1 gennaio 2022: OTTAVA DEL NATALE NELLA CIRCONCISIONE DEL SIGNORE
Nm 6,22-27; Fil 2,5-11; Lc 2,18-21
Se c’è una cosa che non riesco proprio a comprendere sono i festeggiamenti, indipendentemente dalla loro frenesia orgiastica, per il passaggio tra l’ultimo e il primo giorno dell’anno. Senz’altro questi festeggiamenti, più o meno composti, hanno una lunga tradizione di riti diciamo scaramantici, di buon auspicio, o di riti propiziatori, ma con quale intento: rendere favorevole quale divinità?
Non si capisce bene, soprattutto oggi in cui si è perso perfino quel senso profondo del Mistero divino, che era presente perfino nel mondo pagano.
E la cosa assurda è che ci sono pochi giorni a dividere le festività natalizie dall’ultimo dell’anno. Si passa in breve tempo da una interiorità a una esteriorità tale da lasciare sconcertati quanti vorrebbero capire come possa succedere che così in pochi giorni tutto cada nella carnalità più bestiale.
Ma forse oggi il contrasto è minore, visto che anche le festività natalizie sono vissute all’insegna della esteriorità più carnale.
Ero tentato di parlare del tempo, del passare veloce del tempo, del valore del tempo. In fondo l’ultimo dell’anno è tutta una questione del tempo che passa, lasciando il vecchio anno per passare al nuovo, con tanti scongiuri per allontanare le forze malefiche, dimenticando che la prima forza malefica è l’essere umano che tradisce se stesso.
Preferisco anche quest’anno soffermarmi sui brani proposti dalla Liturgia, più precisamente sul primo brano.
Troviamo verbi e parole, che ritengo illuminanti se vogliamo vivere il nuovo anno nel migliore dei modi, ovvero come credenti in quel Mistero divino che è la nostra stessa vita interiore.
Anzitutto, troviamo due verbi: benedire e custodire.
“Il Signore ti benedica”, ovvero: dica ogni bene su di noi. La Parola di Dio, il Logos, come direbbe l’èvangelista Giovanni, è il Bene Sommo, a cui riferire anche le nostre parole.
Pensate già al nostro parlare. Parliamo in nome di Dio usando parole vuote senza senso, parole di male.
E poi, “Il Signore ti custodisca”: da che cosa? Gesù così ha pregato il Padre per i suoi discepoli: “Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità”.
Il Signore, anche nel nuovo anno, ci custodisca, ci protegga nella sua verità, che è Luce infinita.
La “luce” è la prima delle tre parole che troviamo nel primo brano. “Il Signore faccia risplendere per te il suo volto”.
Il volto di Dio, usando un linguaggio antropomorfico, ovvero umano, indica la realtà stessa divina. Dio è Luce. Ma non c’è bisogno che il volto di Dio brilli su di noi: dentro di noi siamo luce, scintilla divina. Bisogna che noi rientriamo, se vogliamo scoprirci una scintilla della Luce divina. Fuori di noi, non è sufficiente che Dio brilli nella Natura. La Natura è morta ai nostri occhi, quando gli occhi sono solo carnali.
È inutile fare poesie sulla Natura, entusiasmarci per certi fenomeni naturali (già la parola “fenomeno” vuol dire qualcosa di apparente, di superficiale), ma la Natura apparirà solo come qualcosa di carnale, se la vediamo fuori di noi.
Il “volto di Dio”, ovvero la sua Realtà divina, dello Spirito purissimo, brilla in noi: dobbiamo togliere ogni velo dalla nostra scintilla, perché anche essa brilli in noi.
Ed ecco la seconda parola: “grazia”. Una parola che ricorreva frequentemente nei testi dogmatici di una volta, e che oggi sembra sparita.
Non è facile parlare di grazia, neppure tra noi credenti, visto che oggi abbiamo perso ogni senso che racchiude la parola “grazia”. Grazia significa gratuità, significa dono.
So che ogni definizione di Dio è sempre al di sotto della realtà, anzi può essere di ostacolo, perché Dio è Indefinibile, Indicibile, Innominabile, ma se volessimo dare una definizione di Dio forse l’unica parola lecita è Gratuità.
“Ti faccia grazia”. Che significa? Che Dio ci faccia almeno intuire qualcosa di ciò che Lui è, ovvero Gratuità, Dono. Che Dio apra nei nostri cuori, così egoisti da essere disumani, uno spiraglio di luce, perché possiamo cogliere quella Grazia, raffigurata nell’acqua dissetante per la vita eterna, che Gesù ha promesso alla Samaritana.
La Grazia è nel profondo del Pozzo, bisogna scendere, e non stare in superficie. La Grazia è Dio stesso che, essendo purissimo Spirito, ama la profondità di ogni essere umano.
La terza parola è “pace”, che dipende dalla luce e dalla grazia. E pensare che è l’unica o quasi che è rimasta, tanto da soppiantare tutto il resto, ovvero quella Sorgente di Luce e di Grazia, senza di cui la pace non avrebbe alcun senso.
Oggi tutti parlano di pace, e non sanno che cos’è la pace.
Parlano di pace con gesti o manifestazioni di qualcosa, che sinceramente è del tutto inconcludente.
Ci siamo chiesti o ci stiamo chiedendo che cos’è la pace? Tutti ne parlano, e, ripeto, non sanno che cos’è la pace.
Forse per questo vale soprattutto oggi la preghiera: “Ti conceda pace”. La pace è un dono di Dio. Di un Dio che è Luce e che è Grazia.
Chi non crede parla di pace e non sa che cos’è la pace, e anche il cristiano, se ha perso ogni contatto con il mondo del Divino che è dentro di lui.
Se, dopo duemila e più anni di Cristianesimo, siamo ancora qui in mezzo a guerre che stanno insanguinando il mondo intero, possiamo lecitamente chiederci: perché?
Eppure Cristo è venuto per pacificare il mondo, oppure no? E oggi siamo qui a contare i cocci di una serata folle vissuta in una frenesia di gente che della pace ha un solo concetto: basta che stia bene il mio ego, per il resto che pensino gi altri.
Commenti Recenti