Le accise sono ancora lì: Meloni doveva spazzarle via, invece taglia gli sconti di Draghi di Pietro Salvatori

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02 Gennaio 2023

Le accise sono ancora lì:

Meloni doveva spazzarle via,

invece taglia gli sconti di Draghi

di Pietro Salvatori
La premier ai tempi dell’opposizione tuonava contro i governi e in campagna elettorale aveva annunciato un intervento. Nulla di fatto, anzi. E da Capodanno il prezzo ai distributori è aumentato di circa 20 centesimi al litro. “Ma ci sarà una riforma complessiva”, assicurano dalla maggioranza
“La manovra del governo prevede un aumento delle accise di 400 milioni solo nel 2020. Tanto perché dovevano essere cancellate nel primo Consiglio dei ministri…”. È una Giorgia Meloni d’antan quella qui citata, leader di una combattivissima opposizione al governo gialloverde. Era il 2018 e la presidente di Fratelli d’Italia si scagliava contro Matteo Salvini, che in campagna elettorale aveva promesso senza mezzi termini: “Nel primo Cdm via 7 accise sulla benzina subito”.
Erano solo quattro anni fa, sembra una specie di mondo sottosopra visto con la lente di oggi. Perché il segretario della Lega si era esibito in un video con tanto di tabellone raffigurante i balzelli, e armato di pennarello via via li eliminava, una bella croce sopra e “più soldi nelle tasche degli italiani”. Ovviamente non se ne fece nulla, le accise scomparvero solo dal tabellone e rimasero a brillare nei luminosi prezzi dei distributori, l’allora vicepremier si giustificò dicendo che “non sono solo al governo”, i suoi spiegarono che con i 5 Stelle era tutto un gran casino, la promessa rimase tale. Meloni pensò che era un ventre molle incredibilmente lasciato scoperto dal competitor sovranista, e si esibì in un video nel quale si faceva riprendere in macchina intenta a fare benzina e denunciando balzelli alcuni dei quali “li abbiamo da quando esiste il motore a scoppio”: “Se faccio 50 euro di benzina 35 vanno allo stato italiano ed è una vergogna”.
Il 25 settembre scorso si è varcata la porta del mondo sottosopra, la premiata ditta Salvini&Meloni è arrivata al governo, la musica è cambiata, la pacchia è finita, eccetera eccetera. Ma incredibilmente le accise rimangono un punto fermo, fermissimo, nel finanziare le casse dello stato. Con una giravolta spettacolare i due politici che più si sono spesi per abolire le tasse sul carburante non solo non le hanno eliminate, ma hanno anche ridotto di oltre la metà gli sconti introdotti dal governo Draghi con il risultato che alla mezzanotte del primo dell’anno il prezzo ai distributori è aumentato di circa 20 centesimi al litro.
“Bisognava fare una scelta, e quella delle bollette era la più giusta, abbiamo potuto aiutare i redditi più bassi, lo sconto sulla benzina favoriva tutti, anche i più ricchi” dice oggi una fonte di governo. La giustificazione è sempre la stessa, il tempo era poco, la coperta era corta, bisognava aggredire le altre priorità. Spiegano dal quartier generale di Fdi che nemmeno la Lega ha spinto tanto il tasto della propaganda sulle accise perché consapevoli dell’impossibilità di reperire le risorse per mantenere gli sconti in bolletta. La ragioneria dello Stato ha calcolato che per estenderli per tutto il 2023 sarebbero occorsi circa 12 miliardi, impossibili da trovare se non in deficit e aprendo un contenzioso con la Commissione europea, e Meloni ha voluto tenere l’esecutivo al riparo da severe critiche a pochi mesi dall’insediamento. Ma anche una misura ponte, per tre o quattro mesi, si è ben presto rivelata impossibile da attuarsi, a meno di non erodere soldi da altri provvedimenti ritenuti caratterizzanti dell’attività dell’esecutivo, dalla riduzione del cuneo fiscale alle pensioni.
Il 15 marzo scorso Draghi era al governo e la leader di Fratelli d’Italia tuonava perentoria: “Il governo riduca subito accise e Iva”. Parole che la sé di allora avrebbe potuto tranquillamente ripetere al suo alter ego che ha conquistato Palazzo Chigi. Ma il suo entourage si spertica a dire che non c’è stato nessun ripensamento, nessuna inversione di rotta. Solo una questione di priorità e di scarsezza di risorse. Fonti di maggioranza assicurano che la questione accise verrà approfondita nella grande riforma del fisco, provvedimento cardine sulla quale la premier ha deciso di investire buona parte del proprio capitale politico nella prima parte del 2023. Un tavolo le cui basi si stanno lentamente ponendo anche i questi giorni e che ragionevolmente si aprirà a inizio febbraio: “Sarà una riforma complessiva, e sforbiciare alcune delle irrazionali accise fa parte del piano di rimodulazione generale allo studio”, assicura chi sta curando il dossier. “È uno scandalo che le tasse dello stato compromettano così la nostra economia”, diceva ancora Meloni a fine 2018. Quattro anni dopo si ritrova al governo, e ha scoperto che le cose sono un filo più complicate degli slogan semplicistici che si possono squadernare dall’opposizione senza troppa paura di essere smentiti. Benvenuti nell’upside down.

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