da L’Unità
di Bianca Di Giovanni
Alla fine paga sempre il lavoro. Patrimoni salvi. Come Silvio Berlusconi aveva chiesto. Nessun prelievo sugli edifici di pregio. A contribuire alla crisi più pesante di tutti i tempi sono i dipendenti pubblici, che pagano con un rischio di taglio della tredicesima e con il rinvio del Tfr. Pagano le donne che presto avranno un’età pensionabile più alta, senza avere né asili nido, né assistenza per gli anziani. Pagano gli invalidi e le vedove, con una stretta sull’assistenza da cui si vogliono reperire risparmi per 4 miliardi. Pagano i pensionandi di oggi, che dovranno aspettare più tempo per ritirarsi dal lavoro. Pagano le famiglie, che avranno meno servizi dagli enti locali martoriati dai tagli. Per i Comuni i fondi sono quasi dimezzati. Regioni, Province e Comuni dovranno rinunciare a 6 miliardi l’anno prossimo, altrettanto i ministeri. Le risorse sottratte alle amministrazioni centrali arriveranno dai fondi Fas. Come dire: ancora una volta un colpo al sud.
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Questa è la versione soft (a parte i contratti). A cui si affianca il messaggio anti-casta: i risparmi dei cosiddetti costi della politica, con il taglio delle Province sotto i 300mila abitanti. L’accorpamento dei Comuni sotto i mille abitanti, con cui l’esecutivo punta a «eliminare» 50mila posti nella pubblica amministrazione. Ma l’altra faccia della manovra non ha nulla di morbido. I ceti deboli pagano un prezzo altissimo, con il rischio di veder tagliare i servizi pubblici, o di veder raddoppiare le tariffe. Vero è che ha resistito fino alla fine il contributo di solidarietà, che era a forte rischio soppressione. Viene confermato un taglio del 5% degli stipendi dei dipendenti oltre i 90mila euro annui, e del 10% di quelli oltre i 150mila. Il doppio per i parlamentari. Un segnale c’è.
Ma basta pensare che a quella quota di redditi nelle dichiarazioni Irpef non arrivano più di 500mila contribuenti, per lo più dirigenti pubblici e liberi professionisti (pochissimi titolari di azienda), si capisce che questa leva è assolutamente marginale, rispetto a quanto si preparano a dare le altre famiglie. Più forte la misura destinata agli autonomi, che iniziano a pagare dai redditi di 55mila euro annui. Per loro dovrebbe aumentare stabilmente di un punto l’aliquota Irpef oggi al 41%. Nulla di fatto invece sull’Iva, l’imposta che il ministro ha più volte indicato come destinata ad aumentare. «Dalle persone alle cose», è stato il leitmotiv degli ultimi mesi. Invece qui ci sono solo le persone.
La convocazione del consiglio a pomeriggio inoltrato è servita a consentire un’altra giornata di trattative tra ministri e tra governo e enti locali. Una raffica di incontri, contatti, riunioni riservate. Il testo che entra in consiglio è la difficile sintesi delle tensioni interne alla maggioranza. L’ultimo braccio di ferro c’è stato sulle pensioni. La Lega ci ha provato fino alla fine a salvarle. Esce con un compromesso difficilmente accettabile per i lavoratori delle imprese: le anzianità si toccano, con l’anticipo al 2012 di quota 97 (la somma di età e contributi). Per molti lavoratori significa rinviare l’uscita di un anno e mezzo. Le donne poi si vedono anticipata al 2012 l’innalzamento dell’età pensionabile. A Palazzo Chigi il governo si presenta con tre provvedimenti: il decreto legge sulla manovra, il disegno di legge costituzionale per la modifica degli articoli 41 e 81 della Costituzione, una delega sull’assistenza. Il governo punta a individuare i soggetti «autenticamente bisognosi». Il che significa tagli.
13 agosto 2011
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