Omelie 2025 di don Giorgio: OTTAVA DEL NATALE NELLA CIRCONCISIONE DEL SIGNORE

1 gennaio 2025: OTTAVA DEL NATALE NELLA CIRCONCISIONE DEL SIGNORE
Nm 6,22-27; Fil 2,5-11; Lc 2,18-21
All’inizio di un nuovo anno, la Liturgia saggiamente ci offre tre brani brevi. “Saggiamente”, perché, nell’ultima contestatissima orazione, così ci fa pregare: “O Dio forte ed eterno, tu non vuoi che i convitati alla tua mensa indulgano alle orge sfrenate del demonio; dona, dunque, al tuo popolo di perdere ogni gusto per i piaceri che danno la morte e di volgersi con animo puro al banchetto della vita senza fine. Per Cristo nostro Signore”.
Mi ricordo che qualche anno fa l’avevano sostituita con un’altra orazione meno urtante. Ma penso che, a parte la gente comune che va a letto e dorme turandosi le orecchie, l’andazzo generale è di una follia barbarica.
Sì, tre brani brevi, ma non per questo meno impegnativi, anche se, essendo il primo dell’anno dedicato alla pace, si preferisce prendere qualche frase e commentarla dal Messaggio annuale del Papa sulla pace.
Il primo brano della Messa fa parte del libro dei Numeri. Ci viene ricordata, come augurio per l’anno nuovo, la benedizione sacerdotale, voluta da Dio e limitata ad Aronne e alla sua discendenza. Secondo la tradizione rabbinica, questa formula veniva pronunciata per la benedizione del popolo, ogni giorno, dopo il sacrificio della sera. Ci sono molti richiami con le preghiere dei Salmi. Il testo della benedizione è ordinato in tre strofe al centro delle quali viene ricordato il nome divino di Javhè (tradotto qui come “Signore”), anche se allora non veniva mai pronunciato, ma sostituito con altri nomi.
L’unico Dio, che lo si pronunci con un nome o con un altro non importa, è la sorgente di ogni benedizione. Da Dio proviene la luce, la vita, la giustizia, la pace. Precisamente in questo ordine: luce, vita, giustizia, e pace. Noi parliamo oggi solo di pace, ne parliamo a vanvera, per slogan, non sappiamo che la pace è anzitutto luce, vita, giustizia.
Ma c’è una parola che riassume tutto, ed è grazia. «Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia”.
Sì, grazia è luce, vita, giustizia e pace. Perciò dobbiamo uscire dai legami del tipo carnale o giuridico: legami per leggi, ordinamenti, patti, trattati, patteggiamenti, compromessi. Sentiamo dire, in occasione di guerre che si protraggono a lungo, che bisogna arrivare a negoziati, e così il più forte ha sempre l’ultima parola.
La parola “grazia” stona nell’intreccio delle nostre relazioni sociali. Grazia, intesa come gratuità o dono di quel Dio che capovolge ogni gerarchia di valori umani.
Nella Grazia tutto si risolve per il meglio, perché è solo nella gratuità divina che si superano compromessi che abbassano il livello sul piano dei più miserevoli interessi.
La Natura è Grazia, e ne facciamo una questione di spartizione partitica o di quel consenso popolare che vota in vista della pancia.
Il Creato, inteso anche nella sua realtà di terra fisica, è Grazia, Gratuità, perché non è tuo, prepotente, non è tuo, riccone che ti permetti di comperare ogni cosa solo perché hai soldi, e i soldi si fanno rubando. Più terre hai, più appartamenti hai, più ladro sei. Ladro per di più
che non permetti agli altri di avere ciò che è suo, se è vero che la terra è a destinazione universale, e perciò più hai più togli a un altro la sua possibilità di vivere dignitosamente.
“Tutto è Grazia”, è stato scritto. Ed è vero. E se è Grazia, niente è di mia stretta proprietà, e se ho una casa, dei beni li devo mettere a disposizione di tutti. Dicono che i peggiori strozzini siano di casa nella casa di Dio.
Nella Grazia tutto si risolve, a vantaggio di tutti, e tutti potremmo vivere serenamente, accontentandosi di quel poco, che è l’essenziale per vivere da figlio di Dio. Ma l’essenziale è esigente perché c’è sempre qualcosa che è un di più, di eccessivo.
Oggi, primo dell’anno, la benedizione di Dio scenda su tutti, ma ogni benedizione è per quel bene che è divino. Ogni benedizione di Dio è un invito perché apriamo il nostro cuore alla Grazia, alla Gratuità, che è luce, vita, giustizia e pace.
Ma non dimentichiamo le quattro maledizioni che si trovano nel Vangelo secondo Luca. Eccole: «Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione. Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete. Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti».
Dunque, insisto. Ogni cosa in più che avete, diciamo il di più, non è vostro, è frutto di ruberie, di vessazioni, di soprusi, il soldo sporco genere soldi sporchi, e tutto andrà nella fogna. Sarei tentato di citare un discorso di Sant’Ambrogio sulle ricchezze.
Chiariamo. Gratuità non è generosità, magnanimità, qualcosa che è frutto del mio buon cuore. Questo modo di fare va a incidere sul povero, umiliandolo. Nella Gratuità tutto diventa un dovere: dare ciò che hai in più, agli altri che non hanno. Non si tratta di regalare, si tratta di educare al senso del dovere: ogni dono è impegno, la Grazia di Dio non è mai gratis del tutto, chiede di essere vissuta come dono. E il dono chiede rinuncia, chiede che si faccia spazio nel proprio essere, chiede un distacco anche radicale. La Grazia occupa ciò che è vuoto, e la Grazia non è affatto qualcosa di disincarnato: essa trasforma il mio vivere quotidiano dando un senso ad ogni mio agire.
Nel brano di Luca troviamo l’atteggiamento di Maria, che deve essere anche il nostro atteggiamento. «Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore».
Tre verbi importanti: stupirsi, custodire e meditare.
Stupirsi: mi chiedo di che cosa ci si stupisce oggi. Stupore viene da ciò che vediamo. Se vediamo solo con gli occhi fisici, lo stupore sarà del tipo emozionale, carnale, superficiale. Nulla di ciò che esiste è solo carnale: dipende dal nostro sguardo. Gli occhi dello spirito vanno diritti all’essenziale, e allora lo stupore si fa divino.
Custodire: trattenere con cura tutto ciò che vediamo con gli occhi dello spirito. Talora ci facciamo prendere da momenti di entusiasmo, che poi passano in fretta. Educarci allo stupore quotidiano, davanti a ogni cosa che incontriamo. Come ha scritto Simone Weil, Dio semina trappole di bellezza dappertutto, trappole con cui Dio ci cattura.
Infine, meditare. Il verbo greco ci rimanda a quei particolari da cogliere nel loro insieme. Ogni particolare è come una tesserina che compone un mosaico. Ogni particolare in sé non ha alcun valore, è dispersivo, ma nel loro insieme i particolari compongono un mosaico.
Meditare è cogliere l’insieme del mosaico, che è il disegno di Dio. Dal meditare si passa poi al contemplare: lo spirito si lascia immergere nella realtà divina.

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