORGIO 1
EDITORIALI DI DON GIORGIO 2

1 Commento

  1. Luigi ha detto:

    Il Dio dei cristiani, degli ebrei e dei musulmani deve risalire all’origine, alla vera fonte dove l’uomo in Dio non è visto più solo nel suo aspetto umano-maschile, ma anche in quello umano femminile. Adamo complementare di Eva, il femminile nell’uomo ed il maschile nella donna. Non solo un patriarca nella sua versione maschile (religione ebraica, musulmana o cattolica che sia) o una matriarca in quella femminile (non ne ho conoscenza). Il Padre misericordioso descritto nel vangelo di Luca ne è un esempio. Peccato che da questo vangelo alcune comunità cristiane gli abbiano tolto il brano dell’adultera (Gv 8,3-11). Per fortuna è riapparso in quello di Giovanni, anche se il suo posto è in quello di Luca. Le discussioni tra Pietro e la Maddalena agli inizi esistevano e si possono trovare nel libro “Il vangelo di Maria Myriam di Magdala” di J-Y Leloup ed. Servitium. Sulla copertina del libro c’è: “Allora Maria pianse. E disse a Pietro: “Pietro, fratello mio, che cosa hai nella testa? Credi che da sola, con la mia immaginazione, io abbia inventato questa visione, o che, a proposito del nostro Maestro, io menta?” Levi prese la parola: “Pietro, tu sei sempre stato un irruente; ti vedo ora scagliarti contro la donna come fanno i nostri avversari. Eppure, se il Maestro l’ha resa degna, chi sei tu per respingerla? Egli l’ha amata più di noi. Pentiamoci, dunque, e diventiamo l’essere umano nella sua interezza; lasciamogli mettere radici in noi e crescere come egli ha chiesto. Andiamo ad annunciare il vangelo senza cercare di stabilire altre regole e altre leggi all’infuori di quella di cui egli fu il testimone”. Che cosa significa il “diventare l’essere umano nella sua interezza” se non vedere nell’uomo creato da Dio l’umano-maschile e l’umano-femminile? Nella donna, Myriam di Magdala, c’è la combattività e la vigilanza del guerriero tipico dell’umano-maschile. Mentre in Pietro non c’è ancora l’umano-femminile tipico della donna. Non sa ancora accogliere ed essere misericordioso.

Lascia un Commento

CAPTCHA
*